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Dossier Elezioni siciliane, ecco chi sono i cinque in corsa

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Dossier | N. 51 articoliElezioni regionali siciliane 2017

Elezioni siciliane, ecco chi sono i cinque in corsa

Ansa
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Sono rimasti, per ora, in cinque.  Ma sono quattro i candidati alla presidenza della Regione siciliana i veri protagonisti della sfida.  Tutti diversi tra loro, per cultura, formazione politica, provenienza professionale che fa di questa sfida tra politica e antipolitica, tra militanza decennale e civismo. Perché in ciascuno di loro è riconoscibile il dna.

Nello Musumeci
Lo è di Nello Musumeci, candidato alla presidenza dal centrodestra, una storia politica inscindibilmente legata alla destra del nostro Paese, quella di Giorgio Almirante, del Movimento sociale: nato a Militello Val di Catania 62 anni fa, bancario, giornalista pubblicista, è stato presidente della Provincia di Catania (il primo con un sistema elettorale di elezione diretta), eurodeputato eletto con una vagonata di voti nel 1999 e al Parlamento vi è rimasto per tre legislature con Alleanza nazionale. Uno che, secondo una definizione raffinata che ne ha dato Antonello Piraneo, oggi caporedattore del quotidiano etneo La Sicilia, «è un reuccio del consenso, un uomo di parte ma apprezzato trasversalmente». Chi lo conosce lo giudica un uomo tutto d’un pezzo, con un alto senso dell’etica. Già candidato alla presidenza della Regione nel 2012 ha perso, si disse allora, per le divisioni della destra e in particolare con Gianfranco Micciché, anche lui allora candidato e oggi inserito nel listino del presidente. Musumeci è stato, per dire, firmatario da presidente regionale della commissione Antimafia di un disegno di legge (poi non approvato dall’Assemblea regionale) , passato alla storia come “codice etico” che prevedeva, tra le altre cose, sanzioni contro i cambi di casacca, frequenti, dei deputati regionali. Un codice tornato d’attualità in campagna elettorale vista la migrazione a destra di numerosi deputati fin qui schierati a sinistra. Ma visto anche il numero di candidati con piccoli e grandi problemi penali. Musumeci, che aveva firmato un appello ai partiti a presentare candidati con problemi giudiziari, provocato dagli avversari sul punto è stato netto: «Non votateli».

Giancarlo Cancelleri
Su etica e antimafia, però, Musumeci è marcato stretto dai suoi avversari. Lo ha fatto Giancarlo Cancelleri, il candidato del Movimento 5 Stelle, già capogruppo in Assemblea regionale con un video pubblicato su Facebook in cui fa i nomi dei cosiddetti impresentabili. Cancelleri, classe 1975, di Caltanissetta, diploma di geometra in tasca, e già impiegato in una azienda della sua città, è quanto di più distante da Musumeci (ma anche dagli altri) per cultura politica e militanza. Considerato un grillino di sinistra, per 32 anni è stato lontano dalla politica e da qualsiasi tipo di militanza, fino a quando nel 2007 ha incontrato sulla sua via il messaggio di Beppe Grillo: «L’entusiasmo, il coraggio, le provocazioni e le idee di Beppe Grillo mi hanno invogliato ad avvicinarmi alla politica» racconta. Da allora, dieci anni fa, Cancelleri è stato protagonista di battaglie ispirate al verbo grillino: prima con i Grilli Nisseni e poi con il Movimento 5 Stelle Caltanissetta. Dalla lotta contro il caro rifiuti e per la razionalizzazione della raccolta a quella per la pubblicizzazione del servizio idrico, alla creazione di Scorta Civica, un comitato nato nel 2012 che si propone di supportare i magistrati minacciati dalla mafia. Ed è il 2012 l’anno topico nella storia di  Cancelleri, forse il più politico tra gli esponenti dei Movimento Cinque Stelle siciliano, tanto garbato quanto pungente nella polemica politica: perché quelle elezioni regionali sono ormai una tappa storica per il movimento e non solo in Sicilia. Così come possono diventarlo queste per un movimento che aspira a governare il Paese. Cancelleri, che negli ultimi mesi ha girato in lungo e in largo la Sicilia accompagnato spesso da Luigi Di Maio, sta portando all’incasso anni di impegno parlamentare all’insegna della lotta ai privilegi parlamentari e di un lavoro di accreditamento soprattutto in quella parte di tessuto economico e sociale deluso dai partiti tradizionali.  Una candidatura abilmente costruita, la sua. Anche con i simboli: nel 2012, per il suo impegno antimafia, gli è stato dato il premio intitolato a Pippo Fava, il giornalista catanese ucciso dalla mafia papà di Claudio, altro candidato alla presidenza della Regione con il sostegno di Articolo 1 - MDP, Sinistra Italiana, Rifondazione Comunista e Verdi.

