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Nessun «tesoretto», agli atenei e alla ricerca mancano 1,3…

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l’appello sui fondi

Nessun «tesoretto», agli atenei e alla ricerca mancano 1,3 miliardi

Altro che «tesoretti» nascosti tra le pieghe del bilancio, agli enti di ricerca e agli atenei italiani mancano almeno 1,3 miliardi di euro per ritornare alle condizioni di partenza di qualche anno fa. L’appello arriva dai rettori e dai presidenti dei maggiori centri di ricerca pubblici - dal Cnr all’Inaf fino all’Asi - che insieme hanno deciso di fare chiarezza, soprattutto in un momento come questo in cui si parla con insistenza di una manovra correttiva da 3,4 miliardi, chiesta dall’Ue, che in parte dovrebbe attingere dai tagli alla spesa pubblica.


No a nuovi tagli
«Abbiamo denari pubblici spesi fino all'ultimo centesimo e in una situazione nella quale siamo valutabili in un contesto sia nazionale che internazionale», ha spiegato Massimo Inguscio, presidente del Cnr e della Consulta dei presidente degli enti pubblici di ricerca, nell’incontro organizzato insieme alla Conferenza dei rettori. Anche per il presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana (Asi), Roberto Battiston, «una lettura corretta dei bilanci degli enti indica con assoluta evidenza che non esistono tesoretti. Bisogna considerare - ha aggiunto – che i fondi stanziati dagli enti per i progetti pluriennali vengono allocati ma non spesi». Per questo di fronte alla possibilità che per la manovra aggiuntiva chiesta all’Italia da Bruxelles si possa anche attingere ai fondi della ricerca arriva l’allerta di rettori e scienziati:  «I fondi destinati alla ricerca non sono spese correnti da controllare e tagliare, ma investimento», ha rilevato Inguscio. Che spiega come «non tagliare i fondi per la ricerca è un modo per investire nella crescita del Paese, ridurli sarebbe invece un suicidio».

Le risorse che mancano all’appello
Dal 2008 ad oggi alle università italiane sono stati tagliati quasi un miliardo di euro di finanziamento (circa il 10% delle risorse) mentre sono 10mila i ricercatori persi in questi anni: a ricordare questi numeri è il presidente della Conferenza dei rettori (Crui), Gaetano Manfredi. «Se riuscissimo a recuperare sia i fondi sia i ricercatori, torneremmo a una situazione nella quale eravamo sottodimensionati, ma almeno avevamo l’opportunità di avere dei giovani ricercatori», ha aggiunto ancora Manfredi durante l’incontro. La ricerca italiana soffre poi anche di troppa burocrazia, «basti pensare che per realizzare una camera bianca per Fisica abbiamo aspettato 7-8 anni per il via libero dell'amministrazione», spiega il rettore di Roma Tre Mario Panizza. «E questo aspetto si riconduce dritto al tema dei cosiddetti tesoretti, fondi pubblici degli Enti a volte spesi in ritardo» perchè, spiega Panizza, « se hai previsto un’infrastruttura o un investimento e poi passano anni prima che si riesca a realizzarlo, si devono prevedere degli accantonamenti che si ritrovano nei bilanci». Di tagli per 60-70 milioni avvenuti negli ultimi anni ha parlato anche Inguscio, presidente del Cnr e della Consulta degli enti pubblici di ricerca. «Sono quei finanziamenti che mancano per poter andare in pareggio». Se si prendessero in considerazione tutti gli enti di ricerca vigilati dal Miur, «servirebbero circa 300 milioni». A conti fatti mancano dunque 1,3 miliardi a tutto il sistema della ricerca, atenei compresi. Nei mesi scorsi il Governo aveva pensato di recuperare parte delle risorse per la ricerca pubblica dai 450 milioni non utilizzati dall’Iit (l’istituto italiano di tecnologia) di Genova. Perché dunque non attingere da lì? «È una decisione che spetta alla politica», ha precisato Inguscio.

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