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M5S, dopo Parma nulla più come prima: sempre più…

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L'Analisi|niente simbolo a cassimatis

M5S, dopo Parma nulla più come prima: sempre più verticismo, sempre meno trasparenza

La frattura è stata Parma. L’addio di Federico Pizzarotti, minimizzata dal Movimento Cinque Stelle, ha segnato invece uno spartiacque nella vita dei pentastellati. E l’“Effetto Parma”, il nome del gruppo con cui il sindaco correrà di nuovo alle prossime amministrative, rischia di tracimare, come provano gli esperimenti analoghi in atto a Genova, Spezia, Lucca e i sogni di centinaia di dissidenti che dilagano in tutta Italia.

L’ultima deflagrazione oggi nel capoluogo ligure, patria del fondatore, con il simbolo tolto alla candidata votata online Marika Cassimatis, perché «non sicuri al 100%» sul suo conto, come recita l’ennesimo editto diramato da Grillo sul blog. Una mossa arrivata al culmine delle faide interne che stanno divorando i Cinque Stelle genovesi dopo l’uscita dal Movimento di quattro consiglieri. E che finisce per premiare il tenore Luca Pirondini, sostenuto dalla portavoce regionale Alice Salvatore, guarda caso la più vicina al leader. Ma più la morsa di Grillo si stringe più si rivela la difficoltà del M5S a tenere unita la base. Più si susseguono i fallimenti locali - clamoroso l’esempio della candidata di Monza ratificata con soli 20 voti degli iscritti alle comunarie e poi ritiratasi dalla corsa - più emerge la fragilità della bandiera della “democrazia diretta”. Vanno in scena epurazioni dall’alto, il verticismo trasuda da tutti i pori.

Se si aggiunge l'opacità sulla gestione del blog, corroborata da Grillo che nega ogni responsabilità sui contenuti non firmati direttamente da lui, e le troppe domande senza risposta sulle scatole cinesi su cui si regge la struttura del M5S (il ruolo di Casaleggio e della sua azienda, le due Associazioni registrate, il fantomatico staff che risponde via email agli eletti, le ombre di regolamento e non statuto) si ricava l’impressione di un Movimento diventato qualcos’altro. Conta la gestione ancora artigianale degli strumenti digitali, come precisano dall’interno. Ma evidentemente dietro c’è altro, compreso il corto circuito - chiaro soprattutto nei territori (la lezione di Roma brucia, Palermo esce con le ossa rotte dall’inchiesta sulle firme false) - di una forza che ancora ragiona e opera secondo le logiche degli esordi ma che nel frattempo si è ritrovata partito di massa.

Un partito oggi concentrato come non mai sull’obiettivo del governo nazionale e sulla definizione della squadra capitanata da Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista, composta dai big che reggono il timone dei vari temi del programma, alle ultime limature. E sempre meno trasparente nei processi decisionali. A dispetto della “casa di vetro” in cui diceva di voler trasformare le istituzioni.

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