I «flussi crescenti di emigrazione» degli under 40, legati alla mancanza di occupazione, producono «una perdita di capitale umano stimata in 1 punto di Pil l’anno». È la stima del Centro Studi di Confindustria che spiega come nel «solo 2015, con un picco di oltre 51mila emigrati - dai 21mila del 2008 - la perdita si aggira sugli 8,4 miliardi». A questo si aggiunge «la perdita associata alla spesa
sostenuta dallo Stato per la formazione» di giovani che hanno lasciato il Paese, per «5,6 miliardi» dalla scuola primaria all'università, per un totale di «14 miliardi». E si tratta di una stima per difetto, atteso che emigrano più spesso giovani non solo particolarmente motivati ed intraprendenti, ma anche più istruiti. «L'esportazione di capitale intellettuale, oltre a essere una perdita di persone e denaro speso per crescerle e formarle, abbassa il potenziale innovativo del Paese, che nel lungo periodo è il motore della produttività», segnala il Centro studi.
Giovani vera «emergenza»
La bassa occupazione giovanile è il vero tallone d'Achille del sistema economico e sociale italiano. Nel rapporto con la popolazione di riferimento ha una distanza di 10-17 punti (a seconda della fascia d'eta') dalla media dell'Eurozona. «Ciò sta inducendo flussi crescenti di emigrazione che producono
una perdita di capitale umano stimata dal CsC in un punto di Pil all'anno, abbassando così il potenziale di sviluppo». E questo «rappresenta una vera e propria emergenza».
I numeri del divario italiano
L'Italia ha tassi di occupazione giovanili molto ridotti, specie per gli under 30. Nel 2016 un sesto dei 15-24enni era occupato (16,6%), contro poco meno della metà in Germania (45,7%) e quasi un terzo nella media dell'Eurozona (31,2%). Tra i 25-29enni il tasso di occupazione italiano balza al 53,7%, ma il divario rispetto agli altri paesi euro si amplia, da 14,6 a 17,1 punti percentuali. Secondo il Rapporto la posizione relativa dell'Italia comincia a migliorare nella fascia di età immediatamente successiva (30-34 anni), con il tasso di occupazione al 66,3%, 10 punti sotto alla media dell'Eurozona. In Italia, come in quasi tutti i paesi avanzati, l'impatto della crisi sul mercato del lavoro è stato particolarmente marcato per i giovani, e ciò ha acuito la già molto netta segmentazione del mercato del lavoro italiano. Tra il 2008 e il 2014 (finita la seconda recessione) il tasso di occupazione si è ridotto di 8,6 punti percentuali nella classe di età 15-24 anni (da 24,2% a 15,6%) e di 12,6 punti in quella 25-29 (da 64,3% a 51,7%), contro un calo medio di 2,9 punti (da 58,6% a 55,7%). Nel frattempo si è registrato un forte aumento della povertà. La quota di persone povere nella fascia di età 18-34 anni era il 10,0% nel 2016 dal 2,7% nel 2007, contro un aumento totale dal 3,1% al 7,9%.
© Riproduzione riservata