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Dopo il vertice in prefettura

Migranti accampati in piazza a Roma, vertice in Prefettura: offerti alloggi a famiglie con minori e anziani

Non si è ancora rilsolta la vicenda dei migranti, soprattutto rifugiati eritrei ed etiopi, sgomberati sabato all’alba dal palazzo di via Curtatone, davanti alla sede romana del Sole 24 Ore, a due passi dalla sede del Csm e dalla stazione Termini. I profughi si avviano a trascorrere la quinta notte in strada, accampati nei giardini di piazza Indipendenza, nei pressi dello stabile in cui vivevano. Nell’immobile, al momento, ci sono circa 80-90 persone in situazione di “fragilità” (famiglie con bambini e anziani). Fuori sono accampati soprattutto coppie senza figli e single.

Vertice in prefettura
Il Prefetto di Roma, Paola Basilone, ha convocato questa mattina un Comitato provinciale per l'Ordine e la Sicurezza pubblica al quale, oltre ai vertici delle Forze di Polizia, hanno partecipato la Regione Lazio e Roma Capitale. La soluzione trovata è che le famiglie di migranti con minori, disabili e anziani non autosufficienti presenti nel palazzo di via Curtatone a Roma (per un totale di circa 80 persone), dovrebbero essere ospitate per sei mesi in alloggi messi a disposizione dalla Sea Servizi Avanzati s.r.l. conduttrice dell'immobile sito in via Curtatone, di proprietà di Idea Fimit (specializzata nella gestione di fondi comuni di investimento immobiliare ). Gli immobili sarebbero ubicati in una località nel reatino. Sea «fornirà subito le unità abitative - si legge nel comunicato - senza oneri per l’amministrazione comunale. Le modalità operative dovrebbero essere definite in un tavolo già convocato presso l’assessorato al Patrimonio e alle Politiche abitative del Campidoglio».

«La soluzione messa in campo, che consentirà di procedere a liberare definitivamente e in condizioni di sicurezza l'immobile di via Curtatone - si legge ancora nel comunicato della prefettura -, sarà oggetto di attento monitoraggio da parte della Prefettura che, in prossimità della scadenza del termine dei sei mesi provvederà a convocare un nuovo Tavolo, per verificare le soluzioni nel frattempo messe in campo dagli Enti istituzionali coinvolti per una gestione strutturata della problematica».

Intanto però le donne che vivono nell’immobile con bimbi piccoli sembrano orientate a rifiutare la proposta. «I nostri bambini vanno a scuola qui - dicono alcune donne eritree affacciate alla finestra - come facciamo, soprattutto se tra sei mesi non si sa quale sarà la nostra situazione?».

Alla ricerca di soluzioni
Il Comune ha messo a disposizione temporaneamente 80 posti (per 60 uomini e 20 donne) nelle strutture di accoglienza di Torre Maura e Boccea, che dovrebbero servire a dare ospitalità a una parte dei profughi accampati all’esterno della struttura. Ma finora nessuno dei migranti, che dicono di non volere soluzioni temporanee, ha accettato l’offerta, anche in mancanza - affermano - di soluzioni per gli tutti gli altri. Il tutto mentre fonti del Dipartimento Politiche Sociali di Roma Capitale sostengono che «spesso chi accetta le soluzioni proposte viene minacciato da altri occupanti affinché non accetti più».

La preoccupazione dell’Unhcr
L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr), ha espresso «profonda preoccupazione» per lo sgombero, auspicando che «le autorità a livello locale e nazionale possano trovare una soluzione immediata per le persone attualmente all'addiaccio». «È il Comune di Roma in prima battuta a doversi far carico della situazione, spiegano dall’Unhcr - perché la maggior parte dei rifugiati che vive o vivevano nell’immobile ha la residenza a Roma da molti anni. Si tratta di persone che spesso hanno già beneficiato dall’accoglienza offerta dal circuito Sprar (il sistema di protezione di richiedenti asilo e rifugiati gestito dagli enti locali con fondi del Viminale, ndr) e che si sono trovate senza sostegno, finendo per occupare. Ma l’occupazione andava avanti dal 2013. E di sgombero si parlava ormai da mesi. Colpisce che sia stato effettuato prima di aver trovato soluzioni alternative». Non solo. L’Unhcr spiega che via Curtatone non è un caso isolato, perché sono «3mila i rifugiati che vivono a Roma in immobili occupati». E una parte della persone che ha deciso di non restare accampata in piazza Indipendenza lo ha fatto perché «si è spostata in altri palazzi occupati, aggravando un problema prima o poi destinato a esplodere».

Tensione e lancio di oggetti
Momenti di tensione si sono registrati stamattina. «Alle 7.30 c’è stato un tentativo di sgombero da parte delle forze dell’ordine - racconta Solomon Casadio, operatore della Ong Intersos -. Le persone all’interno dello stabile a quel punto hanno reagito con lancio di oggetti e spazzatura, minacciando di gettare per strada anche alcune bombole del gas. La situazione ha rischiato di degenerare e a quel punto la polizia ha deciso di desistere». Ieri 20 persone hanno accettato l'offerta di sistemazione alternativa proposta dall'amministrazione («a fronte di numerosi rifiuti»). In particolare, sono state assistite donne sole con figli minorenni; disabili; soggetti diabetici, dializzati e affetti da problemi renali. Soggetti «fragili» per i quali Roma Capitale ha dichiarato che avrebbe dato la priorità. Le donne con bambini nella struttura a Boccea. Gli anziani malati o non autosufficienti in quella di Torre Maura sulla Casilina. Le persone in condizioni di fragilità che si trovano all’interno dell’immobile, censite dal Comune, sono però 107.

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