Creare «nuovi modelli economici, più inclusivi e giusti», per rispondere alla «grande sfida» delle ingiustizie globali del mondo moderno «promuovendo un senso di responsabilità locale, anzi personale, in modo che nessuno venga escluso dalla partecipazione sociale». È quanto ha chiesto oggi Papa Francesco incontrando in udienza gli imprenditori della classifica della rivista Time “Fortune 500” partecipanti al “Fortune-Time Global Forum” sul tema “La sfida del 21° secolo: creare un nuovo patto sociale”. «Il rinnovamento, la purificazione e il rafforzamento di solidi modelli economici», ha spiegato il Papa rivolgendosi ad una platea di leader del no-profit, del mondo accademico, religioso e del lavoro, dipendono «dalla nostra personale conversione e generosità verso i bisognosi».
Rinnovamento sociale passa da bene comune dell’umanità
Per il Pontefice il rinnovamento sociale «non deve avere a che fare semplicemente con l'economia di mercato, con numeri da far quadrare, con lo sviluppo di materie prime e miglioramenti alle infrastrutture», ma con «il bene comune dell'umanità». Ovvero, «il diritto di ogni persona di aver parte alle risorse di questo mondo e di avere le medesime opportunità di realizzare le proprie potenzialità, potenzialità che in ultima analisi si basano sulla dignità di figli di Dio, creati a sua immagine e somiglianza». Il nuovo patto sociale tema del convegno, ha aggiunto Papa Francesco, ha le sue radici nel «bisogno urgente di piu' inclusivi e giusti modelli economici»: non si tratta di un «nuovo accordo sociale in astratto», ma di «idee concrete e un'azione efficace che andrà a vantaggio di tutti e inizierà a rispondere alle pressanti questioni dei nostri giorni».
La gente «vuole beneficiare di risorse e sviluppo riservati a pochi»
Rivolgendosi agli imprenditori nella Sala Clementina in Vaticano il Papa ha quindi citato la «grande inquietudine» che caratterizza molte aree del mondo dove «la disuguaglianza tra i popoli continua a crescere e molte comunità sono direttamente colpite dalla guerra e dalla povertà o dalla partenza forzata di migranti e profughi». La gente - ha osservato - «vuole far sentire la propria voce ed esprimere le proprie preoccupazioni e paure. Vuole dare il proprio legittimo contributo alle comunità locali e alla più vasta società, e beneficiare delle risorse e dello sviluppo troppo spesso riservati a pochi». Questa situazione «può creare conflitti», ma «permette di capire che stiamo vivendo un momento di speranza», perché «quando riconosciamo finalmente il male in mezzo a noi, possiamo cercare di sanarlo applicando la giusta cura».
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