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Amri filmato a Lione, caccia alla rete in Italia

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l’inchiesta

Amri filmato a Lione, caccia alla rete in Italia

Anis Amri (Ansa)
Anis Amri (Ansa)

Dietro i «codici segreti» usati da Anis Amri sul sistema di comunicazione criptato Telegram, si celerebbero i contatti dello stragista di Berlino con soggetti presenti in Italia che lo avrebbero aiutato. Un’ipotesi che potrebbe trovare conferma dall’analisi dei falsi documenti d’identità del tunisino, sequestrati ad agosto scorso dalla polizia tedesca, che oggi dovrebbero essere inviati all’Antiterrorismo italiano. Perché questi certificati fasulli - costati due giorni di carcere al terrorista, il cui rimpatrio era stato autorizzato dalla Tunisia due giorni prima dell’attentato - potrebbero portare la firma di un gruppo siciliano, che si occupa di produrre e vendere passaporti e carte d’identità falsificate in Italia. L’indagine procede senza sosta, con gli investigatori della Digos e del Ros che stanno cercando di ricostruire la rete di rapporti dell’attentatore dei mercatini natalizi di Berlino.

Gli inquirenti non escludono che ad aiutare il terrorista possano essere stati suoi ex compagni di carcere, non necessariamente «radicalizzati» o legati a «cellule fondamentaliste». Sotto analisi ci sono le comunicazioni di Amri con suo nipote - arrestato in Tunisia con altre tre persone perché facenti parte di una cellula terroristica - attraverso Telegram. Si ipotizza che lo stragista possa aver aggiornato costantemente il parente dei suoi movimenti e dei soggetti che avrebbe dovuto incontrare per far perdere le sue tracce. Di certo c’è che dalla Germania Amri si è diretto in Francia. Il tunisino è stato ripreso dalle telecamere di sorveglianza della stazione ferroviaria di Lione Part-Dieu, dove ha acquistato un biglietto per Milano con corrispondenza a Chambery.

Dalla cittadina francese ai piedi delle Alpi, il terrorista arriva a Torino attorno alle 20:30. Qui Amri rimane tre ore circa e, secondo chi indaga, non avrebbe avuto contatti con alcuno. La Digos ha in ogni caso già acquisito le immagini delle telecamere di sicurezza per cercare di ricostruire i suoi spostamenti e verificare eventuali incontri. Quel che è certo è che Anis arriva in stazione Centrale, a Milano, attorno all’una di notte e poi con un bus navetta che sostituisce il servizio della metropolitana, a quell’ora chiusa, raggiunge Sesto San Giovanni. Anche i filmati delle telecamere delle due stazioni sono già stati acquisiti e saranno analizzati. Sono ormai passate le 3 di notte: Anis si incammina con le mani in tasca e lo zainetto sulle spalle. Poco dopo ci sarà lo scontro a fuoco con la polizia che gli costerà la vita. L’ipotesi è che il suo obiettivo fosse di incontrare qualcuno che lo avrebbe dovuto aiutare, non si esclude che avesse un appuntamento a Bergamo. Al momento non si scarta alcuna pista, compresa quella secondo cui Amri volesse rifugiarsi in Sicilia, ma si ritiene che successivamente potesse prendere un autobus o un treno per dirigersi in Kosovo, regione balcanica fucina di fondamentalismo islamico. Il passaggio dall’Italia non è un caso. Dall’attentato di Nizza a quelli di Parigi e Bruxelles, anche le strade di altri terroristi legati all’Isis portano nella penisola.

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L’ultimo caso è quello dell’attentato del 14 luglio sulla Promenade des Anglais di Nizza, realizzato con modalità analoghe a quello della capitale tedesca: un camion lanciato contro una folla di civili. L’autista, anche lui tunisino, Mohamed Lahouaiej Bouhlel, era stato fermato nel 2015, per un controllo, dalla polizia italiana alla frontiera di Ventimiglia. Venne identificato a bordo di un’auto. Poi c’è il caso di Khalid el Bakraoui, belga di origine marocchina: il 22 marzo è tra il commando che organizza il duplice attentato di Bruxelles. Risulta che nel luglio del 2015 è atterrato all’aeroporto di Treviso con un volo Ryanair proveniente da Bruxelles e successivamente ha pernottato a Venezia. Bakraoui faceva parte della stessa cellula che organizzò anche gli attentati di Parigi del 13 novembre 2015. Di uno degli autori, Salah Abdeslam, l’unico sopravvissuto, viene registrata la presenza i primi di agosto dello stesso anno a Bari per imbarcarsi verso la Grecia.