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Il balletto delle Regioni per la sede dei nuovi Cie

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Il balletto delle Regioni per la sede dei nuovi Cie

La partita in corso tra Regioni e ministero dell'Interno sull'immigrazione sarà ancora lunga. I fronti aperti sono diversi. Il ministro dell'Interno, Marco Minniti, illustrò il 25 gennaio in Conferenza Stato Regioni il decreto legge sui migranti, oltre quello sulla sicurezza: il clima fu positivo. Tanto era stato dettagliato il ministro da non risultare così necessario un parere della Conferenza. I due testi viaggiano rapidi per l'approvazione definitiva in Parlamento. Ma adesso ci sono almeno due questioni concrete sul tavolo dei Governatori. Ogni giorno più urgenti con l'emergenza migranti sempre più intensa.

Dove costruire i centri per i rimpatri
La rivolta di alcuni presidenti di Regione quando a dicembre Minniti annunciò il rilancio dei Cie si è attenuata. Con il decreto ora si chiamano Cpr (centri permanenti per i rimpatri), sono supervisionati dal Garante nazionale e in ogni regione ci sarà un ufficio di controllo. Ma va sciolto il nodo della sede. Il provvedimento prevede che la scelta sia fatta dall'Interno «sentito il presidente della regione». L'individuazione del sito – comunque lontano da centri abitati e vicino, se possibile, a un aeroporto – è un passaggio preliminare decisivo. E nella lista dell'Interno ci sono diverse caselle ancora bianche. Certo, il ministro dell'Interno raccoglie diversi consensi bipartisan. Ci sono però regioni decise a scegliere in prima persona il luogo. Quelle più vicine a Minniti prenderanno una decisione d'intesa con il Viminale. Altre ancora – la Toscana, per esempio, è tra quelle meno entusiaste – che alla fine opteranno per una decisione assunta dallo Stato. Riservandosì così il diritto a proseguire la critica senza tuttavia impedire l'esecuzione del centro. Per i Cpr, dunque, partenze a blocchi differiti.

Il flusso straordinario di sbarchi
Le cifre attuali dell'ondata di migranti in Italia, del resto, sono eloquenti. I dati aggiornati al 31 marzo del ministero dell'Interno, dal 1° gennaio, calcolano 24.280 sbarchi di immigrati adulti più 2.293 "minori non accompagnati". In cifre percentuali raffrontate nello stesso periodo siamo a +29,31% rispetto all'anno scorso e + 138,8% in confronto al 2015. Il dramma è ora l'arrivo della primavera: condizioni meteo più favorevoli per affrontare il canale di Sicilia. Aprile un po' meno, ma da maggio fino a settembre è proprio il periodo di maggiore afflusso. Se già gli sbarchi sono stati finora da record, è quasi impossibile prevedere un calo proprio nei prossimi mesi. Dovrebbe accadere semmai il contrario.

La scommessa del piano Anci
Con una serie di incontri con i vertici locali fin da gennaio l'Interno tenta, regione per regione, di far passare il principio di un contribuito di tutti i centri abitati all'ospitalità dei migranti richiedenti asilo. Gli altri immigrati, secondo le previsioni, dovrebbero andare nei Cpr per poi essere rimpatriati. Passare dagli attuali 2.800 Comuni impegnati nell'accoglienza ad almeno 3.500 centri urbani sarebbe per Minniti una boccata d'ossigeno: indispensabile per la tenuta del sistema. Oggi ci sono in ospitalità 176.523 richiedenti asilo, a cui vanno aggiunti quasi 28mila minori "non accompagnati. Nei Cas-centri di assistenza temporanea, individuati dai prefetti, ci sono 137.855 stranieri; nei grandi centri di prima accoglienza, destinati a ridimensionarsi, 13.385 persone; 23.867 sono invece gli immigranti nel sistema Sprar, il sistema più evoluto in capo ai Comuni. Numeri in potenziale rapidissima crescita.

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