Questa volta il M5s non ci ha sorpreso. Cinque anni fa ci fu il caso Parma. L’anno scorso ci furono i casi di Roma e Torino e le 19 vittorie nei 20 ballottaggi. Quest’anno niente. Non essere riuscito a piazzare alcun candidato al secondo turno in nessun comune capoluogo, e solo 10 candidati nei 160 comuni superiori ai 15.000 abitanti, è un brutto segnale per il Movimento. Le elezioni amministrative non sono mai state il suo terreno preferito, ma ci si poteva aspettare che sulla scia dei risultati dello scorso anno avrebbe mostrato dei progressi nella selezione di una classe dirigente a livello locale capace di competere con i partiti tradizionali. Evidentemente non è così. E questo nonostante il fatto che a livello nazionale la stima delle intenzioni di voto lo diano di volta in volta al primo o al secondo posto con percentuali che oscillano tra il 25 e il 30%. Numeri molto lontani da quelli ottenuti in questa tornata elettorale che in molte delle città al voto hanno visto il Movimento con percentuali a una cifra. Va da sé che la debolezza dei suoi candidati e del suo radicamento si è riflessa pesantemente sui consensi alla lista, che complessivamente nei 160 comuni ammontano al 10%. I casi Appendino e Raggi restano per ora una eccezione. Ma da qui a profetizzare il tracollo ce ne corre. Per parlare di ritorno al bipolarismo è bene avere qualche dato in più.
A livello locale però è vero che la partita si gioca soprattutto tra centro-sinistra e centro-destra. Nei 160 comuni superiori ci sono state 49 vittorie al primo turno. Di queste 23 sono state appannaggio di Pd e alleati e 11 di Fi e alleati. Nei 111 comuni al ballottaggio il candidato del centro-sinistra è al ballottaggio in 78 casi (in 40 comuni in pole position). Forza Italia, Lega Nord e Fratelli d'Italia sono insieme al ballottaggio in 72 comuni, tra i quali ce ne sono 43 in cui il loro candidato è al primo posto. In questi 111 comuni in cui si voterà Domenica 25 ci saranno 52 sfide dirette tra i candidati del centro-destra e quelli del centro-sinistra. A questi si aggiungono una varietà di altre sfide. Nei 10 comuni su 160 in cui il M5s è al ballottaggio in 5 casi affronterà un candidato del centro-destra e in 4 casi uno del centro-sinistra. Interessante è anche la situazione nei 25 comuni capoluogo. Tre sono già stati assegnati (Cuneo, Palermo e Frosinone). Nei 22 comuni al ballottaggio ci saranno 18 sfide dirette tra centro-sinistra e centro-destra. In 12 casi il candidato di Fi e alleati è primo.
L'esito di tutti questi ballottaggi dipenderà da diversi fattori. Le alleanze che i due contendenti riusciranno a fare nei prossimi giorni. Il livello di astensione che è già stato alto al primo turno e che aumenterà molto probabilmente al secondo. Il fenomeno potrebbe colpire in maniera diversa i due candidati perché non è detto che la loro capacità di rimobilitazione sia la stessa. Un altro fattore molto rilevante potrebbe essere il comportamento degli elettori del M5s. Non sono molti, come abbiamo già fatto notare, ma se decideranno di non astenersi il loro voto potrebbe fare la differenza. In passato hanno preferito più spesso il candidato del centro-destra rispetto a quello del centro-sinistra. È probabile che finisca così anche questa volta. Ma ci saranno differenze interessanti da comune a comune che l’analisi dei flussi metterà in luce.
Per fare un bilancio complessivo di questa tornata elettorale bisogna aspettare Domenica 25. Oggi registriamo il fatto che il centro-destra, anche con un Berlusconi acciaccato, è ancora vivo e vegeto a livello locale. Si è presentato unito quasi dappertutto. Cosa che in passato non è sempre accaduta. Per esempio a Torino e Roma l’anno scorso. Un centro-destra unito è un attore competitivo. Queste elezioni locali ne sono una conferma.
Ma si può estrapolare questa conclusione a livello nazionale ? Per Berlusconi, Salvini e la Meloni non è un problema stare insieme quando si tratta di eleggere un sindaco. Ma non è la stessa cosa eleggere un presidente del consiglio. Quella che una volta chiamavamo la coalizione di Berlusconi non c è più, ma non è ancora nata la coalizione di Salvini. Una volta c’era la secessione a dividere Forza Italia dalla Lega Nord, oggi c’è l'Europa. La secessione era un problema nostro, l’Euro è un problema nostro ma anche dei nostri partners. Berlusconi ci ha abituato a manovre spericolate in nome della unità del centro-destra. La sua capacità di aggregazione è straordinaria. Ma il Berlusconi di oggi non è quello del 1994, del 2001 o del 2008. E soprattutto il Salvini di oggi non è il Bossi di ieri. Su quale programma e su quale candidato premier potrebbero mettersi d’accordo ? Quello che ha funzionato a livello locale non è facilmente replicabile a livello nazionale, soprattutto con una legge elettorale che spinge a stare insieme prima del voto dentro una lista unica.
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