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Consip, le presunte «omissioni» del carabiniere per accusare i…

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l’inchiesta

Consip, le presunte «omissioni» del carabiniere per accusare i Servizi segreti

C’erano tutti gli elementi per escludere un controllo dell’inchiesta Consip da parte dei Servizi segreti. Tuttavia queste indagini erano state «omesse» dall’informativa, così da sollevare ombre sul Governo. L’ipotesi della Procura della Repubblica di Roma è stata contestata al capitano dei carabinieri del Noe, Gian Paolo Scafarto, iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di falso: avrebbe manipolato una intercettazione telefonica per «incastrare» Tiziano Renzi.

«Lo dissi alla Procura di Napoli»
L’estraneità dei Servizi segreti fu anche riferita alla Procura di Napoli. Lo ha detto nel suo interrogatorio lo stesso Scafarto, secondo cui la «Procura di Napoli fu immediatamente avvertita» delle risultanze di alcuni accertamenti svolti su «persone» sospette, ritenute legate ai Servizi ma che invece non lo erano. Scafarto ha ricostruito la vicenda legata agli 007 e raccontato quanto avvenuto il 18 ottobre del 2016, quando nel corso di alcuni accertamenti svolti negli uffici romani di Alfredo Romeo, i militari del Noe videro alcune persone ritenute «sospette» e, in particolare, un Suv che si ritenne potesse essere «una macchina tecnica dotata di telecamere». Il capitano del Noe spiega che sul punto fu disposto anche il pedinamento dell'autista del Suv «alla fine risultato estraneo allo scenario prospettato». Alla richiesta di due colleghi se dovevano redigere «una annotazione di servizio sugli esiti di tali verifiche, dissi che avrei provveduto ad espungere tale circostanza dalla informativa perché irrilevante». Anche il riferimento al Suv, dice Scafarto, venne eliminato dalla informativa, però rimase il riferimento alle persone sospette. Per i pm capitolini la non menzione del Suv e dell’autista nell’informativa ha di fatto rappresentato «una sottrazione significativa di elementi di valutazione».

Le tre telefonate
Nel corso dell'interrogatorio del capitano del Noe, i pm hanno citato anche tre telefonate intercettate (dal 10 aprile fino al 5 maggio scorso) nelle quali Scafarto, conversando con terzi, «attribuisce l’omessa indicazione di tali fatti non a un giudizio di irrilevanza ma ad una “scelta investigativa”». Su questo punto Scafarto ha detto: «Il concetto di scelta investigativa e operativa coincide nella mia prospettazione con quello di irrilevanza. Preciso che del “cessato allarme” ho immediatamente riferito alla Procura di Napoli. Quanto alla contestazione dell’ufficio - ha aggiunto - ribadisco che ho ritenuto irrilevante tale circostanza, perciò non l'ho riportata».

L’omissione delle intercettazioni
I pm di Roma, infine, hanno contestato a Scafarto di aver omesso alcune telefonate in cui Tiziano Renzi, dialogando con alcuni interlocutori, afferma di aver saputo dell'inchiesta Consip dal giornalista del Fatto Quotidiano, Marco Lillo. Il particolare è tutto da chiarire, perché è stato ribadito dallo stesso Tiziano Renzi nel corso del suo interrogatorio con i pm di Roma. Tuttavia questa versione dei fatti non corrisponderebbe al vero. Il contatto con il giornalista, infatti, risale al 2 novembre e riguarderebbe in realtà un’altra vicenda e non l’inchiesta Consip. Il giornalista avrebbe contatto Tiziano Renzi per avere una opinione su un articolo a firma di Giacomo Amadori, pubblicato quel giorno dal quotidiano La Verità, in cui si parla di un procedimento alla Procura di Genova in cui era stato coinvolto anche Tiziano Renzi.

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