Serviva o meno un nuovo Codice antimafia? Il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, trasforma una obiezione in una domanda e nel rispondervi, difende il testo da poco approvato, respingendo così le critiche di chi contesta il travaso delle misure di prevenzione nate per il contrasto alle mafie alla corruzione. Il codice, dice il ministro, serviva perché «i motivi ispiratori del testo sono concreti ed attuali». In testa la «corrispondenza tra il giusto processo e le misure di prevenzione così come ci è stato chiesto dalla Corte dei diritti dell’uomo» e poi l’intervento sulla complessa materia della gestione dei beni confiscati alla luce delle opacità e, in qualche caso, degli scandali emersi negli ultimi anni.
Orlando è intervenuto con i procuratori di Roma, Giuseppe Pignatone, e di Milano, Francesco Greco, e gli aggiunti Ilda Boccassini e Michele Prestipino a un incontro organizzato dal Sole 24 Ore e da Radio24 («Il racconto della giustizia che cambia») per i dieci anni del programma radiofonico Storiacce.
«Siamo stati accusati di avere una logica anti imprenditoriale - ha detto il ministro -. Io credo che non sia vero e credo che chiuderemo questa legislatura con l'azione più forte contro questa obiezione: mi riferisco all'approvazione definitiva della legge sul fallimentare». L'attuale diritto fallimentare, ha aggiunto Orlando, «è un retaggio inaccettabile di una stagione completamente diversa e, quella sì, anti impresa». Erano gli anni Quaranta. «Quello che rivendico è che noi in questi anni abbiamo fatto interventi che hanno progressivamente rafforzato la lotta alla corruzione - ha concluso - e credo che le cose che abbiamo fatto per la giustizia sono anche cose per far funzionare meglio e far competere meglio le aziende sane e pulite». Il ministro Guardasigilli ha ricordato le norme sul falso in bilancio, quelle sull’autoriciclaggio, l’allungamento dei tempi per la prescrizione. Questo perché, ha detto, «combattere la corruzione è anche un modo per evitare un aggressione antidemocratica da parte di qualcuno approfittando dell’indebolimento dell’istituzioni».
Ma è sull’estensione ai corrotti delle misure di prevenzione previste per chi è accusato di reati associativi che Orlando ha inasprito i toni. E nei confronti della politica: «Leggo le dichiarazione di quello che è stato anche il presidente del Consiglio e che è il segretario del mio partito (Matteo Renzi, ndr): ecco voglio chiarire che io non ho mai voluto infrangere il tabù della proprietà privata. Noto tuttavia una foga garantista quando si tratta di aggredire i patrimoni. Vorrei la stessa foga quando discutiamo delle norme contro l’immigrazione clandestina, il reato di tortura, lo stato delle detenzioni».
E riferendosi ai magistrati ha commentato: «Certe obiezioni potevano farcele prima». Il riferimento di Orlando è anche a quanto detto poco prima dal procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone: «Credo ci voglia prudenza nell’estendere gli strumenti del contrasto alle mafie nei confronti di corrotti. Perché i due fenomeni sono fenomeni diversi e perché gli strumenti dell’antimafia hanno un costo sociale molto alto, che non credo potrebbe essere accettato per la corruzione. La società è pronta ad accettare l’applicazione del 416 bis ad un corrotto?». Posizione peraltro ribadita dal procuratore aggiunto di Milano, Ilda Boccassini.
Dai testi approvati a quelli in agenda: il ministro ha, infine, annunciato di puntare all’invio del testo delega relativo alle intercettazioni «per la settimana prossima a Palazzo Chigi».
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