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Strage Berlino, rilasciato tunisino arrestato. Perquisizioni ad…

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dopo l’attentato

Strage Berlino, rilasciato tunisino arrestato. Perquisizioni ad Aprilia: sequestrati cellulari

Il fotogramma che mostra Anis Amri nella Stazione Centrale di Milano alle ore 00.58 del 23 dicembre 2016
Il fotogramma che mostra Anis Amri nella Stazione Centrale di Milano alle ore 00.58 del 23 dicembre 2016

Alcuni telefoni cellulari sono stati sequestrati nel corso delle due perquisizioni eseguite ieri dalla Digos a Campoverde, frazione di Aprilia (Latina), nell’ambito dell’inchiesta della procura di Roma sull’attentato di Berlino. I controlli sono scattati alla scoperta di contatti che Amis Amri, l’autore della strage di Berlino dello scorso 19 dicembre, ha avuto un anno fa con un connazionale residente a Campoverde e attualmente detenuto per spaccio di droga a Velletri, vicino a Roma.

Rilasciato tunisino a Berlino, non era un contatto di Amri
È stato invece rilasciato il tunisino di 40 anni, arrestato ieri a Berlino perché sospettato di essere un contatto di Anis Amri. Lo ha riferito la portavoce della procura generale di Karlsruhe, escludendo che l’uomo fosse un complice del killer di Berlino.

Perquisizioni ad Aprilia, sequestrati cellulari
Nell’ambito dell’inchiesta della procura di Roma, dagli stessi accertamenti disposti dal pm Francesco Scavo è emerso anche che Amri è stato ospite nelle due abitazioni (la prima occupata dalla moglie italiana del detenuto, la seconda abitata da parenti della stessa donna) nel 2015, alloggiato da persone conosciute durante i quattro anni di detenzione in Italia. Il sospetto degli investigatori è che la destinazione di Amri, prima del conflitto a fuoco in cui è morto a Sesto San Giovanni, fosse proprio l’Agro Pontino.

Amri a Roma prima della strage di Berlino
Del resto, il fatto che Amri sia stato a Roma in tre diversi appartamenti di altrettanti cittadini tunisini, è una circostanza confermata dai suoi stessi connazionali nel corso degli interrogatori con l'Antiterrorismo («Lo abbiamo ospitato prima della sua partenza per la Germania»). All’interno delle abitazioni, però, non sarebbero stati individuati elementi che facciano ipotizzare a un legame col fondamentalismo islamico.

A Torino consultata tratta per recarsi nella Capitale
Non è un caso forse che alla biglietteria elettronica della stazione Porta Nuova di Torino dove si trovava la sera del 22 dicembre, il terrorista autore della strage di Berlino abbia digitato anche la tratta Torino-Roma, un’azione ripresa dalle telecamere di sorveglianza dello scalo. Amri però scelse poi un’altra soluzione sul display e acquistò un biglietto per arrivare alla Stazione Centrale di Milano, per poi salire su un autobus e recarsi a Sesto San Giovanni, dove è stato ucciso dalla polizia nel corso di un controllo di routine nella notte tra il 23 e il 24 dicembre.

Dalla Centrale a Sesto, sulle tracce dello jihadista di Berlino


Minniti: tunisino espulso non aveva collegamento con Amri
Il ministro dell'Interno Marco Minniti durante la conferenza stampa al termine di una riunione del Comitato provinciale per l'Ordine e la Sicurezza pubblica con il prefetto di Milano Alessandro Marangoni, il sindaco Giuseppe Sala e il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni ha detto che l’espulsione del cittadino tunisino avvenuta nelle ultime ore «non ha collegamento con Amri». E ha assicurato che su quest’ultimo «sono in corso indagini che hanno una certa consistenza». Poi ha annunciato «due progetti pilota di riqualificazione delle aree urbane intorno alle due grandi stazioni d'Italia, quella di Milano e quella di Roma, Termini e la Centrale». E, dopo aver incontrato i due poliziotti che la notte del 23 dicembre a Sesto San Giovanni hanno ucciso l'attentatore di Berlino Anis Amri, ha riferito che «stanno benissimo e sono molto motivati».

Roberti (Antiterrorismo): non siamo solo una terra di passaggio
Il presidente del Consiglio in conferenza stampa ha oggi sottolineato che «non risultano particolari reti che Amri avesse in Italia». Ma il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Franco Roberti, in un’intervista a Repubblica, ha sottolineato che «l’Italia non è soltanto un passaggio per i terroristi», perché nel nostro paese «c'è chi offre supporto logistico agli autori delle stragi, dando loro documenti, rifugi, case». Roberti ha precisato che «non c’è un solo caso di foreign fighter arrivato con il barcone». Amri, infatti, «era sbarcato a Lampedusa. Ma cinque anni fa non era uno jihadista», e «nel suo percorso in prigione in Italia, ha trovato nella disperazione, nell'isolamento, nell'emarginazione, le convinzioni del suo percorso di radicalizzazione».

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