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Statali, i contratti azzerano la spending

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PUBBLICO IMPIEGO

Statali, i contratti azzerano la spending

(Agf)
(Agf)

Dopo la lunga fase di riscaldamento di questi mesi, la prossima settimana entreranno nel vivo le trattative ufficiali sul rinnovo dei contratti degli oltre tre milioni di dipendenti pubblici. È atteso a giorni il via libera del ministero dell’Economia alla direttiva “madre” della Funzione pubblica, dedicata alla pubblica amministrazione centrale (ministeri, fisco, enti pubblici e così via), che sarà replicata più o meno fedelmente in amministrazioni territoriali, scuola e sanità. Il processo si chiuderà in inverno, con la prossima legge di bilancio. E, inevitabilmente, cancellerà i risparmi dell’unica voce di spesa pubblica corrente (interessi a parte, che però hanno goduto dello scudo della Bce più che delle politiche nazionali) che in questi anni è diminuita davvero: la spesa per il personale.

I numeri

Il conto è presto fatto. Nel 2016, spiega l’Istat, le pubbliche amministrazioni hanno dedicato al personale 164,1 miliardi di euro, cioè il 3,3% in meno dei 169,6 miliardi spesi alla stessa voce nel 2011. Il risparmio nominale, insomma, è stato di 5,5 miliardi. L’accordo firmato con i sindacati il 30 novembre scorso promette aumenti medi da 85 euro al mese, che con i contributi producono un costo intorno ai 110 euro, cioè 1.430 euro per 13 mensilità. Per garantirlo ai 3,26 milioni di dipendenti pubblici in servizio servono circa 4,7 miliardi all’anno: aggiungendo al conto l’allargamento del turn over, che in pratica triplica gli spazi per le assunzioni nei Comuni con conti e organici in ordine, e le promozioni interne sbloccate dalla riforma, superare i 5 miliardi non sarà difficile.

Proprio per questa ragione, le attenzioni sono tutte concentrate sulla manovra d’autunno. Finora, infatti, a disposizione dei rinnovi ci sono 1,2 miliardi per le amministrazioni centrali e più o meno altrettanti per le altre Pa (sanità, regioni, enti locali e così via), e compito della prossima legge di bilancio sarà quello di raddoppiare le poste in gioco: a meno di non volersi fermare lontano dagli 85 euro indicati dall’accordo di novembre, provocando però un’ovvia rottura con i sindacati.

Doppio meccanismo

Attenzione: dal punto di vista dei conti pubblici, i meccanismi sono diversi a seconda delle amministrazioni. Nella Pa centrale si tratta di uno stanziamento diretto di spesa, che va appunto previsto in manovra, mentre nelle altre articolazioni sono i singoli bilanci a dover trovare le risorse che servono per gli aumenti, e che vengono imposte con decreto di Palazzo Chigi perché siano proporzionali a quelle messe sul piatto per i ministeri. In pratica, quindi, ai rinnovi dovrà andare una quota del fondo sanitario nazionale, ed è facile prevedere che questo aspetto scalderà le trattative con i governatori in vista della legge di bilancio, e una parte della capacità di spesa di regioni ed enti locali. I costi dei rinnovi contrattuali dribblano i tetti di spesa del personale, ma non i calcoli del pareggio di bilancio, per cui una parte dei nuovi costi andrà a sottrarre risorse prima destinate ad altri scopi. La casella del costo del lavoro, comunque, crescerà parecchio di peso.

Fisso o variabile?

Si tratta, nei fatti, di una dinamica inevitabile dopo otto anni di un blocco pensato inizialmente come triennale, e poi prorogato in nome di un’emergenza dei conti pubblici che non poteva essere eterna. Il lungo congelamento, però, rende più complicata una ripartenza della macchina ordinata, e in linea con gli obiettivi della nuova riforma del pubblico impiego.

Da questo punto di vista, la domanda chiave è una sola, molto semplice: dove devono andare a finire gli 85 euro? La busta paga dei dipendenti statali è divisa in due grandi voci: il tabellare, cioè la parte fissa uguale per tutti i dipendenti che fanno parte della stessa «posizione economica», e hanno quindi lo stesso inquadramento, e le componenti accessorie, legate a voci specifiche (turno, straordinari eccetera) e alla (tristemente) famosa «produttività». La riforma del pubblico impiego appena approvata prova a rivitalizzare proprio questa parte, cercando di legare una quota crescente delle risorse variabili ai risultati effettivi raggiunti davvero dagli uffici e dai loro lavoratori. Già il “pre-partita” delle trattative, con l’incontro della scorsa settimana fra i sindacati e l’Agenzia che rappresenta la Pa come datore di lavoro (l’Aran), ha mostrato che le distanze fra le parti sono significative. «A scanso di qualsiasi equivoco - ha dichiarato per esempio la Uil al termine dell’incontro - abbiamo puntualizzato che l’incremento salariale di 85 euro si riferisce esclusivamente al trattamento tabellare». Posizione ampiamente maggioritaria fra i sindacati, ma difficile da conciliare con gli obiettivi di governo e Aran che, come mostra una nota della stessa agenzia dopo il primo confronto, chiedono di «legare il più possibile quote di salario accessorio a obiettivi di organizzazione che siano individuabili e riconoscibili come miglioramenti concreti». Ma aumentare le voci collegate alla produttività dedicando tutti i soldi al tabellare non è semplice.

L’incognita 80 euro

Da risolvere c’è poi una grana che riguarda solo una parte dei dipendenti pubblici, ma rischia di complicare molto il confronto. Si tratta del bonus da 80 euro, che scende progressivamente quando il reddito va da 24mila a 26mila euro e può essere azzerato dagli aumenti contrattuali. Gli 85 euro si traducono infatti in 1.105 euro lordi all’anno, che porterebbero fuori dal raggio d’azione del bonus chi oggi ha redditi intorno ai 25mila euro. L’accordo del 30 novembre ha promesso ambiziosamente di sterilizzare l’incrocio fra aumenti e bonus, per evitare un gioco a somma zero per i diretti interessati. Ma passare ai fatti è difficile. Il diritto al bonus si misura con il reddito complessivo e non solo con quello da lavoro dipendente, per cui è praticamente impossibile identificare ex ante la platea da “tutelare”. Anche per questo, le bozze di direttiva già appaiono meno tranchant sul punto, e lasciano alla contrattazione il compito di individuare «eventuali» meccanismi di salvaguardia. Ma la partita è solo all’inizio, e promette spettacolo.

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