«Basta abusi, regole subito». È questo lo slogan scelto dall’associazione dei collaboratori parlamentari (Aicp) scesi in piazza oggi a Montecitorio per un sit-in. La vicenda, sollevata dalle “Iene”, della collaboratrice parlamentare Federica B. che ha denunciato di non essere mai stata pagata e di essere stata molestata dal deputato Mario Caruso (pronto, dal canto suo, a «chiarire ogni aspetto della vicenda, diffamatoria e calunniosa nelle sedi istituzionalmente competenti»), è solo l’ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Il modello del parlamento europeo
«Pretendiamo -ha detto Josè De Falco, vicepresidente dell’Aicp - dopo oltre un decennio di mancata regolazione della nostra figura professionale, di mancanza di un quadro contrattuale certo tra l'istituzione parlamentare e ciascuno di noi, che venga fatta chiarezza». «In Italia - ha spiegato De Falco - ogni rapporto di lavoro viene demandato ad una contrattazione diretta con il singolo deputato, senza alcun tipo di standard contrattuale di riferimento né di controllo il che è fonte di opacità e possibili abusi». Il modello proposto dall'Aicp è quello adottato dal Parlamento europeo in base al quale i parlamentari scelgono da chi essere assistiti, ma il contratto intercorre direttamente con il parlamento, che ha creato un apposito fondo e stabilisce anche i criteri e le modalità del rapporto lavorativo.
Damiano: su collaboratori adottare modello Ue
Una proposta condivisa nella sostanza da Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro alla Camera a margine del sit - in, che ha dichiarato che «la soluzione più lineare per evitare abusi, forme di lavoro nero e sottopagato dei collaboratori parlamentari, sarebbe quella di adottare il cosiddetto modello
europeo. Le risorse a disposizione del Parlamentare per i suoi assistenti, dovrebbero essere gestite direttamente dagli uffici della Camera attraverso l'adozione di un contratto standard per i collaboratori costruito ad hoc».
Mentre Titti Di Salvo, vicepresidente del gruppo Pd alla Camera, reduce da un incontro con i rappresentanti dell’Aicp, ha dichiarato nel corso del sit-in che i dem sono favorevoli all’approvazione in ufficio di presidenza di una delibera che recepisca l’ordine del giorno Pd del 2 maggio 2016 basato su un «progetto di riforma dell’attuale sistema basato sul rimborso delle spese per l’esercizio del mandato (3.690 euro alla Camera e circa 4.000 euro al Senato: metà sottoposta a rendicontazione quadrimestrale, l'altra metà è erogata forfettariamente, ndr), prendendo come modello quello applicato nel Parlamento europeo, e individuando a tal fine una specifica voce di bilancio cui siano destinate idonee risorse» .
Civati: cambiare subito norme su collaboratori
Al flash mob ha partecipato anche il deputato e segretario di Possibile, Pippo Civati. «La nostra proposta - ha detto Civati - è chiara: i collaboratori devono avere un rapporto con la Camera e non il singolo deputato. Offriamo il nostro sostegno politico alla presidente Laura Boldrini, affinché i gruppi concordino su questo passaggio dandole la possibilità di realizzare le necessarie
modifiche».
Boldrini: sensibilizzare tutti i gruppi
Anche Boldrini (che ha definito «inaccettabile, vergognosa e imbarazzante» la vicenda sollevata dalle Iene) ha proposto di seguire il modello già adottato al Parlamento europeo, cioè che i singoli collaboratori siano scelti dai parlamentari ma poi sia l’istituzione Camera dei Deputati a gestire direttamente il rapporto di lavoro. «Ho iniziato delle interlocuzioni con i gruppi ma sinora - lamenta Boldrini - ho visto molta poca apertura da parte di alcuni di loro. Ora bisogna sensibilizzarli».
Le cifre del fenomeno
Sono 628 i collaboratori parlamentari alla Camera (di cui solo 364 con diritto di accesso a Montecitorio) secondo gli ultimi dati forniti dalla presidente Laura Boldrini ai rappresentanti dell'Associazione italiana collaboratori parlamentari. Diverse le tipologie utilizzate. Per il 51% sono contratti di collaborazione. Il 25% sono contratti di lavoro subordinato e il 24% contratti di lavori autonomo. Non ci sono cifre ufficiali per il Senato. Quanto agli importi, si aggirano secondo stime attendibili tra gli 800 e i 1.200 euro netti al mese. In Italia i cosiddetti portaborse svolgono lavori di segreteria politica o ufficio stampa; gestiscono siti e social media; organizzano convegni; contribuiscono alla scrittura di emendamenti o interrogazioni parlamentari; predispongono bozze dei discorsi in aula.
Va ricordato che oltre all'indennità (circa 5.000 euro) e alla diaria (circa 3.500 euro), ogni parlamentare riceve un rimborso spese per l'esercizio del proprio mandato. Questo rimborso, che ammonta a 3.690 euro alla Camera e circa 4.000 euro al Senato, serve a sostenere le spese per le attività istituzionali. Metà è sottoposta a rendicontazione quadrimestrale, l'altra metà è erogata forfettariamente. Tra le spese da certificare rientra anche quella per il proprio collaboratore. In pratica ogni parlamentare (che ha l'obbligo di depositare presso gli uffici competenti il contratto del proprio assistente) ha un budget individuale a disposizione che può spendere per assumere una sua persona di fiducia.
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