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Dossier Berlino, vince chi arriva terzo

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    Dossier | N. 11 articoliLa Germania al voto

    Berlino, vince chi arriva terzo

    Se la campagna elettorale per le elezioni federali tedesche di domenica è stata considerata unanimemente noiosa (meno che dall’imperturbabile cancelliere Angela Merkel, alla quale, in fondo, va bene così), il prossimo atto della politica tedesca, che inizia lunedì e può prolungarsi per mesi, promette di essere assai più movimentato. Nel 2013, quando la grande coalizione era una scelta pressoché obbligata, la definizione di un programma comune e il varo del Governo richiese comunque fino al gennaio successivo. Intanto il 15 ottobre si vota in Bassa Sassonia e nessuno vuol creare possibili turbolenze con il negoziato post-elettorale.

    La riconferma della signora Merkel per un quarto mandato appare scontata, ma le difficoltà inizieranno appunto quando si tratterà di formare una coalizione di Governo: la Germania non è governata da un monocolore dal 1957 e di certo l’unione democristiana Cdu/Csu non è in grado di farcela questa volta, soprattutto in presenza di una concorrenza più numerosa, se non più agguerrita.

    Negli ultimi sondaggi, il partito del cancelliere si è collocato spesso nella parte più bassa della forchetta fra il 36 e il 38%, i suoi principali rivali, i socialdemocratici della Spd, fra il 20 e il 24%, una débâcle, anche nel caso più ottimista, di proporzioni storiche. Appare in rimonta di consensi, e potrebbe addirittura aggiudicarsi la palma di terzo partito, il movimento anti-euro e anti-immigrati AfD, Alternativa per la Germania, che porterebbe al Bundestag per la prima volta dal 1949 un partito di estrema destra: le ultime rilevazioni lo danno anche al 12% e comunque mai sotto l’8 per cento. Testa a testa gli altri tre, la sinistra della Linke, i liberali della Fdp e i Verdi, i primi due fra l’8 e il 10%, gli ultimi fra il 6 e l’8.

    Se i numeri dovessero essere più o meno questi (secondo alcuni sondaggi gli indecisi sono ancora quasi metà dell’elettorato; inoltre è possibile che gli interpellati siano più restii a dichiarare la propria preferenza per AfD, per la sua associazione con l’estremismo di destra), solo due coalizioni sono di fatto aritmeticamente possibili: una riedizione della Grosse Koalition, la maggioranza attuale fra democristiani e socialdemocratici e la cosiddetta coalizione Giamaica, dai colori dei partiti che la comporrebbero, nero per la Cdu, verde per i Verdi e giallo per la Fdp. La signora Merkel ha accarezzato per un po’ l’idea di un patto con i Verdi, ma la flessione di questi rende impossibile il raggiungimento della maggioranza, oppure quello più tradizionale con i liberali, ma anche questa appare negata dai numeri. Lanciato alla candidatura della Spd a gennaio come l’anti-grande coalizione, Martin Schulz ha dovuto ben presto constatare, con una serie di rovesci nelle elezioni regionali di primavera, che la sola menzione di una coalizione rosso-rosso-verde faceva scappare gli elettori.

    Non è chiaro se il cancelliere avvierà prima un tentativo di fare il bis con la grande coalizione o con il patto a tre. In campagna elettorale ha fatto di tutto per tenersi le mani libere. I liberali ieri hanno messo avanti l’ipotesi di partecipare a una trattativa per la coalizione Giamaica solo dopo che fosse fallito un eventuale approccio fra democristiani e socialdemocratici.

    La ripetizione della grande coalizione, che godrebbe ancora di una larga anche se ridotta maggioranza, non è ben vista in nessuno dei due grandi partiti, soprattutto nella Spd e a maggior ragione se il suo voto dovesse scendere al 20% o addirittura al di sotto. La base del partito, che anche nel 2013 ha votato obtorto collo per allearsi con i democristiani, sceglierebbe probabilmente di sottrarsi all’abbraccio mortale del cancelliere. Resta da vedere cosa farà la Spd se dovesse fallire l’alternativa della “Giamaica”: rifiutarsi di andare al Governo, la vedrebbe bollata come responsabile dell’instabilità, il vero peccato mortale per l’opinione pubblica tedesca.

    A giudicare da come Merkel e Schulz annuivano alle frasi l’uno dell’altro durante l’unico dibattito televisivo, la grande coalizione resta comunque la via d’uscita più probabile.

    L’accordo a tre invece sarebbe senza precedenti e richiederebbe tutte le doti diplomatiche del cancelliere per tenere insieme Verdi e Fdp, che su molti temi (in particolare sull’Europa, ma anche sullo sviluppo economico del Paese) sono agli estremi opposti dello spettro. L’ala più ideologica dei Verdi potrebbe staccarsi. La Giamaica potrebbe rischiare la paralisi in un continuo negoziato.

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