Le pressioni sui vertici di Consip (la centrale degli appalti della Pubblica amministrazione), i tentativi di ricevere informazioni e modificare i punteggi delle gare, il ruolo ambiguo del presunto faccendiere Carlo Russo, che agiva su più fronti. Sono temi che gli inquirenti stanno approfondendo, secondo quanto emerge dagli atti dell’indagine.
I vertici Consip
L’ad di Consip Luigi Marroni, secondo le ricostruzioni degli investigatori e in base alle sue stesse dichiarazioni, vuole resistere alle pressioni dei faccendieri. Ed è anche vero che lo stesso Alfredo Romeo - finito in custodia cautelare in carcere con l’accusa di corruzione per aver tentato di truccare l’appalto Fm4 da 2,7 miliardi - si lamenta nelle intercettazioni di essere ignorato da Marroni, il quale spingerebbe invece per il futuro per la realizzazione di bandi di più piccola entità. Fatto, questo, guardato con sfavore da chi intendeva accaparrarsi le aggiudicazioni.
Romeo riteneva di essere «vittima di un complotto in Consip». Eppure c’è un momento in cui l’imprenditore, parlando con l’ex parlamentare di An Italo Bocchino - indagato per traffico illecito di influenze e ritenuto dagli inquirenti «l’autista» di Romeo per il suo interessamento nell’introdurlo ai piani alti di Consip -, viene rassicurato del fatto che Marroni possa favorire la sua azienda. Si legge in un’informativa dei Carabinieri del Noe di Napoli (a cui qualche giorno fa la procura di Roma ha però tolto la delega) che «dall’ascolto ambientale di Romeo e Bocchino sono emerse evidenze investigative attraverso cui i predetti operano nel mondo delle gare gestite da Consip, dove contano nell’ex amministratore delegato Domenico Casalino, il quale sarebbe in combutta, come indicato da Bocchino, con l’attuale ad Marroni».
L’ad Marroni è stato ascoltato per questo come persona informata dei fatti. Si legge ancora negli atti che «Bocchino specifica che Casalino e Marroni avrebbero chiuso un processo decisionale di integrazione su cui è intervenuto anche il presidente di Consip, il quale, dopo qualche iniziale resistenza, avrebbe poi acconsentito affinché Romeo avesse un lotto aggiuntivo». Tra le gare oggetto di future mire ci sarebbero state anche Sie4, Luce4, Caserme, Musei, Miez. Lo ricordano Romeo e Russo intercettati. Ovviamente per i magistrati ha avuto un ruolo fondamentale in Consip il funzionario Marco Gasparri, indagato per corruzione, che avrebbe intascato da Romeo una mazzetta da 100mila euro. L’imprenditore napoletano ha vinto 3 lotti da 400 milioni complessivi, ma il suo obiettivo erano i lotti più onerosi, quelli di Roma 1. Per quanto riguarda la fuga di notizie sull’inchiesta in corso, secondo gli inquirenti i vertici Consip avrebbero rimosso le cimici per le intercettazioni evitando poi di incontrare ancora Carlo Russo: «Marroni ha appreso dell’indagine dal presidente Ferrara...e decide di non incontrare più Russo, le cui richieste, nel tempo, erano divenute ricattatorie».
Il doppio gioco
Per Alfredo Mazzei, ex tesoriere del Pd campano, Russo è «un personaggio da cui stare attenti in quanto poteva essere un millantatore». Gli atti dell’inchiesta però restituiscono un’immagine diversa dell’intimo amico di Tiziano Renzi. Le intercettazioni lo dipingono come un «faccendiere» che potrebbe aver fatto del doppio gioco la sua strategia: mentre agevola la società Cofely spa, sponsorizzata da Denis Verdini per l’aggiudicazione del lotto 10 (servizi dei palazzi istituzionali di Roma) dell’appalto Fm4, si accorda con Alfredo Romeo, il cui obiettivo era scalzare il gruppo riconducibile al leader di Ala. Sono le date a svelare la presunta strategia. L’ad di Consip Marroni racconta di essere stato contattato da Tiziano Renzi a settembre 2015: «Mi aveva chiesto l’incontro perché voleva chiedermi di ricevere un suo amico imprenditore a nome Carlo Russo che voleva partecipare a gare indette da Consip». Un primo incontro avviene dopo «una quindicina di giorni», dice Marroni, mentre un secondo nella primavera del 2016. In entrambi, Russo sponsorizza la società Cofely presumibilmente vicina a Verdini, racconta Marroni, mentre di Romeo non c’è traccia. L’imprenditore partenopeo spunta il 3 agosto 2016, quando gli inquirenti registrano una conversazione con Russo: «Marroni continua a trattarmi male», afferma Romeo, «lei (riferendosi a Russo, ndr) non si dimentichi che mi hanno già escluso due volte...». Russo s’affretta a confortarlo: «Glielo abbiamo detto...tante volte avvocato...ma lo sanno, stia tranquillo...». In realtà, stando al verbale di Marroni, Russo non fa mai riferimento all’imprenditore napoletano, mentre invece avrebbe fatto richieste per favorire la Cofely spa.
La memoria difensiva
Intanto ieri Romeo si è avvalso della facoltà di non rispondere all’interrogatorio di garanzia relativamente alla presunta mazzetta da 100mila euro, dicendo di non aver mai incontrato Tiziano Renzi. «Sono stato fregato» sostiene Romeo attraverso i suoi difensori. Gli avvocati Giovan Battista Vignola, Francesco Carotenuto e Alfredo Sorge, affermano in una memoria depositata al gip che «il procedimento» mancherebbe di atti che «permettano l’esame della legittimità delle prove raccolte». I difensori ritengono che a carico di Romeo ci sarebbero prove «inutilizzabili» a cominciare dai cosiddetti «pizzini» trovati in una discarica di Roma (in uno è riportato il compenso di 30mila euro per “T”, che potrebbe essere Tiziano Renzi), su cui la difesa intende fare un accertamento «merceologico e grafologico».
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