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Rosatellum 2.0, tutti i rischi del nuovo Patto del Nazareno

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L'Analisi|legge elettorale

Rosatellum 2.0, tutti i rischi del nuovo Patto del Nazareno

Sembrerebbe l'ennesimo gioco del cerino tra le forze politiche in modo da addossare agli avversari la responsabilità del fallimento. Eppure l'ultimo tentativo del Pd sulla legge elettorale, il cosiddetto Rosatellum 2.0, potrebbe avere un esito diverso dagli altri. Se non altro per sfinimento, se non altro perché è davvero l'ultima chiamata prima della fine ormai imminente della legislatura per “accontentare” il Capo dello Stato, che da mesi richiama la politica sulla necessità di uniformare i due sistemi elettorali lasciati in piedi dalla Corte costituzionale con due diverse sentenze (la prima del gennaio 2014 che bocciò il Porcellum, la seconda del gennaio scorso che ha cancellato il ballottaggio previsto dall'Italicum per la Camera).

Mix pensato per Forza Italia
Il Rosatellum bis prevede un misto di maggioritario e di proporzionale con una netta prevalenza di quest'ultimo: il 34% dei seggi circa vien attributo tramite collegi uninominali, dove vince solo il primo, mentre il restante 66% tramite un proporzionale con piccole liste bloccate e soglia di sbarramento al 3 per cento. Un mix pensato apposta per ottenere il placet di Forza Italia, che infatti è arrivato da Arcore proprio in queste ore (anche se Silvio Berlusconi ancora non ci mette la faccia, come d'altra parte lo stesso segretario del Pd Matteo Renzi). I due leader protagonisti del patto del Nazareno di tre anni fa stanno a guardare, insomma, senza per ora crederci troppo.

Doppio vantaggio per Berlusconi
Come noto i collegi uninominali sono da sempre avversati da Berlusconi, che infatti nell'ormai lontano 2005 cancellò il Mattarellum (75% di collegi uninominali e 25% di proporzionale) sostituendolo con il più sfortunato Porcellum, che di collegi uninominali non ne prevedeva neanche uno. Con i collegi, infatti, Fi deve giocoforza consegnarsi alla Lega al Nord perdendo il controllo delle candidature. Tuttavia nell'ultima proposta del Pd la quota di collegi è molto ridotta rispetto a quella proporzionale. E nel 66% restante Berlusconi può correre da solo, senza doversi alleare con la Lega, con un duplice vantaggio: poter mandare in Parlamento una pattuglia di fedelissimi, potersi slegare dalla Lega all’indomani del voto qualora i risultati spingessero verso la grande coalizione con il Pd. Se restassero i due sistemi attuali, invece, Fi sarebbe spinta a formare un listone unico alla Camera, dove è previsto il premio di maggioranza per la lista (non la coalizione) che superi il 40% dei voti. Mentre per il Senato, dove non esiste un premio di maggioranza ma è rimasto un sistema di soglie che incentiva le coalizioni (3% per chi si coalizza e 8 % per chi corre da solo), sarebbe comunque spinta a coalizzarsi con Lega e Fratelli d'Italia per non lasciare fuori gli alleati da Palazzo Madama (il partito della Meloni sarebbe fuori se corresse da solo, mentre quello di Salvini non supererebbe la soglia in tutte le Regioni).

Le convenienze del Pd
Quanto al Pd, la convenienza del nuovo Rosatellum rispetto al sistema in vigore riguarda soprattutto la possibilità di costruire una coalizione a partire dai collegi uninominali: come spiega il capogruppo alla Camera Ettore Rosato, “inventore” del sistema, il meccanismo della scheda unica incentiva le coalizioni nazionali dal momento che la scheda è unica: sotto il nome del candidato nel collegio uninominale ci sono i simboli dei partiti che lo appoggiano, e barrando il simbolo del partito il voto va automaticamente al candidato nel collegio e alla lista per la parte proporzionale. Il Pd guarda da un lato ai centristi di Alfano che appoggiano il governo Gentiloni e dall'altro alla formazione messa in campo da Giuliano Pisapia, Campo progressista, nel tentativo di staccarlo dai bersaniani di Mdp.

Svantaggi evidenti per i 5 Stelle
La presenza dei collegi uninominali e la possibilità di formare le coalizioni attorno ai collegi rappresentano infine un vantaggio sia per il Pd sia per Fi a tutto discapito del M5s. I grillini infatti sono molto deboli nel voto di collegio, non avendo radicamento nel territorio e non avendo abbastanza candidati noti e “presentabili”, e a differenza di Pd e di Fi non hanno possibili alleati. E forse questo fattore penalizzante per il M5S è il più forte, quello che alla fine potrebbe smuovere democratici e forzisti verso un novello patto del Nazareno antigrillino che già guarda alla formazione di un governo di larghe intese, per altro inevitabile anche con i due sistemi in vigore, nella prossima legislatura.

Fattori contrari al successo
Queste le convenienze. Ci sono poi numerosi fattori contrari al buon esito del tentativo: la caratterizzazione antigrillina della possibile intesa, non a caso già denunciata a gran voce dai diretti interessati; la difficoltà di stringere e mantenere accordi in finale di legislatura, con la campagna elettorale già di fatto cominciata; la difficoltà di reggere nei voti segreti previsti a Montecitorio i mal di pancia dei deputati di ogni colore che temono di essere penalizzati dalla nuove regole rispetto ad una già difficile rielezione. Val la pena ricordare che l'ultimo tentativo di riforma della legge elettorale, quello del giugno scorso sul sistema proporzionale alle tedesca, si è infranto al primo voto segreto nonostante l'accordo – sottoscritto da Pd, da Fi, dalla Lega e anche dal M5S – fosse sulla carta a prova di bomba. E ora l'accordo sarebbe tra Pd, Fi e Lega senza il M5S. Per questo i due leader interessati, Berlusconi e Renzi, stanno alla finestra senza esporsi in prima persona. Sperando che quasi per caso fortuito passi sotto di loro il “cadavere” del M5S. Quel che è certo è che si tratta davvero dell'ultimo tentativo di tornare alle urne, dopo questa sfortunata legislatura, con un sistema elettorale deciso dal Parlamento e non dai giudici costituzionali. Un unicum, ça va sans dire, in Europa.

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