Il Consiglio dei ministri ha approvato, a quanto si apprende, un Dl che sospende il pagamento di un bond subordinato da 150 milioni emesso da Veneto Banca e in scadenza il prossimo 21 giugno. Il provvedimento è uno dei passaggi fondamentali nel tentativo di salvataggio delle due banche venete, Popolare di Vicenza e Veneto Banca, che dovrebbe comprendere anche un intervento di privati per oltre un miliardo prima di poter accedere alla ricapitalizzazione precauzionale chiesta a Bruxelles. I negoziati tra l'Italia e la Commissione Ue sono ancora in corso.
Sospensione bond per sei mesi
Il decreto varato questa sera dal governo prevede la proroga della scadenza dei bond delle banche che hanno richiesto l'intervento dello Stato per sei mesi. È quanto si legge nel provvedimento, secondo cui «la proroga non comporta inadempimento». Il decreto rileva come nella redazione del precedente dl Salva Banche non era stata prevista una norma di "freezing" e per questo in considerazione della durata «non prevista» dei negoziati con la Ue, la mancanza di una tale norma rischia di creare disparità di trattamento fra i creditori.
L’operazione di sistema
Il congelamento del bond permetterà di lavorare con un po’ di pressione in meno all'operazione di sistema per reperire gli 1,2 miliardi di euro chiesti dalla Ue a copertura delle perdite attese dalle banche venete. Oltre alla disponibilità di Intesa e Unicredit, aperture sono arrivate da Poste, Iccrea e Unipol. Ma buona parte del sistema bancario resta freddo. Il governo potrebbe però mettere sul piatto un contributo al fondo esuberi del sistema bancario, così da agevolare la ristrutturazione del settore.
Mps, i fondi lasciano il tavolo dei negoziati
Intanto si complica la trattativa per la cartolarizzazione di 26 miliardi di sofferenze da parte di Mps. I fondi che dovrebbero affiancare Atlante 2 nella sottoscrizione delle tranche junior e mezzanine, quelle più rischiose, si sono alzati dal tavolo dei negoziati sbattendo la porta. All'origine delle divisioni ci sarebbero le condizioni della cartolarizzazione, che i fondi avrebbero voluto ancora più vantaggiose, con il rischio però di mettere in discussione l'impianto condiviso con la Bce e l'Unione Europea. Non è ancora chiaro se la rottura sia definitiva - nel qual caso andrà formalizzata attraverso una comunicazione ufficiale dei fondi a Mps e ad Atlante - o se si tratti di una posizione negoziale che mira a spuntare un prezzo più basso, approfittando della necessità di chiudere entro il 28 giugno, quando scadrà l'esclusiva con Atlante.
Lo schema per sottoscrivere le due tranche prevedeva l'esborso di 1,7 miliardi di euro, di cui la metà in capo ad Atlante 2 e la restante parte ai fondi Fortress, Elliott e a Credito Fondiario. «Le trattative proseguono con Atlante 2, siamo fiduciosi di chiudere entro il termine del 28 giugno», hanno riferito fonti vicine alla banca. Posizione condivisa anche da Quaestio. Certo è che un'eventuale uscita dei partner complica la partita: Atlante 2, che ha in cassa 1,7 miliardi, si è infatti impegnata a investire 450 milioni sulle banche venete e, senza l'apporto di Elliott e Fortress, dovrebbe dirottare tutta la sua cassa sull'istituto senese.
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