
Nell’ottobre del 2014 quando il suo nome uscì (non senza fatica) come il candidato più adatto a prendere il posto di Federica Mogherini, nominata nel frattempo Alto Rappresentante per la politica estera e di difesa europea, di Paolo Gentiloni si conosceva la sua lunga militanza politica, il rapporto stretto con Francesco Rutelli e la conoscenza di tutti i dossier di telecomunicazioni. In due anni, senza particolari esibizioni mediatiche e anzi forse proprio grazie a una scelta (quasi obbligata con Renzi a Palazzo Chigi) di “low profile” lo standing internazionale di Paolo Gentiloni è cresciuto nelle principali cancellerie europee e mondiali.
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Merito questo di un rapporto molto stretto, perfino amichevole, con due dei più influenti protagonisti della diplomazia mondiale, il segretario di Stato uscente John Kerry(un vero amante del nostro Paese e di Roma in particolare) e il ministro degli Esteri tedesco Frank Walter Steinmeier. È con loro che Gentiloni ha disegnato le principali strategie per restituire all'Italia quel ruolo da “global player” nella gestione delle grandi sfide globali.
Il Mediterraneo, innanzi tutto, visto come luogo centrale della nostra azione politica per la serie di problemi che in questa area sono concentrati, dall’immigrazione al terrorismo alla stabilizzazione della Libia. Una responsabilità che su tanti dossier ha aumentato il nostro peso in Europa e nei vari fori di dialogo dal G7 al G20.
Nel dicembre del 2015 è stato proprio Gentiloni a riunire a Roma la prima edizione di Med (Dialoghi sul Mediterreano) come luogo di incontro di politici, imprenditori, opinion maker delle due sponde del Mediterreano. Roma si è trasformata in quelle settimane in un vero crocevia diplomatico con il segretario di Stato Kerry che incontrava il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov.
Il 13 dicembre del 2015 gli incontri sulla Libia partorirono quel seme che, dopo mesi di difficile negoziato, produssero l'accordo di Skhirat e la creazione di un governo di unità nazionale in Libia presieduto da Fayez al-Sarraj. Anche nella coalizione anti Daesh il ruolo dell’Italia, pur non partecipando ai raid aerei, e di intesa con il ministro della Difesa Roberta Pinotti, è cresciuto fino a rappresentare in Iraq il contingente più numeroso (1400 uomini).
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Nello stesso tempo i rapporti con Kerry e Steinmeier consentivano di rimettere in pista l’Italia anche su dossier che fino ad allora ci avevano visti marginali come la Siria e il nucleare iraniano. Nei ventiquattro mesi alla Farnesina Gentiloni ha anche avviato finalmente a conclusione la vicenda dei due Marò del Reggimento San Marco Latorre e Girone con la decisione di affidare l’esame della vicenda all'arbitrato internazionale.
Insomma, quando giovedì prossimo, Gentiloni varcherà per la prima volta a Bruxelles la porta del Consiglio europeo nel palazzo Justus Lipsius come nuovo premier italiano, tutti, a cominciare dal cancelliere tedesco Angela Merkel, sapranno perfettamente già con chi avranno a che fare d’ora in avanti. Toni molto meno “pirotecnici” di Renzi ma analoga fermezza nelle richieste italiane sulla crescita, flessibilità e migranti. E anche gli altri capi di Stato e di Governo della Ue potranno contare sulle sue capacità come presidente del Consiglio europeo straordinario del 25 marzo per celebrare i 60 anni della Firma dei Trattati europei a Roma. Allo stesso modo, anche i leader del G7 troveranno a riceverli a Taormina al vertice presieduto dall'Italia alla fine di maggio, un volto molto amico.
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