Aiutare i ragazzi a inserirsi stabilmente in azienda «con una riduzione strutturale dei contributi», proseguendo così sulla strada tracciata dal Jobs act (e ora affievolitasi). Far decollare davvero il link scuola-impresa, «premiando il merito e disegnando un’offerta didattica in linea con le esigenze di territori e mondo produttivo» (ogni anno ci sono circa 60mila profili che i datori non riescono a trovare, «un numero che deve essere progressivamente ridotto»). Accompagnare, in modo duraturo, la rivoluzione indotta da Industria 4.0 con «un adeguato investimento in formazione» per far sì che il personale si riqualifichi e utilizzi al meglio le nuove strumentazioni, «potendo contare pure sull’apporto dei Fondi interprofessionali». «Su giovani e lavoro non possiamo più perdere altro tempo – rilancia il vice presidente per il Capitale umano di Confindustria, Giovanni Brugnoli –. Il direttore di questo giornale, Guido Gentili, ha ragione: la legge di Stabilità 2018 non può trasformarsi nel festival delle promesse pre-elettorali. Servono piuttosto interventi mirati ed efficaci. A partire da una nuova filiera educativa».
Rilanciare l’alternanza scuola lavoro
Il punto è che oggi l’asticella delle competenze è sempre più elevata, perché bisogna fare i conti con innovazione, nuove tecnologie, rapidi cambiamenti del mercato. Istituti scolastici e università si stanno impegnando a recuperare il gap, tentando di venire incontro alle esigenze degli imprenditori. Ma purtroppo continuiamo ad avere, seppur in diminuzione, un elevato tasso di disoccupazione giovanile (a giugno l’asticella si è attestata al 35,4%, ha reso noto la scorsa settimana l’Istat, siamo agli ultimi posti in Eurolandia, peggio di noi solo Spagna e Grecia e siamo lontanissimi dal 6,7% della Germania, prima della classe). Per questo, è necessario rilanciare l’alternanza, «che deve rappresentare il settore giovanile delle imprese», ha spiegato Brugnoli. Attualmente, i datori che hanno accolto studenti in formazione “on the job” sono stati circa il 10% (nella manifattura siamo al 10,6%, mediamente gli imprenditori hanno aperto le porte a 1,3 ragazzi a testa potendo contare su una loro presenza “sul campo” compresa tra 1 e 3 settimane). «Dobbiamo fare di più – ha detto Brugnoli –. Come Confindustria abbiamo istituito il bollino per l’alternanza di qualità, proprio per incentivare le aziende ad accogliere alunni e valorizzare i casi di eccellenza. Mi aspetto, ora, che anche il governo faccia la sua parte, premiando le best practice e riconoscendo gli sforzi formativi delle imprese».
La scommessa dei titoli di studio brevi
L’idea di fondo è formare competenze 4.0 utili, cioè, al mondo del lavoro, anche alla luce delle sfide indotte da Industria 4.0. E qui possono giocare un ruolo fondamentale anche gli Its, le super scuole di tecnologia post diploma, partecipate dalle aziende, e le nascenti lauree professionalizzanti (purché non si sovrappongano - proprio per questo Confindustria ha proposto le lauree industriali manifatturiere). La scommessa è arrivare a dei titoli di studio brevi e subito pratici in linea con le esigenze dell’industria (del resto, l’Italia è la seconda manifattura in Europa, la settima nel mondo - «ma spesso ce lo dimentichiamo», ha bacchettato Brugnoli). Insomma, si deve puntare su più ore di stage e su uno scambio continuo tra didattica teorica e laboratoriale. Inoltre, vanno triplicati gli alunni degli Its (oggi circa 9mila), con un robusto incremento dei fondi (sarebbe opportuna una programmazione almeno triennale per dare certezze a tutti i soggetti coinvolti) e una decisa semplificazione (a partire dalla governance).
Investire su giovani e formazione continua
L’orizzonte deve essere un investimento sui giovani e più in generale, sulla formazione continua. Sull’inserimento dei ragazzi, l’idea del governo di uno sgravio contributivo sui contratti a tempo indeterminato «può essere una prima risposta – ha commentato il vice presidente di Confindustria –. Serve però una riduzione strutturale visto che in Italia c’è un cuneo elevatissimo che frena crescita e assunzioni». E poi va spinto l’apprendistato, a oggi l’unico contratto vigente a contenuto formativo. Disco verde pieno invece sulla proposta dell’esecutivo di introdurre un bonus per gli imprenditori che hanno bisogno di ri-orientare le competenze dei propri lavoratori per affrontare le nuova rivoluzione industriale: «È una buona idea – ha concluso Brugnoli -. A patto però che lo strumento sia semplice da utilizzare e senza troppi adempimenti burocratici».
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