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Mediterraneo mercato da 500 milioni di consumatori. E l’Italia…

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IL FORUM ECONOMICO AD AGRIGENTO

Mediterraneo mercato da 500 milioni di consumatori. E l’Italia guarda alla Libia

Mentre l’Italia con la mano destra lavora per la stabilizzazione politica della Libia, con quella sinistra si muove per non rimanere indietro quando l’economia di quel paese sarà pronta a ripartire. Nella conferenza stampa di presentazione del primo forum economico italo libico, che si terrà domani ad Agrigento, il ministro degli Affari esteri Angelino Alfano ha parlato di «un nuovo potente segnale della volontà dell'Italia di tendere la mano alla Libia». Oggi, nella cornice della Valle dei Templi della città siciliana, è stata sottoscritta una Dichiarazione congiunta italo-libica sul rilancio della cooperazione economica.

Il mercato del Mediterraneo
La Libia si inserisce in un mercato più ampio, che è quello del Mediterraneo. Secondo le stime della Farnesina, un mercato da 500 milioni di consumatori, il 10% del Pil mondiale, il 20% del traffico marittimo e il 30% del commercio di petrolio. Con la caduta del regime di Gheddafi nel 2011 l’Italia ha perso influenza in Libia ma può ancora contare su una rete di conoscenze e un bagaglio di relazioni economiche. La situazione politica del paese è ancora molto confusa: a Tripoli il governo di unità nazionale presieduto da al-Sarrag è debole (solo tre ministeri attivi: Esteri, Interno e Difesa).

Tra emergenza migranti, stabilità politica e opportunità di business
L’Italia si muove lo stesso. E lo fa soprattutto per due motivi. Il primo: stabilizzare il più possibile un’area dalla quale partono gran parte dei migranti che sbarcano sulle coste italiane (oltre 85mila persone nel 2017, +19,4% rispetto all'anno precedente).

Opportunità per le aziende italiane dopo la stabilizzazione
Il secondo motivo (strettamente connesso con il primo) è: cominciare a ragionare già da oggi sulle prospettive che si apriranno nel mercato libico per le imprese italiane, una volta ristabilite le necessarie condizioni di sicurezza e, quindi, sul futuro posizionamento del sistema economico italiano in Libia.

Prospettive nelle infrastrutture
Il 22 maggio è stata riattivata la Commissione mista italo-libica in materia di infrastrutture, prevista dall'art. 9 del Trattato di Amicizia del 2008. Precedenti lavori della Commissione avevano consentito di identificare nell’autostrada costiera il progetto infrastrutturale di base. Il progetto definitivo, approvato il 15 giugno 2010, prevede una estensione totale di circa 1700 km e l’attraversamento di tutta la Libia, collegando il confine con la Tunisia a quello con l'Egitto secondo un'articolazione in 4 lotti. In una riunione che si è tenuta di recente è stata certificata la volontà di entrambe le parti di proseguire nell'attuazione del progetto.

Lo stato di salute dei rapporti economici tra Italia e Libia
Da dove partiamo quando si parla dei rapporti economici tra Italia e Libia? I numeri dicono che l’Italia ha bisogno della Libia più di quanto la Libia abbia bisogno dell’Italia. Secondo i dati del ministero dello Sviluppo economico, nel 2016 (dati provvisori) abbiamo esportato beni per circa un miliardo di euro e abbiamo importato dalla Libia beni per 1,8 miliardi. Importiamo più di quello che esportiamo.

L’Italia ha bisogno del greggio e del gas naturale libico
Che cosa importiamo? Petrolio greggio (885 milioni di euro pari a oltre il 48% del totale), gas naturale (747 milioni, il 41,1% del totale) e prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio (149 milioni, l’8,2% del totale delle importazioni).
Che cosa esportiamo? Prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio (550 milioni, il 51,1% del totale dell’export in quel paese), frutta e ortaggi lavorati e conservati (112 milioni, il 10,4%) e macchine di impiego generale (43 milioni, il 4%).

Il punto sull’interscambio: non positivo
L'interscambio commerciale si è progressivamente ridotto negli ultimi anni, arrivando nel 2016 a quota 2,8 miliardi di euro: nel 2008 i miliardi erano 20, 12 nel 2009 e 14 nel 2010. Poi è arrivato il 2011, e la caduta di Gheddafi: l'interscamio tra Italia e Libia ha registrato il picco più basso: appena 4,5 miliardi di euro (-64,4% rispetto al 2010, un vero e proprio crollo). Già l'anno successivo la situazione è migliorata: oltre 15 miliardi. Poi, dal 2013 il valore è tornato a diminuire.

L’economia libica si regge sulla vendita di petrolio
Per la Libia le uniche entrate sono quelle che scaturiscono dalla vendita di gas e petrolio (ha riserve accertate di circa 48 miliardi di barili, pari al 3,5% del totale mondiale). Nel 2010 la Libia aveva un pil (prodotto interno lordo) di circa 75 miliardi di dollari, uno dei più alti della regione; nel 2016 è sceso a 25 miliardi di dollari. Nel 2012 il reddito pro capite era di 13 mila dollari, nel 2016 di 4.500. All’epoca di Gheddafi il Paese produceva circa 1,6 milioni di barili al giorno. Oggi siamo a poco più di un terzo. L’unica compagnia straniera che ha continuato sempre a produrre nel paese è l’Eni (che sul territorio è percepita anche come una compagnia libica). La svalutazione della valuta della Libia (il dinaro) ha fatto sì che si sviluppasse il mercato nero e il business dell’immigrazione irregolare.

Il sostegno ad al-Sarrag
Roma, prima con il governo Renzi e poi con quello Gentiloni, si è posta al fianco del Governo di Accordo Nazionale (Gan) presieduto da Fayez al-Sarrag, l’esecutivo sostenuto dalle Nazioni Unite all’indomani dell’Accordo politico libico di al - Sahirat del dicembre 2015. L’Italia ha anche cercato di favorire i contatti tra tutti gli esponenti libici, primo fra tutti Halifa Haftar, il generale al comando dell’Esercito nazionale libico contrario all’accordo politico del 2015 e sostenuto da Russia , Egitto ed Emirati Arabi Uniti). L’Italia è stato il primo tra i Paesi occidentali a riaprire l'Ambasciata a Tripoli (gennaio scorso) e il primo anche a riaprire il servizio dei visti, in questi giorni anche nell’Est del Paese. Una posizione in prima linea. Come la cronaca impone.

Varvelli (Ispi): interessi italiani in Tripolitania
«Non abbiamo scelta - spiega Arturo Varvelli, ricercatore dell’Ispi (l’Istituto per gli studi di politica internazionale) - dobbiamo avere delle ottime relazioni con cho governa la Tripolitania (il “premier” libico riconosciuto dalla comunità internazionaleal-Sarraj ndr). Qui c’è una parte rilevante dei nostri interessi economico-commerciali ed energetici. È quindi interesse dell'Italia - conclude Varvelli - mantenere buone relazioni con chi è in controllo di questa parte del paese, anche svolgendo un ruolo di mediazione e cercando di facilitare una ricomposizione del quadro politico e militare libico».

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