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Popolare Vicenza e Veneto Banca: ecco perché il salvataggio corre…

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banche venete in odor di default

Popolare Vicenza e Veneto Banca: ecco perché il salvataggio corre sempre più sul filo del rasoio

AAA volontario cercasi per salvare le due banche venete dal default. Si aggiunge una nuova pesante grana alla drammatica telenova che da mesi tiene con il fiato sospeso il mondo bancario, il Governo e migliaia di soci e obbligazionisti di Popolare di Vicenza e Veneto Banca.

La Commissione Europea per dare il via libera alla ricapitalizzazione precauzionale da 6,4 miliardi da parte dello Stato chiede infatti un intervento privato da oltre un miliardo. Fondi che devono coprire le perdite attese e prevedibili dalla continua pulizia della montagna ingente di sofferenze che grava sui due istituti. Può apparire l’ennesima sorpresa da parte dell’Europa, l’ennesima forzatura delle istituzioni comunitarie alla messa in sicurezza delle due banche disastrate.

Che cosa dicono le norme Ue
Così in realtà non è. Le norme che regolano il bail in (votate anche dai gruppi parlamentari italiani) dicono espressamente che l’intervento pubblico non può coprire perdite prevedibili e attese. E che il via libera dello Stato può avvenire solo in condizioni di solvibilità degli istituti. Stupirsi come fanno alcuni commentatori del (per loro ) inatteso giro di vite dell’Europa pare fuori luogo. Che l’opera di smaltimento delle sofferenze delle due ex popolari non fosse completata, pur con le rettifiche miliardarie degli ultimi esercizi, è noto a tutti. Le due banche hanno tuttora una mole di crediti inesigibili altissima.

Il quadro delle sofferenze
Basti vedere i dati dei bilanci del 2016 per averne contezza. Le due banche insieme hanno sofferenze lorde per 9,6 miliardi su un monte impieghi di 41 miliardi. Oltre un prestito su 5 è perduto. Un livello che non ha confronti nel sistema bancario italiano. Tra l’altro sono costantemente in crescita. Dal 2015 sono cresciute in un solo anno di un abbondante 20%. Un ritmo che non promette bene.

Puoi svalutare finché vuoi ogni anno, ma data la la dinamica di aumento così massiccio ti ritrovi l’anno dopo con la situazione peggiorata. E questo è solo il quadro delle sofferenze. L’intero portafoglio dei crediti deteriorari, che comprende il capitolo delle inadempienze probabili vale 19 miliardi.

Il buco da coprire
Una cifra record dato che pesa per oltre il 40% sull’intero portafoglio dei prestiti. Tornando alle sofferenze è vero che i tassi di copertura sono saliti al 62% per Vicenza e al 57% per Veneto Banca. Quei 9,6 miliardi dopo le rettifiche sono ora a bilancio al 40% del loro nominale. Ma vanno ceduti per liberare le banche da una zavorra che le porta a fondo. E vanno ceduti a valori di mercato che oggi viaggiano a metà di quel valore già rettificato. Il conto è presto fatto: la loro pulizia pre-ricapitalizzazione precauzionale costerebbe perdite per cira 1,9 miliardi. Se si riuscisse a strappare un prezzo di cessione più alto, al 25% ad esempio, l’onere delle perdite scenderebbe a 1,4 miliardi. Il patrimonio netto delle due banche oggi è di 3,9 miliardi: solo con la pulizia degli Npl calerebbe a 2,5 miliardi, ben al di sotto dei coefficienti patrimoniali necessari per continuare a operare. Ecco perchè c’è un buco da oltre un miliardo da coprire, prima del salvataggio pubblico. Quel miliardo e più si aggiunge ai 3,5 miliardi di risorse che il Fondo Atlante ha già disperso su Vicenza e Veneto.

Chiedere ora un ulteriore sacrificio a banche e Fondazioni che hanno già dissanguato i loro denari nell’avventura amara di Atlante pare strada assai complicata da percorrere. Tra l’altro Atlante doveva servire a smaltire gli Npl del sistema. Missione originaria abortita, dato che l’80% delle risorse che il sistema ha iniettato sono di fatto servite a puntellare, in modo tra l’altro non risolutivo, le due agonizzanti ex Popolari venete. Un flop gigantesco. Ed è normale che oggi molti apertamente si defilino da un’avventura costata cara e che non si è ancora chiusa. Pensare a un intervento di una banca straniera pare del tutto aleatorio. Chi metterebbe dei soldi per fare il socio di minoranza di due banche che sul piano operativo non stanno tuttora in piedi?

Il crollo dei ricavi
Già perché l’operatività normale è a rischio da tempo. I ricavi sono crollati per entrambe solo nel 2016 del 30% a quota 700 milioni sia per Vicenza che per Montebelluna e i costi operativi superano di gran lunga il margine d’intermediazione, provocando perdite già prima delle pesanti svalutazioni dei crediti malati. Ora ci vuole un volontario, qualcuno disposto a “regalare” oltre un miliardo per tenerle in piedi prima dell’ingresso dello Stato che si prenderà la maggioranza delle due banche. Atlante non ha più munizioni, resta il Fondo interbancario di tutela dei depositi. Anche qui però c’è subbuglio tra le banche partecipanti al fondo. Perchè svenarsi per tenere in piedi due banche e mettere a repentaglio quel poco di redditività che le banche sane riescono a produrre? Perchè salvare la concorrenza con un’iniezione di denari senza ritorni? Domande legittime ch e pongono la questione del salvataggio delle due venete su un crinale oggi più pericoloso di ieri.

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