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La legge sui rifiuti è «troppo complicata»: imprenditore…

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tribunale di milano

La legge sui rifiuti è «troppo complicata»: imprenditore assolto

La legge sui rifiuti è troppo complicata, l’imprenditore va assolto dall’accusa di aver gestito una discarica abusiva. È il tribunale di Milano, decima sezione penale, a fissare un precedente importante per migliaia di aziende alle prese con una normativa imponente e anche per questo non «governabile» da chi dovrebbe applicarla nel dettaglio. La complessità dei comportamenti pretesi dal Codice ambientale, scrivono i giudici milanesi nella sentenza 12077/16, fa scattare un’eccezione alla regola secondo cui nessuno può invocare a propria scusa l’ignoranza della legge penale.

La vicenda riguardava un imprenditore egiziano che nell’area del Parco Sud del capoluogo lombardo – in un’area tra l’altro soggetta a vincoli ambientali – aveva aperto la filiale italiana della sua attività di import export di auto usate e rigenerate. La polizia locale cinque anni fa gli aveva sequestrato l’azienda su ordine della Procura, contestando il fatto di aver gestito un’attività che trattava rifiuti speciali pericolosi e non, costituiti appunto da veicoli fuori uso: oli esausti, batterie, parti meccaniche smontate e combustibili, secondo l’accusa, erano aspetti che facevano riqualificare la sua azienda da «export auto» a gestore, appunto, di rifiuti non trattati a norma di legge e poi scaricati nell'ambiente.

Anche secondo il tribunale di Milano questa è la lettura corretta dell’attività dell’imprenditore italo-egiziano, che prima di imbarcare le auto al porto di Genova, registrandole regolarmente in dogana, le smontava in officina producendo di fatto rifiuti (anche) pericolosi. Tuttavia la Decima sezione penale sottolinea che quel tipo di attività – l’esportatore - non è neppure classificata dal codice ambientale in vigore all’epoca dei fatti (il decreto legislativo 152/2006), e che il titolare dell’attività aveva lealmente collaborato con l’amministrazione dichiarando il tipo di lavoro svolto e richiedendo tutte le autorizzazioni inerenti al commercio internazionale. Ma, aggiunge il tribunale, anche con le migliori intenzioni lo «smontacarrozze» del Parco sud non poteva immaginare di doversi adeguare alle complicate norme sui rifiuti alla luce della «non sufficiente chiarezza del dato normativo e all’assenza di una giurisprudenza di legittimità e anche di merito sul punto». Tantopiù , scrivono ancora i giudici, che l’imputato «si è sempre rapportato in modo trasparente con le autorità amministrative senza che da esse venisse mai sollevato alcun dubbio sulla legittimità sul suo operato». Se a ciò si aggiunge che l’imprenditore è uno straniero proveniente da paese extra Ue e che in Italia ha solo una sede secondaria, la conclusione – chiosa il relatore – è che i reati sono stati formalmente commessi, ma non possono essere addebitati all’imputato («il fatto non costituisce reato», cioè manca il dolo).

Il caso è risolto e ora rischia di fare da precedente per migliaia di fatti simili: probabilmente – visti i vizi del legislatore – non solo in materia ambientale.

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