Italia

Ecco il testo del fallito accordo tra i grillini e Verhofstadt

  • Abbonati
  • Accedi
grillo & verhofstadt

Ecco il testo del fallito accordo tra i grillini e Verhofstadt

Il leader del Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo (AP Photo)
Il leader del Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo (AP Photo)

In tutto una paginetta e mezza, suddivisa in 21 punti, con la data del 6 gennaio. E' l'accordo tra il Gruppo Alde, i liberali del Parlamento Europeo, e il Movimento 5 Stelle (indicato anche con M5S ma anche come Movimento 5*, M5*, 5SM o anche solo come 5*) saltato ieri per l'opposizione di ampie componenti del gruppo liberale.

Uno dei nodi centrali dell'accordo è, quasi nascosto, al penultimo punto e riguarda la partita della presidenza del Parlamento europeo che si chiuderà la prossima settimana e alla quale il belga Guy Verhofstadt, presidente di Alde, avrebbe voluto partecipare come outsider contro gli italiani Tajani (Ppe) e Pittella (Pse). «Una dichiarazione dei 5* in favore di Guy Verhofstadt come candidato come presidente del Parlamento europeo - recita in inglese il punto 20 – può essere diffusa su sua richiesta al momento appropriato». Insomma, appoggio e voti sì, ma con discrezione e su richiesta.
Ma ormai non se ne farà nulla. Prima del tentato accordo con Grillo e Casaleggio junior, Verhofstadt avrebbe potuto giocare un ruolo di outsider con buone chance di successo, ma oggi questo scenario sembra definitivamente tramontato.

Il testo, pubblicato sul suo profilo Facebook dalla capodelegazione del Pd al Parlamento Ue, Patrizia Toia, definiva vari aspetti della confluenza dei 5 stelle in Alde. Il punto2, per esempio, stabilisce tre vicepresidenze esecutive del gruppo, affidate all'olandese Sophie in ‘t Veld, al grillino David Borrelli che ha gestito le trattative per l'accordo poi naufragato, e a Marielle de Sarnez, francese, che rappresenta Edp, l'altra componente del gruppo parlamentare dei liberali.
L'intesa stabiliva anche la composizione degli organici del gruppo, dopo il trasferimento dei posti a disposizione dall'Efdd all'Alde. «Ciò non modificherà l'organico originale di Alde» si legge nell'accordo. «5* farà assunzioni aggiuntive con le loro risorse individuali 400 funds», i 40mila euro che ogni eurodeputato appartenente ad un gruppo riceve dal bilancio del Parlamento. Inoltre, stabiliva il punto 12, nel gruppo Alde sarebbe stata creata una posizione aggiuntiva di vice segretario generale, coperta con il trasferimento «al più presto possibile» di un membro dello staff dei 5 stelle nell'organico di Alde assunto con il grado di funzionario «TA AD 13», il grado più elevato del Parlamento. Tutti dettagli, questi, che hanno spinge Patrizia Toia a parlare di «accordo dettagliatissimo su poltrone e strapuntini».

Schiaffo liberali Ue a Grillo

Al punto 13 si parlava degli aspetti economici, definendo il 2017 un anno di transizione per arrivare alla «piena integrazione» nel 2018. Ma per i dettagli l'accordo rimanda ad una «nota separata». Così come si rimanda ad un «manifesto separato» per la «clear narrative», la narrazione chiara dell'accordo da lanciare con un comunicato stampa congiunto.
All'interno dell'Alde, i Movimento 5 stelle sarebbe diventato il Direct Democracy Moviment e come gruppo di lavoro sarebbe stato guidato sempre da Borrelli. I grillini avrebbero potuto usare il proprio logo insieme a quello di Alde.
Al punto 4 si citava ancora la presidenza del Parlamento per fissare l'impegno del M5S a votare il candidato della componente Alde alla presidenza del gruppo qualora Verhofstadt avesse vinto la corsa per il vertice di Strasburgo.

Quanto alle posizioni politiche, al punto successivo, si prendeva atto di distanze e convergenze in base all'analisi del voto nei primi due anni e mezzo di legislatura.

Le posizioni sono «più lontane» su economia, agricoltura, industria ricerca ed energia, politiche regionali, cultura; «più vicine» su trasporti, mercato interno e protezione dei consumatori, commercio internazionale, pesca, libertà civili e giustizia e ambiente.

Tra gli altri punti, vale la pena di segnalare che i tempi di parola nei dibattiti parlamentari non sarebbero stati assegnati sulla base dell'appartenenza alle tre diverse delegazioni nel gruppo ma «ai parlamentari più coinvolti nel dibattito».

© Riproduzione riservata