È una delle agevolazioni più utilizzate, tant’è vero che appare nella maggior parte dei rogiti per l’acquisto di abitazioni. La “prima casa” consiste principalmente, a seconda dei casi, nell’abbattimento dell’Iva dal 10 al 4% e dell’imposta di registro dal 9 al 2% (o all’1,5% se si tratta di un acquisto effettuato per il tramite di un contratto di leasing).
Anche perché l’enunciazione di un principio di diritto da parte della Cassazione – peraltro non a Sezioni unite – obbliga ad uniformarsi unicamente il giudice della causa del merito. La sentenza 11504/2017, perciò, seppur storica, non ha “scritto” il futuro dell’assegno divorzile, né può impedire soluzioni che guardino ancora al criterio del tenore di vita (si veda l’articolo in basso).
In questa nuova prospettiva assume, inoltre, un rilievo centrale la definizione dei criteri che individuano l’autosufficienza e l’indipendenza economica dell’ex coniuge più debole.
Il verdetto spartiacque
La sentenza 11504/2017 ha chiuso l’era del matrimonio come sistemazione definitiva e dell’assegno come “rendita parassitaria”. Del resto, secondo la Corte, il divorzio estingue definitivamente ogni rapporto tra i coniugi, anche patrimoniale. Di conseguenza, l’assegno – considerata la sua natura assistenziale (per sostenere l’ex bisognoso) – andrà riconosciuto, secondo i giudici della sentenza “Grilli”, solo a chi sia privo dei mezzi sufficienti a vivere (non a conservare il precedente tenore di vita) o non possa procurarseli per ragioni legate all’età, alla salute o al mercato lavorativo.
Una sentenza epocale, quindi, perché stravolge l’assetto consolidato per cui, ritenendosi lo stile di vita coniugale un parametro basilare per il diritto all’assegno, anche il divorziato benestante poteva godere di cospicui mensili e mantenere le abitudini di sempre.
Prima della Cassazione 11504/2017, il tribunale disponeva l’assegno in favore del consorte privo di mezzi adeguati a conservare il tenore di vita familiare, o impossibilitato a procurarseli per motivi oggettivi, considerando i seguenti aspetti:
le condizioni dei coniugi;
le ragioni della decisione;
il contributo personale ed economico alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ognuno o comune;
il reddito delle parti;
anche in relazione alla durata del rapporto.
Secondo l’innovativa decisione, dunque, il mensile è legato all’accertamento dell’autosufficienza economica del soggetto in base a indici precisi:
possesso di redditi;
di cespiti patrimoniali mobiliari e immobiliari;
capacità e possibilità effettive di lavoro;
stabile disponibilità di un’abitazione.
Le conseguenze
Il coniuge che versa un assegno divorzile nelle mani di chi sia – o possa divenire – autosufficiente, potrebbe chiederne la riduzione o, persino, la revoca. Ma è davvero tanto facile, ottenere uno sconto o liberarsi dall’obbligo? Non proprio. Sicuramente la Cassazione ha reso meno scontato il riconoscimento dell’assegno, subordinandolo alla mancanza di mezzi adeguati e all’oggettiva impossibilità di procurarseli (articolo 5, comma 6, della legge 898/70) e sganciandolo dal «tenore di vita» (che, tra l’altro, la legge sul divorzio non cita). Resta il fatto, però, che chi non intende versare il denaro all’ex, dovrà dimostrarne l’autosufficienza o l’inerzia nel raggiungerla: da un lato può essere semplice documentare il possesso di redditi o beni, dall’altro non è agevole provare la capacità al lavoro o le concrete chance di trovarlo.
Pertanto, a chi teme di perdere i soldi a fine mese o voglia chiederli per la prima volta, conviene archiviare domande di lavoro, annunci o iscrizioni al collocamento, che attestino la buona volontà di rendersi indipendente. Ma tutto ha un limite e – come ha sottolineato la Cassazione (sentenza 11538/2017), all’indomani della “decisione Grilli” – non si può chiedere la prova dell’impossibilità di trovare un impiego, specialmente se la non indipendenza si desume anche da altri fattori.
Per il resto, non rimane che affidarsi alla giurisprudenza che, ad esempio, ha già cancellato l’assegno per chi abbia avviato una stabile convivenza (Cassazione, 25528/2016), anche se palesata come mera amicizia (Cassazione, 6009/2017); per il benestante (Tribunale di Roma, 8 gennaio 2016); per il disoccupato che goda di altri redditi (Cassazione, 10099/2016).
© Riproduzione riservata