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Zanetti lascia: è rottura Gentiloni-Ala

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SOTTOSEGRETARI

Zanetti lascia: è rottura Gentiloni-Ala

Ansa
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ROMA - Il pressing di Denis Verdini per avere una maggiore rappresentanza al governo con la nomina di qualche sottosegretario, dopo non aver ottenuto alcun ministro, non ha avuto effetto. Il premier Paolo Gentiloni quella porta l’ha tenuta ben chiusa. Apprestandosi stamane a confermare praticamente tutta la squadra dei sottosegretari del governo che lo ha preceduto (forse ci sarà un nuovo ingresso, non di più) a eccezione di Tommaso Nannicini, che da sottosegretario a Palazzo Chigi con il compito di “regia” economica seguirà Matteo Renzi al partito. Ma ci sarà anche un’altra uscita, a quanto pare, frutto della rottura tra il premier e l’ex plenipotenziario di Berlusconi: il viceministro dell’Economia Enrico Zanetti lascia. E motiva così la sua decisione: «Abbiamo atteso pazientemente in queste settimane un chiarimento (con il presidente del Consiglio, ndr) circa la nostra disponibilità, espressa al capo dello Stato durante le consultazioni, a sostenere il governo in questa difficilissima fase di transizione. È arrivata invece la proposta di confermare la squadra dei sottosegretari dei viceministri, di cui faccio parte». E ancora: «All’antipolitica delle conferme in blocco a prescindere, dei governi fotocopia dove l’unico che ha il coraggio di fare un passo indietro è Matteo Renzi, preferisco la politica».

Non c’è posto per Ala nel governo Gentiloni, insomma, come per la verità non c’era posto neanche nel governo Renzi dal momento che Zanetti entrò in quota Scelta civica. Ma certo la rottura di ieri - che Verdini non ha potuto evitare nonostante un lungo colloquio con il neo ministro dello Sport Luca Lotti - è di quelle che possono avere riflessi in Senato, dove i numeri per la maggioranza sono notoriamente risicati. E già durante il voto di fiducia al governo Gentiloni i 18 di Ala hanno fatto mancare i loro voti. D’altra parte, come si sottolinea in ambienti del governo, l’apporto di Ala risulta meno decisivo di qualche settimana fa a causa del mutato atteggiamento di Forza Italia nei confronti del governo. Silvio Berlusconi, dopo aver dato prova concreta della volontà di collaborare dando il via libera ai suoi parlamentare sul decreto salva-banche, ha ribadito anche ieri che Forza Italia non farà mancare il suo appoggio ai provvedimenti giudicati positivi o comunque considerati strategici per l’interesse nazionale. «Al governo spetta gestire alcune vere e proprie emergenze sul piano interno e internazionale. Lo vedremo all’opera e valuteremo ogni provvedimento proposto dal governo stesso sostenendolo col nostro voto ove lo ritenessimo positivo e utile nei confronti dell’Italia e degli italiani»: questa la linea dell’opposizione “responsabile” dettata ieri dall’ex premier.

Il Cdm di stamane darà dunque il via libera al decreto milleproroghe e confermerà la squadra di governo con pochi cambiamenti o addirittura nessuno, dunque. E subito dopo Gentiloni si presenterà all’appuntamento con i cronisti parlamentari per la consueta conferenza stampa di fine anno. Lo stesso appuntamento in cui, esattamente un anno fa, Renzi pronunciò la frase «se perdo il referendum mi dimetto». Gentiloni da parte sua traccerà le linee guida di un governo «di responsabilità» al servizio del Paese sulle principali emergenze: dal terremoto al rilancio del Sud fino all’occupazione. «Buone notizie su crescita, contratti stabili, riduzione sofferenze bancarie. Possiamo fare di più. Fiducia negli italiani e impegno su lavoro», prova intanto a infondere ottimismo il premier commentando i dati Istat in uno dei non frequenti tweet da quando è al governo. Il premier affronterà anche i principali nodi che il governo si è trovato ad affrontare da subito: le banche e il Jobs act. Sul fondo da 20 miliardi e sul decreto che ha salvato Mps, a quanto si apprende, Gentiloni difenderà l’azione del governo, dicendosi pronto a far valere le ragioni dell’Italia verso l’Ue, verso la Bce e anche verso Berlino. Ritocchi, miglioramenti ma nessuno stravolgimento, a prescindere dalla decisione della Consulta sul referendum, è invece la linea che l’esecutivo dovrebbe tenere, nel nuovo anno, rispetto al Jobs act e ai sempre più contestati voucher.

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