Claudio Fava
E qui arriviamo nel campo della militanza come ragione di vita, dell’impegno politico come fatto esistenziale. Cresciuto a pane e giornalismo, Claudio Fava, dopo l’uccisione del padre, ha ereditato il fardello de “I Siciliani”, il battagliero giornale che Pippo aveva fondato e lì è rimasto da direttore, con una squadra di battaglieri cronisti, fino a quando i pochi fondi sono bastati. Sessant'anni, due figli, una laurea in legge, oggi è vicepresidente della commissione Antimafia. Mancata per poco la candidatura nel 2012. Già esponente de La Rete, il movimento fondato dal sindaco di Palermo Leoluca Orlando, con cui è stato eletto all’Assemblea regionale nel 1991, Fava è stato anche segretario regionale dei democratici di sinistra, europarlamentare per dieci anni, nel 2013 è stato eletto in Parlamento con la lista Sinistra italia. Autore di saggi, romanzi, testi teatrali e così via, ha firmato “I cento passi”, il film dedicato a Peppino Impastato, il militante comunista ucciso dalla mafia. Dice: «Mi candido perché non mi piace questa idea che della Sicilia si possa e debba discutere e decidere a Roma, in tavolini lontani, al riparo degli sguardi, nelle segreterie politiche di qualche segretario che deciderà cosa accadrà in Sicilia in funzione dei ricavi elettorali che ne avrà. Mi candido perché penso che debbano essere i siciliani a decidere. Perché l'unico voto utile è il voto libero».

Fabrizio Micari
Fino a qualche mese fa apparentemente molto lontano dalla politica, il rettore di Palermo (in aspettativa) Fabrizio Micari è l’asso uscito dalla manica del sindaco di Palermo Leoluca Orlando per portare il Pd e la sinistra al governo della Sicilia. Micari parla di mission e porta avanti quella che ha definito la “sfida gentile”, da contrapporre si capisce alle urla e gli schiamazzi della campagna elettorale. Vorrebbe essere la sfida dell’intellettuale al servizio della società, del professore di ingegneria meccanica al grande circo dei politici politicanti che cerca sponda nei giovani. Chissà.  Micari, 54 anni, dal 2015 rettore a Palermo, è stato nell’ordine direttore di Dipartimento di Tecnologia Meccanica, preside della Facoltà di Ingegneria e presidente della Scuola Politecnica. Ha indicato come assessore, in caso di vittoria, Franco La Torre, figlio di Pio La Torre, come assessore alla legalità. «La mia scelta di accettare la candidatura a presidente della Regione Siciliana - ha spiegato in una pagina ambiziosamente chiamata Mission sul suo sito internet - e di guidare un progetto civico ha delle forti motivazioni legate indubbiamente all'amore per la nostra terra e anche al senso di appartenenza e di responsabilità nei suoi confronti. Ho ritenuto di non potermi tirare indietro di fronte alla proposta di impegnarmi in prima persona a guidare un progetto caratterizzato da un condivisibile spirito di civismo politico e sostenuto da un'ampia coalizione: sarei stato profondamente incoerente rispetto al lavoro fatto e ai valori seguiti in questi anni, in qualche modo avrei tradito i giovani Siciliani e le loro legittime aspettative ed aspirazioni.».

Roberto La Rosa
Il quinto candidato rimasto in corsa per la presidenza è Roberto La Rosa, esponente del movimento Siciliani liberi che nel manifesto per lo Stato libero di Sicilia scrivono: «La Sicilia di oggi è una colonia, una colonia d'Italia, sfruttata selvaggiamente dall'esterno e dall'interno, mentre ai Siciliani è negata ogni dignità, essendo loro assegnato invariabilmente il ruolo dei parassiti e dei mafiosi. La Sicilia di oggi non è un paese libero, un paese dove vivere serenamente la propria vita». La Rosa, palermitano, indipendentista da sempre, ha voluto caratterizzare il suo programma con due proposte: la «Questione finanziaria Siciliana, ignorata da tutti, nascosta ai Siciliani, ma considerata l'origine di quasi tutti i problemi della Sicilia di oggi, e sulla proposta istituzionale di costituzione della Sicilia in “Zona Economica Speciale”, per rilanciare investimenti e occupazione, attraverso la totale devoluzione fiscale e amministrativa, la fiscalità di vantaggio, l'introduzione di una moneta complementare, la sburocratizzazione e uno status doganale speciale». L’ultima proposta è di istituire campionati siciliani in tutti gli sport con l'istituzione di selezioni nazionali, complementari rispetto ai tradizionali tornei italiani: come per le altre discipline, anche nel calcio il progetto è quello di creare una “nazionale” siciliana per giocare partite amichevoli con nazionali estere. È già pronta la maglia che ha i colori, giallo e rosso, della Sicilia con al centro l'immagine della Trinacria e sul petto lo stemma dell'aquila che simboleggia la Regione siciliana.

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