Ai dubbi di costituzionalità ora si sono aggiunti dei caveat di tipo economico. E la riforma dei vitalizi dei parlamentari che doveva ottenere il sì della Camera a fine maggio ora sembra destinata a un orizzonte temporale ben più lungo. Nonostante l’asse Pd-M5S sembrasse consolidato su questa riforma, in casa dem sono sorte nuove perplessità e, complice, l’allontanamento delle urne, il partito di Renzi ha deciso di prendersi più tempo per riflettere sulla convenienza (anche politica) di questo provvedimento. Che estende (anche retroattivamente) il sistema contributivo alle pensioni dei parlamentari.
Chiesto il parere del Mef
Ieri il relatore del Ddl in commissione bilancio Maino Marchi (Pd) ha chiesto e ottenuto (con l’appoggio di Rocco Palese, ieri stesso ritornato in Forza Italia) che sul provvedimento venga redatta una relazione tecnica sulla fattibilità economica. Il Governo si è riservato di decidere. Ma è ormai certo che il Ddl non andrà in Aula se non avrà la bollinatura del ministero dell’Economia e della Ragioneria. «Per il passaggio al contributivo bisognerà costituire un fondo - spiega Marchi - perché in passato qui in Parlamento non sono stati versati contributi, sarà necessaria una gestione separata Inps, occorre capire quale sarà l’impatto anche sull’istituto di previdenza, non si può improvvisare». Per i dem il rischio ricorsi - anche alla Corte costituzionale - è dietro l’angolo. Da qui la decisione di chiedere la consulenza al Mef.
Cinque stelle all’attacco
Ma i Cinque stelle sentono odore di bruciato. «Di solito la relazione tecnica al Mef si chiede quando all’esame sono provvedimenti di spesa non di risparmio come questo - obietta il grillino Vincenzo Caso che siede in commissione Bilancio a Montecitorio -. Nutriamo il sospetto che il Pd voglia tornare sui suoi passi. Anche perché nel suo intervento Marchi ha parlato anche di dubbi sulla costituzionalità del provvedimento».
Insomma, per il Movimento Cinque stelle tutto lascia pensare che sia un corso un ripensamento da parte del partito di Renzi sull’opportunità di approvare la riforma. Ma il Pd Marchi si difende: «Faccio notare che quando abbiamo votato sulla richiesta di un approfondimento del Mef nessuno, dico nessuno, in commissione si è opposto». Quel che è sicuro, al momento, è che il Ddl Richetti è scomparso dal calendario dei lavori d’aula di Montecitorio della prossima settimana. Bisognerà aspettare il parere di Mef e Ragioneria, poi l’eventuale via libera della commissione Bilancio e, infine, l’esame dell’Aula della Camera. E questo, se ci si arriverà, sarà ancora solo il primo sì.
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