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Dossier I mercati aspettano impegni seri ma anche fatti

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    Dossier | N. 18 articoliFree Lunch

    I mercati aspettano impegni seri ma anche fatti

    La Banca d’Italia e i mercati parlano la stessa lingua, in fatto di debito/Pil italiano: non c’è tempo da perdere, va ridotto, e va riportato quanto prima su una traiettoria sostenibile in “diminuzione continua e tangibile”. Quel che ha evidenziato ieri il governatore Visco trova d’accordo i mercati e le agenzie di rating: l’alto debito rende l’Italia vulnerabile, è dannoso perché fa lievitare le tasse, il costo dei finanziamenti, alimenta incertezza, sfiducia, fa scattare il contagio.

    I mercati, ai quali il Tesoro italiano si rivolge ogni anno per “collocare titoli per circa 400 miliardi” come ha ricordato il numero uno di Palazzo Koch, non si fermano però alla sollecitazione. Aspettano i fatti dall’Italia, oltre agli impegni dei governi. E mentre aspettano, ora nervosamente ora pazientemente, passano loro stessi ai fatti, limitandosi al trading di breve respiro sui BTp e alleggerendo le posizioni sul rischio-Italia. È quanto emerge nella Relazione annuale pubblicata ieri: la Banca d’Italia ha calcolato che nel 2016 è diminuita di 2,2 punti percentuali rispetto al 2015 la quota dei titoli di stato detenuti dagli investitori esteri. Al netto dei titoli detenuti dall’Eurosistema (esclusa Banca d’Italia), dalle gestioni patrimoniali e dai fondi comuni esteri riconducibili a investitori italiani, la quota estera si è attestata alla fine dello scorso anno al 26,7% (secondo stime Bankitalia basate su dati Assogestioni e Bce ndr.),«un valore molto inferiore ai livelli prevalenti a metà del 2011, prima della fase più acuta della crisi del debito sovrano, ma superiore al minimo del 25,8 per cento raggiunto a metà del 2012». Nei primi cinque mesi del 2017, la quota dei titoli di Stato italiani detenuta da investitori esteri si è mossa in maniera altalenante, è calata con l’ascesa del rischio politico in Francia ma è cresciuta con la conferma Bce sullo stimolo della politica monetaria non convenzionale del QE e dei tassi oltremisura bassi per lungo tempo.

    Sui numeri e sulle grandezze che portano alla riduzione del debito/Pil, la proiezione della Banca d’Italia è più rosea rispetto a quelle che circolano sui mercati. «Un avanzo primario del 4% è molto alto, difficilmente sostenibile e fors’anche non auspicabile per l’impatto restrittivo che avrebbe sulla crescita a breve termine, una correzione di circa 50 miliardi richiede un governo forte per decidere la composizione chiave tra entrate e spese», ha commentato ieri l’economista di una grande banca d’affari estera. Visco vede in effetti il debito/Pil calare sotto il 100% in circa dieci anni grazie a una crescita all’1%, inflazione al 2%, interessi sul debito ai tassi pre-crisi e un avanzo primario al 4 per cento.

    Nessuna delle grandi quattro agenzie di rating (DBRS e Fitch hanno declassato l’Italia rispettivamente lo scorso gennaio e aprile mentre Moody’s ha modificato l’outlook da stabile a negativo nel dicembre 2016) ha per ora disegnato una proiezione debito/Pil che scende sotto il 100% in un decennio. Fitch esplora il decennio 2016-2026 prevedendo un debito/Pil che scende dal 132% al 120% con un avanzo primario al 2%, tassi nominali che arrivano al 3,1%, inflazione appena sotto il 2% e Pil attorno all’1%. Nel suo ultimo rapporto sull’Italia, DBRS traccia questo quadro: l’avanzo primario tra il 2014 e il 2017 orbita tra l’1,4% e l’1,6%, il Pil non riesce ad arrivare all’1%, l’inflazione è ancora allo zero virgola, e il debito/Pil resta dov’è.

    Per i mercati, il debito/Pil può scendere e anche velocemente ma in virtù di un mix di impegni e fatti: serve la volontà e anche la capacità politica per modificare la composizione di entrate e spese, di investimenti pubblici e riforme strutturali. E a tutto questo guarderanno i mercati in vista delle elezioni in Italia, sperando che le parole e le sollecitazioni del governatore vengano ascoltate.

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