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Legge elettorale: ok della commissione, domani in aula

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Legge elettorale: ok della commissione, domani in aula

La commissione Affari costituzionali della Camera ha approvato il testo del relatore Emanuele Fiano con la nuova legge elettorale. Il provvedimento andrà in Aula domani alle 12. La legge dovrebbe essere approvata prima delle amministrative dell’11 giugno. Per poi passare al Senato, dove il testo dovrebbe essere varato entro metà luglio. Con ipotesi elezioni anticipate in autunno sullo sfondo.

Inizio votazioni slittato di due ore e mezza
I piccoli partiti contrari alla legge elettorale sono riusciti a ottenere uno slittamento per il deposito degli emendamenti e dunque l'inizio delle votazioni in Aula alla Camera, inizialmente previsto per le ore 11 di mercoledì 7 giugno, è slittato di due ore e mezza, alle 13,30.
L'approdo in Aula è invece confermato per domani a mezzogiorno.

Nella lunga seduta di domenica sono state approvate le norme che riguardano la Camera ed oggi sono state esaminate quelle relative al Senato. L'unico nodo ancora da sciogliere era il numero delle firme necessarie alla presentazione di liste e candidati, che il testo base fissava in un numero elevato. A tal proposito la Commissione ha approvato un emendamento del relatore Fiano, che elimina l’obbligo di raccogliere le firme a sostegno dei candidati nei collegi uninominali confermando la necessità di firme solo per le liste. Via libera anche all’emendamento che introduce per le liste e le candidature del Senato le quote di genere. Rimane l’indicazione da parte dei partiti del «capo della forza politica», cioè il candidato premier. La commissione ha infatti bocciato un emendamento di Mdp che avrebbe abrogato dalla legge questo punto.

Regge insomma l’accordo Pd-M5s-Fi-Lega sul modello tedesco in salsa italiana. Tra le novità varate ieri in commissione: la riduzione dei collegi uninominali da 303 a 225; l’abolizione delle pluricandidature e della priorità ai capilista bloccati nell’attribuzuione dei seggi. Resta invece il no al voto disgiunto, alle preferenze e al premio di maggioranza. E resta la soglia di sbarramento del 5% per accedere alla ripartizione dei seggi.

Niente firme in collegi, solo per liste
La Commissione affari costituzionali della Camera ha approvato oggi un emendamento al testo base del relatore alla legge elettorale, che elimina l'obbligo di raccogliere le firme a sostegno dei candidati nei collegi
uninominale, rimanedo l’obbligo di raccogliere firme a sostegno delle
liste proporzionali in ogni circoscrizione: 4.000 firme per le circoscrizioni con più di 1 milione di abitanti, 3.000 in quelle con popolazione tra i 500 mila e il milione di abitanti, e 2.000 per quelle sotto i 500 mila abitanti. In caso di elezioni anticipate il numero necessario è dimezzato.

Sì a quote di genere in liste Senato
Via libera dalla Commissione affari costituzionali anche a un emendamento che introduce per le liste e le candidature del Senato le quote di genere (così come previsto a Montecitorio). In base all’emendamento proposto dal relatore Emanuele Fiano, riformulando una serie di emendamenti presentati da diversi deputati, i capolista delle liste proporzionali di ciascun partito non potranno avere uno dei due sessi che a livello nazionale superi il limite del 60%. Nelle liste ci dovrà anche essere un'alternanza di genere. Anche tra le candidature nei collegi i partiti non potranno presentare a livello nazionale candidati dello stesso sesso in una percentuale superiore al 60%.

Ridotti a 225 i collegi alla Camera
Quello che la commissione affari costituzionale sta esaminando è un sistema con ripartizione proporzionale su base nazionale dei seggi e soglia al 5% per entrare in Parlamento. Due elementi che lo accomunano al sistema tedesco dove la metà dei seggi 50% dei seggi viene assegnato in collegi uninominali e il 50% con formula proporzionale e liste bloccate. Una formula 50%/50% prevista anche nella prima versione del testo elaborato dal relatore dem Emanuele Fiano. In base a un emendamento votato domenica in commissione, i collegi uninominali sono diminuiti però da 303 a 225 e passano da 27 a 28 le circoscrizioni. La diminuzione garantisce sempre il seggio al vincitore nel collegio (a meno che il candidato non appartenga a un partito che non ha superato la soglia di sbarramento del 5%) e risolve il problema dei cosiddetti collegi sopranumerari, cioè quelle situazioni per cui i candidati dei partiti più grandi (Pd e M5s) potrebbero non essere eletti in certe Regioni pur risultando i più votati.

Superato nodo capilista bloccati
Passato anche un emendamento che elimina il nodo della supremazia dei capilista bloccati. Una decisione che risponde ad una delle richieste della minoranza del Pd (orlandiani) e del M5s. In questo modo in ogni circoscrizione saranno prima eletti i candidati che si piazzano prima nei rispettivi collegi, poi i candidati del listino proporzionale bloccato, e infine i restanti candidati piazzatisi meglio nei collegi uninominali. Nella versione precedente del testo, invece, erano i capilista del listino bloccato i primi ad ottenere l’attribuzione del seggio e solo dopo i vincitori dei collegi uninominali. Un paradosso. È evidente infatti che il candidato del collegio uninominale è quello con maggiore visibilità. È lui che l’elettore presume di scegliere. Invece nel listino prevarranno inevitabilmente i fedelissimi delle segreterie di partito.

Via le pluricandidature
Via inoltre le pluricandidature. Un candidato si potrà presentare solo in un collegio e in un solo listino bloccato proporzionale. In precedenza era prevista la possibilità di presentarsi nel collegio e in tre diverse liste circoscrizionali. In favore hanno votato Pd, M5s, Lega, Mdp e Fi, per la quale però Francesco Paolo Sisto ha sollevato dei dubbi.

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