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Cybercrime, l'allarme di Bankitalia: un'impresa su tre sotto…

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sicurezza informatica

Cybercrime, l'allarme di Bankitalia: un'impresa su tre sotto attacco

Che il 2016 sia stato l'annus horribilis dei cyber attacchi in Italia ce l'ha già detto il rapporto sulla sicurezza informatica di Clusit diffuso un paio di settimane fa. A conferma, però, arriva un altro studio che – visti numeri e trend – rafforza la necessità di alzare il livello di guardia. A firmarlo è Claudia Biancotti per Banca d'Italia. Si tratta di un occasional paper dal titolo: “Cyber attacks: preliminary evidence from the Bank of Italy's business surveys”. Un testo che mette a fuoco le evidenze preliminari sul rischio di cyber attacchi nel settore privato del nostro Paese. Evidenze fondate su indagini annuali che Banca d'Italia svolge su imprese con più di 20 dipendenti dell'industria e dei servizi non finanziari. Quelle contenute nel paper sono le prime informazioni di questo tipo raccolte in Italia. Ed ecco cosa dicono i numeri.

Un'impresa su tre sotto attacco

Nonostante solo l'1,5% delle imprese italiane non adotti alcuna misura difensiva, il 30,3% - corrispondente al 35,6% degli addetti - dichiara di aver subito danni a causa di un attacco informatico tra settembre 2015 e settembre 2016. Più di un'impresa su tre, dunque, ha avuto a che fare con cybercriminali. Un numero in netta crescita rispetto al passato e che non può lasciare tranquilli per il futuro. Se più di un'impresa su tre riferisce di aver subito un attacco informatico, la lettura più immediata è una soltanto: la consapevolezza del rischio informatico è in netta crescita, ma con essa è in crescita anche la vulnerabilità del sistema imprenditoriale.

Aziende sotto attacco informatico
Per area geografica (in percentuale sul totale)

«Correggendo i risultati per tenere conto delle intrusioni non individuate o non dichiarate – è scritto nel report - l'incidenza degli attacchi sale al 45,2% per le imprese e al 56% per gli addetti». Inoltre, «sono più colpite le imprese di maggiori dimensioni (con più di 500 dipendenti, ndr), quelle con elevato contenuto tecnologico e quelle esposte sui mercati internazionali».

Visibilità e dati
Va detto che questi ultimi trend sono comuni un po' in tutte le ricerche del settore, considerato che le aziende con queste peculiarità sono notoriamente più “golose” per gli hacker. E i motivi sono solitamente tre: sono più visibili rispetto alle Pmi, sono più presenti online e gestiscono un numero di dati notoriamente più alto. Sempre secondo lo studio di Banca d'Italia «Il livello di rischio nel complesso dell'economia è probabilmente ancora più alto; il settore finanziario, così come la sanità, l'istruzione e i servizi sociali sono esclusi dal campione, ma secondo altre fonti sono particolarmente attraenti per gli attaccanti». Anche la componente geografica non è secondaria, dato che dall'analisi dei tassi di attacco rivelati le imprese del Sud Italia sono state meno colpite rispetto a quelle del Centro Nord.

Aziende sotto attacco informatico
Per numero di addetti (in percentuale sul totale)

Industry 4.0: e adesso?
Anche alla luce del rapporto di Banca d'Italia, i veri dubbi riguardano il futuro e l'avvento della tanto dibattuta Industry 4.0. Perché se oggi, con un grado di digitalizzazione ancora in fase embrionale, un'impresa su tre del settore privato denuncia di aver subito cyber attacchi, il futuro non può non suscitare una certa preoccupazione.

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