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Renzi punta alle primarie per affrontare poi le elezioni

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il nuovo governo

Renzi punta alle primarie per affrontare poi le elezioni

La scelta finale del Capo dello Stato Sergio Mattarella di affidare l'incarico di formare il nuovo governo a Paolo Gentiloni è stato fatta dopo una telefonata durante la quale il leader del Pd Matteo Renzi ha da una parte confermato la sua indisponibilità a proseguire da presidente del Consiglio tramite reincarico o rinvio alle Camere, e dall’altra ha confermato che attorno all’ormai ex ministro degli Esteri si è rinsalato il Pd nelle sue diverse anime e declinazioni. Perfino la minoranza bersaniana su Gentiloni non ha posto ostacoli.

Lui, Renzi, durante la notte ha raggiunto la moglie Agnese e i tre figli a Pontassieve. E, arrivato a casa, ha scritto una e news dai toni sentimentali rivolta a simpatizzanti ed elettori chiarendo che non si tratta di un addio ma di un rilancio. Via giacca e cravatta da premier, ora Renzi promette di indossare solo la camicia (bianca, aggiungiamo noi, e arrotolata sulle braccia nel calore dei comizi) per parlare alla gente lontano dal Palazzo, comunque ben presidiato con un fedelissimo come Gentiloni a Chigi e lo stra-fedelissimo Luca Lotti che resta al suo posto di sottosegretario alla presidenza.

«Di solito si lascia Palazzo Chigi perché non si ha più la fiducia. Noi no. In Senato sulla legge di bilancio abbiamo avuto più di 170 voti. Ma la dignità, la coerenza, la faccia valgono più dei numeri», sottolinea Renzi. Ma ricorda che si tratta comunque di un passo di lato: «Come insegna l'esperienza scout si arriva per ripartire». Davanti c’è la sfida del congesso Pd, che partirà subito con l'assemblea nazionale convocata domenica prossima, il 18 dicembre, per avviare l'iter. Un iter complesso, che inizia dai circoli, passa per la “conta” tra gli iscritti e finisce in un paio di mesi con il vero obiettivo di Renzi: le primarie aperte.

Elezioni di popolo che il leader del Pd punta a stravincere regolando una volta per tutte i conti con la minoranza bersaniana che si è schierata per il No al referendum. Contribuendo così ad affossare una riforma costituzionale che per Renzi e la maggioranza del partito resta una buona riforma. Il patto politico stretto nei giorni delle consultazioni al Quirinale con i big della attuale maggioranza Pd che lo sostiene, da Dario Franceschini a Andrea Orlando, dovrebbe aiutarlo nell'impresa: nessuno di loro si candiderà contro di lui ma se lo vorranno potranno presentare proprie liste in suo sostegno (questo punto sarà deciso più il là, con la stesura del regolamento per le primarie).

Ora, al di là del pur utile racconto (dal punto di vista della campagna elettorale) del ritorno alla camicia e del coraggio delle dimissioni non necessarie, Renzi avrà tramite il congresso il non facile compito di declinare un'agenda riformista di governo per le prossime politiche - che lui vede in primavera, entro giugno - senza più la riforma delle riforme, quella costituzionale bocciata senza appello dagli elettori. C’è l'Europa con l'austerity da abbattere per spingere crescita e investimenti, c’è la questione sociale con una parte della popolazione che rientra nella categoria dei poveri soprattutto al Sud, e c'è una generazione di giovani sfiduciati da Trento a Palermo che indipendentemente dallo status sociale guarda al Movimento 5 stelle e alle sue ricette populiste. Senza una risposta vera, e in parte nuova, a queste questioni la retorica della camicia rischia di rimanere tale.

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