Salvataggio pubblico sì, ma con forti vincoli alle attività delle banche che lo ottengono. Il decreto approvato giovedì notte dal Consiglio dei ministri, e in vigore già da venerdì con la pubblicazione in «Gazzetta Ufficiale» (è il Dl n. 237/2016), allarga il più possibile le maglie dell’interpretazione del burden sharing, cioè della condivisione dei costi a carico degli investitori, ma sul terreno delicato degli aiuti di Stato si deve muovere nei binari rigidi tracciati dalle regole Ue.
I limiti sono quelli fissati dalla comunicazione Ue del 2013 sul settore bancario, al paragrafo 47 espressamente richiamato dal decreto. In pratica, l’istituto di credito che si imbarca nel meccanismo del programma con la ricapitalizzazione precauzionale deve operare con il freno tirato su un ventaglio molto ampio di attività. Oltre ai limiti alla governance e agli stipendi del vertice, per evitare di inciampare nelle regole degli aiuti di Stato bisogna mettere al bando le ipotesi di dividendi su azioni oppure di cedole su strumenti di capitale ibridi, e non è possibile riacquistare azioni proprie e sugli strumenti ibridi non è possibile nemmeno l’opzione call. Più in generale, nessuna operazione di gestione del capitale è possibile senza aver prima ottenuto il via libera da parte della commissione europea. Fuori gioco vanno anche le acquisizioni di partecipazioni in imprese, con l’eccezione di quelle che nascono dalla gestione ordinaria dei crediti di aziende in difficoltà o i mini-acquisti (di valore non superiore allo 0,01% dell’ultimo stato patrimoniale della banca). Le eccezioni, con il via libera della commissione, devono essere motivate con l’esigenza di «ripristinare la stabilità finanziaria» o di «garantire una concorrenza efficace». I limiti riguardano anche le pratiche commerciali, che non possono essere «aggressive» e soprattutto non possono mai far riferimento al fatto che la banca poggia sul sostegno dello Stato.
Il caso del Monte dei Paschi
Tutto questo insieme di regole, ovviamente, debutterà nel caso del Monte dei Paschi, peril quale ora il Tesoro dovrà mettere mano al «Programma di rafforzamento patrimoniale» che lo porterà a controllare Rocca Salimbeni: la quota di Via XX Settembre dipenderà dalla definizione del piano che lo porterà a diventare temporaneamente l’azionista di riferimento del Monte, anche se è presto per indicare cifre e quote.
L’opinione di Bruxelles, comunque, peserà su ogni passaggio operativo del decreto, che con la dote (di nuovo debito) fino a 20 miliardi mette in campo una serie di “attrezzi” ora da utilizzare all’atto pratico. La garanzia per la liquidità, che ha una finestra temporale aperta fino al 30 giugno, si allarga fino ad abbracciare anche le banche in risoluzione e gli «enti-ponte» (le good banks nate dalla risoluzione di Banca Etruria, Banca Marche, Carichieti e Cariferrara), ma ogni attivazione deve essere sottoposta al via libera preventivo della Commissione europea. Sarà sempre la Commissione a dover dire «sì» se il ministero dell’Economia chiederà di estendere il meccanismo anche al secondo semestre del prossimo anno.
Il testo firmato dal presidente della RepubblicaSergio Mattarella conferma la versione leggera del burden sharing a carico degli obbligazionisti subordinati di Siena. Per le «controparti non qualificate», cioè i piccoli investitori, viene messo in campo un indennizzo integrale per tutti i titoli per i quali fosse previsto l’obbligo di pubblicazione del prospetto informativo. Il decreto, insomma, fissa in modo generalizzato il presupposto del misselling, vale a dire della vendita di titoli non in linea con il profilo di rischio dell’acquirente e non accompagnata da un’adeguata informazione sulle caratteristiche del prodotto venduto: presupposto che secondo le regole Ue è indispensabile per attivare le compensazioni. Per indennizzare i risparmiatori dalle perdite è stato disegnato un meccanismo in più mosse: il risparmiatore subisce la conversione forzosa dei bond, ma la banca poi acquista, per conto del Tesoro, queste azioni e le cede in cambio obbligazioni senior emesse alla pari. Alla fine, il risparmiatore avrà in portafoglio bond “sicuri” caratterizzati da un rendimento in linea con gli strumenti analoghi emessi dalla stessa banca.
Nel caso degli investitori questo meccanismo, che nasce espressamente per evitare il rischio di contenziosi a catena, non si attiva, ma anche per loro il burden sharing non è particolarmente pesante, dal momento che la conversione forzata avviene nella maggior parte dei casi al 75% del nominale (l’elenco titolo per titolo è all’articolo 23 del decreto).
Fuori dal campo dei sostegni straordinari, va segnalato che il decreto ha imbarcato il correttivo sui nuovi apporti al fondo di risoluzione, che saranno rateizzabili in cinque anni, ma non i ritocchi sulle Dta.
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