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ddl al senato

Ius soli, Salvini: con M5s posizioni comuni. Galantino (Cei): c’è chi ha cambiato idea per interesse

«La sinistra ha bisogno di nuovi elettori o nuovi schiavi o nuovi iscritti ai sindacati. Gli stessi immigrati regolari in Italia chiedono più sicurezza, meno tasse e migliori ospedali e non la “targhetta” della cittadinanza». Il leader della Lega Matteo Salvini, dai microfoni de “L'intervista” su SkyTg24, ha lanciato un nuovo affondo contro la legge sullo ius soli (ossia sui nuovi criteri per la cittadinanza italiana ai figli dei migranti) in discussione in Senato. E dopo aver smentito l’incontro segreto (avvenuto secondo “Repubblica” un paio di settimane fa) con Davide Casaleggio («Se devo incontrare qualcuno non lo faccio di nascosto. Non ho mai incontrato o parlato nella mia vita con Di Maio e Casaleggio»), ha ammesso una consonanza di vedute con il M5s sui temi dell’immigrazione. «Finalmente - ha detto - su alcuni temi i 5 stelle raggiungono posizioni di buon senso, come su cittadinanza e migranti». E ha aggiunto: Non ho bisogno di incontrare Grillo, Di Maio e Casaleggio per fare la stessa battaglia su sicurezza e giustizia». Lega, insieme a Fratelli d'Italia, già minaccia di raccogliere firme per il referendum abrogativo delle nuove norme sullo ius soli se dovessero diventare legge.

Galantino (Cei): c'è chi è contro per propri interessi
Dai vescovi è arrivato un monito sulle strumentalizzazioni politiche. «Siamo preoccupati per come si sta affrontando questo problema, persino con gazzarre ignobili in Aula. Sono temi molto importanti. Ci sta che qualcuno sia contrario. Ma vedo che c'è chi ha cambiato idea. E ora fa politica unicamente per rincorrere il proprio successo, perché vuol fare solo il proprio interesse. È antipolitica, e il Papa certamente non sta aiutando l'antipolitica» ha detto monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, parlando alla Repubblica delle Idee a Bologna. Probabile il riferimento al M5s, citato invece esplicitamente dal vescovo ausiliare di Roma Guerino Di Tora, presidente della Fondazione Migrantes e della Commissione Cei sulle migrazioni, che in un'intervista al Corriere della Sera ha parlato di «posizione perlomeno ambigua» sullo ius soli da parte del M5s. Con chiosa finale: «In una situazione nella quale si tratta di umanità e di diritti fondamentali, non mi pare molto coerente con lo spirito di San Francesco». Uno spirito rivendicato da Grillo durante la marcia Perugia-Assisi per il reddito di cittadinanza. A Galantino ha replicato così il leghista Roberto Calderoli: «Cari vescovi pensate agli italiani senza lavoro, casa e pensione dignitosa e lasciate che sia il Pd a pensare a coltivarsi il bacino elettorale degli immigrati».

Romani (Forza Italia): basta slogan, automatismo è inaccettabile
Contraria allo legge sullo ius soli anche Forza Italia. «Rendere l’acquisizione della cittadinanza un automatismo, un diritto acquisito senza alcun o minimo dovere è inaccettabile ed offensivo nei confronti della nostra storia, della nostra
cultura e dei nostri valori» ha attaccato Paolo Romani, capogruppo di FI al Senato. Gli ha fatto eco il governatore della Liguria Giovanni Toti: «Noi siamo moderati ma non stolti - ha dichiarato - la legge sullo ius soli è sbagliata e non è certo la priorità del Paese».

Lo scontro a distanza tra Gentiloni e Grillo
Ieri intanto è andato in scena uno scontro a distanza tra Beppe Grillo e Paolo Gentiloni sullo ius soli. Il leader M5s, sul blog, ha definito il disegno di legge «un pastrocchio invotabile». E ha conferma al Senato il voto di astensione (che a palazzo Madama vale però come voto contrario) già espresso alla Camera. Mentre il premier, dal palco bolognese de “La Repubblica delle Idee”, prima ha sottolineato come sia arrivato il momento che «i bimbi nati in Italia vengano considerati italiani», poi ha auspicato che il Parlamento «faccia presto» ad approvare la riforma, definita «un atto doveroso e di civiltà». Una posizione pressoché identica a quella del ministro dell'Interno Marco Minniti che, sempre a Bologna, ha invitato «a non seguire i cattivi maestri» nell'odio razziale perché i bambini che «parlano, leggono e studiano l' italiano», che sono nati in Italia non «c'entrano nulla con la paura». «Voteremo il testo al Senato», ha assicurato un altro ministro: quello degli Esteri Angelino Alfano (Ap), anche se “non rientra certo tra le priorità» e il «momento scelto per esaminarlo è sbagliato».

L’attuale disciplina
Attualmente il cittadino straniero nato in Italia ha diritto alla cittadinanza una volta diventato maggiorenne a condizione che vi abbia risieduto fino a quel momento «legalmente e ininterrottamente» e dichiari entro un anno dal compimento dei 18 anni, di volerla acquisire. La cittadinanza può essere poi acquisita per matrimonio (purché in possesso di requisiti resi più stringenti dalle norme sulla sicurezza emanante in questi anni) oppure per naturalizzazione cioè concessa (con Dpr, sentito il Consiglio di Stato), su domanda dell'interessato, a chi risiede in Italia da almeno 1o anni se cittadino extra Ue e quattro se europeo.

Le modifiche in Parlamento: ius soli “temperato” e ius culturae
Il Ddl incardinato in aula introduce uno ius soli temperato con il diritto alla cittadinanza per i figli degli immigrati nati in Italia purché uno dei due genitori sia in possesso di permesso di soggiorno permanente o di permesso di lungo periodo. Nel primo caso si tratta di un permesso di soggiorno rilasciato ai cittadini comunitari che abbiano soggiornato legalmente e in via continuativa per cinque anni nel territorio nazionale. Nel secondo caso di un permesso a tempo indeterminato rilasciato al cittadino extracomunitario che risieda legalmente da cinque anni in Italia, che abbia un reddito e un alloggio adeguato e abbia superato un test di conoscenza della lingua italiana. Ma non solo. Può acquisire la cittadinanza (necessaria la dichiarazione di volontà) il minore nato da genitori stranieri oppure arrivato in Italia prima dei dodici anni quando abbia frequentato nel nostro paese un percorso formativo per almeno cinque anni. Potrà anche chiederla chi non ancora maggiorenne sia entrato in Italia, vi risieda da almeno sei anni e abbia frequento un ciclo scolastico ( o un percorso di istruzione professionale) ottenendo un titolo di studio (o una qualifica).

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