L’epicentro del terremoto che mina la scalata dei Cinque Stelle al governo nazionale ha un nome e un cognome: Federico Pizzarotti. Con l’addio del sindaco di Parma al Movimento si è innescata una reazione a catena nei territori che comincia a preoccupare i vertici. Colpa della deflagrazione di Genova, la città del cofondatore Beppe Grillo, dove ieri è andata in scena una doppia prima volta: la “scomunica” via blog, con la negazione dell’uso del simbolo, della candidata sindaco Marika Cassimatis, che aveva vinto le comunarie martedì scorso con 362 voti, e l’apertura delle prossime votazioni online a tutti gli iscritti, non soltanto ai residenti del capoluogo ligure. Una chiamata a raccolta per ratificare con il consenso più ampio possibile il secondo classificato, unico rimasto in lizza: il tenore Luca Pirondini, che aveva ricevuto 338 voti e che è sostenuto dalla consigliera regionale Alice Salvatore, vicinissima a Grillo. Ieri sera oltre 16mila iscritti, contro 3.762 che hanno chiesto di non presentare più alcuna lista, si sono espressi in suo favore: sarà lui a correre da sindaco.
La sua sconfitta era stata una sorpresa, mal digerita. Sospetti e veleni si sono sprecati, con la cordata di Salvatore che ha chiesto il riconteggio dei voti e insinuato che dietro il risultato ci fosse la “manina” dei dissidenti, non prontamente cancellati dall’elenco degli iscritti. Il capo politico del M5S ha giustificato la decisione di togliere il simbolo a Cassimatis con il fatto che «il M5s non può permettersi di candidare persone su cui non siamo sicuri al 100%» né alle «comunali, né alle politiche. Le nostre selezioni rispetteranno il voto online, ma saranno rigorose. Non c’è più spazio per chi cerca solo poltrone». Nel mirino i componenti della lista di Cassimatis, “rei” di aver «condiviso pubblicamente i contenuti e la linea dei fuoriusciti». I quattro consiglieri comunali su cinque che hanno abbandonato in massa il Movimento, tra cui l’ex capogruppo e attivista storico Paolo Putti. Che ha subito fondato, sulla scia di Pizzarotti, Effetto Genova. Ieri il sindaco di Parma si è rivolto alla candidata sconfessata, che ha definito «grave» dubitare di una votazione democratica online ed è stata raggiunta da tante telefonate di solidarietà: «Cara Cassimatis, vieni con noi, le porte sono aperte. Qui si parla di temi non di persone. #democraziacercasi #EffettoParma».
Pizzarotti chiama, sempre più delusi rispondono. Guardando a sinistra e al recupero dell’anima movimentista che ritengono tradita. Succede anche a La Spezia e a Lucca (dove però il nuovo gruppo sostiene che non si presenterà alle prossime elezioni). Senza contare Monza: dopo che la candidata a sindaco, Doride Falduto, che ha vinto le comunarie con appena 20 voti e, travolta dalle polemiche, si è ritirata dalla corsa per «sopraggiunte questioni personali», si ragiona sul da farsi. Al suo posto dovrebbe correre Giovanni Danilo Sindoni, con il suo misero bottino di 17 voti. Ma la partita non è chiusa. Torna alla mente il caso di Patrizia Bedori, la candidata a Milano sull’onda di 74 preferenze di fatto costretta a farsi da parte perché non gradita ai vertici. Si scatena, alla luce di questi numeri, chi bolla come una farsa la democrazia diretta sbandierata dal Movimento. Con il Pd che conia l’hashtag #TirannoA5Stelle e ironizza: «Il padrone, a sua insaputa, del blog impone di imperio il suo candidato». Fatto sta che anche dall’interno del M5S qualcuno fa mea culpa e parla di gestione ancora artigianale delle procedure, ormai inadatta per un Movimento diventato di massa.
Grande esperimento sarà la Sicilia. A Palermo continua la faida legata all’inchiesta sulle firme false: ieri è stata archiviata l’indagine a carico del candidato sindaco Ugo Forello, oggetto di un esposto da parte dei parlamentari indagati e sospesi, ma non soffia vento di pace. E nessuno sa quanto le lotte intestine peseranno sulla campagna per le regionali. Il candidato governatore in pectore è l’attivissimo Giancarlo Cancelleri. A lui l’arduo compito di ricucire gli strappi e realizzare il sogno grillino di trasformare la Sicilia nella «prima regione a Cinque Stelle».
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