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CsC rialza le stime di crescita: +1,5% nel 2017.…

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il rapporto del centro studi confindustria

CsC rialza le stime di crescita: +1,5% nel 2017. L’emigrazione dei giovani costa un punto di Pil

Il Pil italiano crescerà dell’1,5% quest’anno e dell’1,3% nel 2018. Il Centro studi di Confindustria, nel suo rapporto “Scenari economici”, rialza le stime grazie all’andamento dell’economia che rimane «molto favorevole». Le precedenti previsioni di tre mesi fa indicavano rispettivamente +1,3% e +1,1%. Un dato tanto più positivo se si considera che le stime attuali non includono i possibili effetti della Legge di Bilancio. «Il rialzo - si legge nel rapporto - si spiega, da un lato, con l'andamento marginalmente migliore dell'atteso nel secondo trimestre (+0,4% contro +0,3%) E, dall’altro, è coerente con il tono elevato degli indicatori qualitativi (specie quelli sugli ordini)». A fine 2018 il Pil, secondo gli economisti di viale dell’Astronomia, recupererà il terreno perduto con la seconda recessione (2011-13). Anche se sarà ancora del 4,7% inferiore al massimo toccato nel 2008. Ma resta il gap di crescita tra il nostro Paese e il resto dell’area Euro. Non a caso tirando le conclusioni il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia ha sottolineato che la stagione di riforme «deve continuare», perché «se non ci muoviamo corriamo il rischio di andare di qualche punto dietro, anche perché gli altri Paesi si muovono».

La previsione ufficiale del Governo sul Pil è ferma al Def di aprile, dove si indicava per quest’anno una crescita dell’1,1% del Pil. Ma tutti le maggiori istituzioni e centri di ricerca hanno ritoccato al rialzo le stime del Pil quest'anno. Tra le ultime l’agenzia di rating Moody's che per quest’anno e l’anno prossimo prevede una crescita del prodotto interno lordo dell’1,3%. E anche il governo si appresta a rialzare le stime nella nota di aggiornamento al Def di settembre.

CsC: giovani vera emergenza, tallone d'Achille Italia
Csc sottolinea che la bassa occupazione giovanile è «il vero tallone d'Achille del sistema economico e sociale italiano». Nel rapporto con la popolazione di riferimento ha una distanza di 10-17 punti (a seconda della fascia d'età) dalla media dell'Eurozona. «L'inadeguato livello dell'occupazione giovanile - si legge nel rapporto - sta producendo gravi conseguenze permanenti sulla società e sull'economia dell'Italia, sotto forma di depauperamento de capitale sociale e del capitale umano». Per gli economisti di Confindustria si tratta di «una emergenza», « un «doppio spreco per il Paese» che «si traduce in abbassamento del potenziale di crescita» e «vanifica in parte il potenziale delle riforme strutturali faticosamente realizzate».

Fuga giovani costa 1 punto Pil anno
Non solo. Il Centro studi di Confindustria fa notare anche che i «flussi crescenti di emigrazione» degli under 40, legati alla mancanza di occupazione, producono «una perdita di capitale umano stimata in 1 punto di Pil l’anno». Nel solo 2015, con un picco di oltre 51mila emigrati - dai 21mila del 2008 - la perdita «si aggira sugli 8,4 miliardi». A questo si aggiunge «la perdita associata alla spesa sostenuta dallo Stato per la formazione» di giovani che hanno lasciato il Paese, per «5,6 miliardi” dalla scuola primaria all'università, per un totale di «14 miliardi»

Recuperato un milione posti, ma ancora 7,7 milioni senza occupazione
Il mercato del lavoro, ad ogni modo, considerato nel suo complesso, «non è la cenerentola del recupero» in atto, si legge nel rapporto. Il Centro studi di Confindustria infatti segnala che rispetto al periodo pre-crisi è stato recuperato un milione di posti di lavoro. E che a fine 2018 le persone occupate supereranno di 160mila unità, il picco del 2008. Le persone a cui manca il lavoro, in tutto o in parte, sono però ancora 7,7 milioni. E le retribuzioni reali restano anche nel 2018 sotto i livelli 2007 (-0,9%).

Previsioni prudenti
Le previsioni del CsC sul Pil potrebbero rivelarsi prudenti. Bastano pochi decimali di aumento
aggiuntivo nel terzo (+0,6% invece di +0,45%) e nel quarto (0,4% invece di 0,3%) trimestre 2017 per avere il Pil all’1,6% quest'anno e all’1,4% il prossimo.
Un migliore andamento è più probabile con i dati di produzione industriale di luglio (usciti dopo la chiusura delle previsioni) che confermano l’accelerazione attesa degli investimenti. D’altra parte, le stime del CSC non includono gli effetti della prossima legge di bilancio (che potrebbe migliorare i saldi dello 0,5% del PIL), perché non se ne conoscono reale ammontare e composizione. L’esito del 2018 dipenderà anche dagli incentivi agli investimenti, dalla loro durata effettiva e dalle risorse ulteriori che verranno messe in campo.

Il manifatturiero traina la crescita
Csc sottolinea che il settore trainante del recupero in corso è il manifatturiero, grazie sia alla composizione della crescita della domanda (beni esportabili e mezzi di produzione) «sia al suo ruolo baricentrico nello sviluppo economico». Gli investimenti «mostrano un vivace dinamismo grazie a molti fattori»: migliori aspettative di domanda, basso costo del capitale, saturazione degli impianti, recupero dei margini, risalita recente delle costruzioni. A ciò si aggiungono gli incentivi fiscali che sono «il catalizzatore». Il credito, non costituisce più, come è avvenuto fino allo scorso anno, un freno alla crescita, «ma neppure le fornisce una marcia aggiuntiva. Anche se i prestiti alle imprese aumentano un po' in alcuni settori».

Il ruolo dell’export
Le esportazioni sono la componente più dinamica della domanda. Il made in Italy continua guadagnare quote di mercato. Nel 2018 l’export sarà del 15% sopra i livelli del 2008 e al 32,5% del PIL (dal 26,4% di dieci anni prima). I consumi delle famiglie sono in crescita quasi ininterrotta dall'estate del 2013. I giudizi sugli ordini interni dei produttori di beni di consumo preannunciano un’accelerazione della spesa nel trimestre in corso e una tenuta tra fine 2017 e inizio 2018.

«Risanamento ineludibile, ma regola Ue debito irrealistica»
Il CsC fa notare inoltre che per mantenere la fiducia degli investitori (in vista dei minori acquisti di titoli della Bce) il risanamento dei conti pubblici «è ineludibile, specie in una fase congiunturale positiva». È fondamentale che l’Italia incanali il debito su «un sentiero di rientro», si legge nel rapporto, «benché più graduale dell’irrealistica e controproducente regola europea del Patto di stabilità sul debito». Nel rapporto di previsioni del Centro studi di Confindustria il deficit è previsto in riduzione sul Pil a 2,1% nel 2017 e al 2,3% nel 2018 senza aumento Iva e al netto della manovra. Il debito resta al 132,6% del Pil quest'anno e scende al 131,8% il prossimo.

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