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statement sul paese

Fmi: crescita più forte per l'Italia +1,3% quest'anno, 1% nel 2018-20 ma restano rischi

Il direttore generale del Fondo monetario, Christine Lagarde (AFP)
Il direttore generale del Fondo monetario, Christine Lagarde (AFP)

Grazie ai benefici congiunti di una politica di bilancio moderatamente espansiva, un politica monetaria eccezionalmente accomodante e i bassi prezzi delle materie prime l'economia italiana è proiettata verso una crescita dell'1,3% del prodotto interno lordo quest'anno e un più moderato 1% nel biennio 2018-2020. È in questa correzione al rialzo delle previsioni dello scorso aprile, quando nel “World Economic Outlook” si stimava un +0,8% per il 2017, la prima notizia che arriva dallo “statement” con cui la staff del Fondo monetario internazionale ha concluso la sua missione annuale in Italia, prevista dall'articolo IV dello Statuto. Una correzione che, va detto, non impegna il board dell'Fmi.

Le vulnerabilità che restano
La visione d'insieme sulla ripresa ciclica del nostro Paese resta improntata a cautela e gli analisti del Fmi, che nei giorni scorsi hanno avuto incontri ad alto livello con le principali istituzioni economiche nazionali accompagnati dal direttore esecutivo Carlo Cottarelli, fin dalle prime battute del loro report mettono in guardia sulle vulnerabilità di fondo della nostra economia e i rischi cui è esposta. Al ritmo attuale, si mette in luce come a voler allontanare facili entusiasmi, che, a un decennio dallo scoppio della grande recessione, il reddito pro-capite degli italiani potrebbe tornare sui livelli pre-crisi solo tra alcuni anni.

Che cosa pesa sulle ali dell'economia nazionale è chiaro da anni nelle diagnosi washingtoniane: bassa produttività e bassi investimenti (la cui spesa aggregata resta sotto il picchi pre-crisi del 25%), un elevato debito pubblico e un sistema bancario che ancora porta nei suoi bilanci l'eredità pesante della recessione. In questo contesto, nel breve termine i rischi sono al rialzo, anche grazie alla buona intonazione del ciclo che si registra nell'intera eurozona.

E proprio per questo non si deve allentare la tensione sul fronte delle riforme strutturali. Perché se qualche variabile esterna dovesse innescare nuove instabilità finanziarie (le mosse dell'amministrazione Trump, i negoziati per la Brexit) l'Italia rischia di perdere lo spazio recuperato faticosamente rispetto ai suoi partner europei.

Nei sei punti in cui è riassunto il “concluding statement” vengono affrontati tutti i fronti di policy aperti sul tavolo del governo. E non mancano le critiche severe, come quella per la mancata approvazione della legge sulla concorrenza. Sulla finanza pubblica si afferma che il momento è favorevole per un aggiustamento fiscale e che gli attuali obiettivi programmatici (deficit/Pil 2018 all'1,2%; anche se le intenzioni governative sono per una manovra più espansiva) sono certo appropriati ma per garantire una traiettoria discendente del debito/Pil meglio sarebbe andare oltre il pareggio di bilancio per arrivare e mantenere un avanzo strutturale almeno dello 0,5%.

Da ribilanciare la pressione fiscale
Il capitolo più sfidante, per la politica nazionale, è probabilmente quello sul fisco. Gli analisti Fmi tornano a premere per un ribilanciamento della pressione fiscale, con un alleggerimento su lavoro e capitale e un appesantimento su consumi e abitazioni, con l'invito su quest'ultimo fronte a realizzare la (promessa) riforma del catasto. Mentre sulla spesa, detto che la spending review deve proseguire, vengono rilevati margini di miglioramento (risparmio) sia nella spesa sanitaria si in quella pensionistica, con l'invito alla massima attenzione sul targeting degli eventuali interventi, mentre il piano antipovertà in fase di decollo andrebbe rafforzato ed esteso.

Banche e piani di smaltimento Npl
Infine il focus sulle banche. I piani di smaltimento delle sofferenze (Npl) devono essere “ambiziosi e credibili” devono riguardare tutte le banche, comprese quelle minori, e la Vigilanza deve accompagnare con le proprie valutazioni gli istituti con una capacità di gestione interna più debole. Mentre sul fronte del recupero crediti bisogna fare di più: le procedure fallimentari vanno allineate alle migliori pratiche europee, i tribunali per le imprese rafforzati. Per le banche interessate da operazioni di ricapitalizzazione precauzionale, infine, «la ricapitalizzazione deve essere veloce ed efficace».

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