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ricerca ISP “S. Pio V”- Idos

Continua la “fuga dei cervelli”, mentre i laureati stranieri che scelgono l’Italia sono solo 500mila

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L'Italia non riesce a tenersi stretti i cittadini qualificati e non ne attrae dall'estero. Aumenta il numero di laureati e diplomati che lasciano l'Italia, soprattutto i giovani (sei su dieci), mentre si riduce il numero di italiani che rimpatriano. È quanto emerge dalla ricerca “Le migrazioni qualificate in Italia” dell'Istituto di Studi Politici S. Pio V e dal Centro Studi e Ricerche Idos presentata a Bruxelles.
Nel 2015 sono emigrati dall'Italia 27mila diplomati e 24mila laureati per trasferirsi all'estero. Un dato significativo, se si pensa che a fine anni ’90 erano in media poco più di tremila all'anno gli italiani qualificati che decidevano di lasciare il nostro paese. « Una forte carenza di posti di lavoro, occupazioni e mansioni non adeguate ai titoli di studio, una scarsa attenzione al merito e al riconoscimento delle capacità nel mondo universitario sono alcune delle cause che favoriscono il fenomeno dei cervelli in fuga. In Italia i laureati sono pochi e sono meno retribuiti dei colleghi in un altro paese», commenta Benedetto Coccia, presidente dell'Istituto San Pio V e tra gli autori della ricerca.

Il nostro Paese non riesce a offrire opportunità ai laureati, non riesce a gratificare ricercatori e persone qualificate offrendo posizioni e condizioni lavorative adeguate agli sforzi e al livello di istruzione conseguiti: I lavoratori sovraistruiti rispetto alle mansioni che svolgono sono il 20% degli italiani e il 40% degli stranieri. Tutto ciò genera un forte livello di frustrazione che provoca, in genere, la ricerca di nuove destinazioni: i nostri ricercatori, ingegneri, medici, infermieri o avvocati formati dall'Italia trovano il giusto riconoscimento e valorizzazione altrove.

«Problematico è ancora il riconoscimento dei crediti e dei diplomi e certificati universitari sia per chi viene da paesi terzi che per i laureati all'interno dell'Ue, in Italia poi si conta il più basso numero di laureati. Il nostro sistema universitario è ancora poco attraente, mancano una formazione duale e la previsione di un percorso tecnico-specialistico non accademico presente in molti altri paesi. Questo comporta anche una minore innovazione imprenditoriale». Così è intervenuta Silvia Costa, presidente della Commissione Cultura al Parlamento Europeo, durante la presentazione della ricerca.

I laureati stranieri che scelgono l’Italia sono solo il 7%
Si stima che oltre 400mila laureati abbiano lasciato l'Italia, mentre sono 500mila i laureati stranieri in Italia e la loro incidenza è pari al 7% rispetto al numero dei laureati residenti in Italia, un valore inferiore rispetto alla Francia (10%) alla Germania (11%) e al Regno Unito (17%).

Dal punto di vista qualitativo rimangono diversi fattori negativi rispetto all'immigrazione nel nostro Paese: ancora troppo pochi sono i residenti che in Italia hanno conseguito una laurea, seppure un diploma in tasca può migliorare la ricerca di un' occupazione.
I lavoratori sovraistruiti rispetto alle occupazioni ricoperte sono il 20% degli italiani e il 40% degli stranieri. Le cause di questa continua fuga di cervelli, secondo Benedetto Coccia, sono da ricercare nella crisi di posti di lavoro, occupazioni e mansioni non adeguate ai titoli di studio, una scarsa attenzione al merito e al riconoscimento delle capacità nel mondo universitario. L'Italia è il paese con il più basso tasso di laureati tra i 30 e i 34 anni di età (23,9% rispetto alla media Ue del 38%), investe poco nell'istruzione e nella ricerca(rispettivamente il 4.1% e l'1.3 % del Pil ) e solo il 25% dei manager ha una laurea in tasca (in Europa la media è del 54%). Nel nostro Paese i ricercatori sono due volte meno che in Francia e Regno Unito, tre volte meno rispetto alla Germania, nove volte meno rispetto al Giappone, tredici volte meno guardando agli Usa.

Squilibrio territoriale
Nelle regioni del Centro Nord la presenza di laureati stranieri ha in qualche modo riequilibrato il fenomeno delle partenze dei cervelli italiani, ma non può dirsi lo stesso per le regioni del Sud, a eccezione ad esempio dell'Abruzzo dove dagli ultimi dati raccolti i laureati stranieri supererebbero quelli italiani. Rendere maggiormente attrattivo il nostro paese per cittadini qualificati provenienti da altri Paesi è una questione anche economica oltre che una priorità per il supporto al mercato occupazionale: potrebbe compensare i costi sostenuti per la formazione di studenti che hanno lasciato l'Italia. In Lombardia (23.2%) , nel Lazio (16.1%) e in Emilia Romagna (12.2%) si registra il maggior numero di laureati stranieri residenti.

«Una società dinamica e vivace non può temere la migrazione, può solo trovarne giovamento. Poi il problema non è se un giovane sceglie di andare all'estero, o fare un'esperienza di studio, lavoro o di stage in un altro Paese: se ciò rappresenta un'opportunità, è sano. Ma se si tratta di una fuga obbligata invece, questo non può che essere considerato un fallimento» ha concluso Benedetto Coccia.
Una particolare sottolineatura è venuta da Silvia Costa, riguardo ai falsi miti sui migranti che porterebbero malattie infettive «I migranti, anche qualificati che arrivano nel nostro paese rimangono invisibili, nessuno racconta le loro storie, mentre si dovrebbe smentire la bufala che chi arriva da noi porta malattie infettive, perché coloro che partono sono giovani, in salute e in forza, se si ammalano, si ammalano inveceproprio qui da noi».

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