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Collegi già nella legge elettorale, parte la corsa per…

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il confronto alla camera

Collegi già nella legge elettorale, parte la corsa per l’approvazione

(Ansa)
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Alla fine di una giornata ad alta tensione, con le minoranze rimaste fuori dall’accordo sulla legge elettorale schierate contro l’iter accelerato impresso da Pd, Fi, M5s e Lega che ha sancito l’approdo in Aula alla Camera il prossimo 5 giugno e il voto entro la stessa settimana, in serata è arrivato in commissione Affari costituzionali il maxiemendamento del relatore Emanuele Fiano (Pd) che partorisce il tedeschellum.

Del sistema adottato in Germania riproduce l’impianto proporzionale, compresa la soglia di sbarramento al 5%. Anche il tedesco in salsa italiana prevede che i parlamentari siano eletti attraverso collegi uninominali e listini bloccati circoscrizionali, ma l’attribuzione dei seggi è diversa visto che prevalgono sempre i primi del listino. Ma il dato politico forte della giornata di ieri è l’accelerazione impressa: per la prima volta i collegi sono “disegnati” direttamente nelle legge elettorale, senza la tradizionale delega al governo che normalmente si portava via un paio di mesi; e la Capigruppo ha deciso il via libera entro la prima decade di giugno, nonostante la festività del 2 giugno e le imminenti elezioni amministrative (11 giugno). Due segnali del fatto che per il momento il patto tra i grandi partiti per approvare rapidamente la nuova legge elettorale alla tedesca e aprire così la strada del voto a settembre-ottobre regge.

Tornando ai contenuti della legge, l’Italia (escluso il Trentino Alto Adige in cui continuerà ad essere usato il Mattarellum) viene divisa in 303 collegi (con un secondo emendamento di Fiano è già prevista la ripartizione, come accennavamo, escludendo così la delega al Governo) e in 27 circoscrizioni che coincidono con le Regioni, tranne le più grandi (sono 2 le circoscrizioni in Piemonte, Veneto, Lazio, Campania e Sicilia e 3 in Lombardia). I partiti presentano dei listini bloccati. In prima battuta era previsto un minimo di 2 e un massimo di 4 nomi alternati per genere, ma nella versione finale dell’emendamento sembrerebbe che il numero dei canditi sia salito a 6. Per rispettare il principio dell’alternanza di genere è previsto che anche nei collegi ciascun partito non passa far prevalere uno dei 2 generi per più del 60%.

La ripartizione dei seggi avviene rigorosamente su base proporzionale. Al termine dello scrutinio quindi verranno conteggiati i voti ottenuti da ciascuna lista e in percentuale verrà assegnato il numero corrispondente di seggi. Viene confermata anche la norma introdotta con il Porcellum e confermata dall’Italicum, ovvero che contestualmente al deposito del simbolo e del programma elettorale sia indicato anche il «capo della forza politica», ferme restando ovviamente le prerogative del Capo dello Stato sulla nomina del presidente del Consiglio.

L’obiettivo dei sottoscrittori dell’accordo è arrivare all’approvazione finale al Senato entro la prima settimana di luglio. Un mese dopo il via libera della Camera. La Capigruppo di Montecitorio ha infatti deciso che il testo arriverà in Aula non più tardi del 5 giugno. Proprio per questo i deputati della commissione Affari costituzionali non sospenderanno i lavori per la festa del 2 giugno. Un tempo ritenuto però insufficiente da chi è rimasto fuori dall’intesa ma anche dal presidente della commissione Affari costituzionali Andrea Mazziotti che ha definito «una forzatura inutile e svilente per il Parlamento» la decisione di Pd, Fi, Lega e M5s di «ridurre a 2 giorni il lavoro della commissione». E c’è da credere che queste resistenze dei “piccoli” si faranno sentire ancora di più in Senato, dove i numeri sono meno sicuri: in molti, tra i democratici, temono che la scadenza del 7 luglio per il via libera definitivo è a rischio («basta un emendamento sulla reintroduzione delle preferenze, a scrutinio segreto, per far saltare tutto», confida un senatore renziano).

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