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Mondo di mezzo, solo corruzione. Per definirla «mafia»…

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le motivazioni della sentenza

Mondo di mezzo, solo corruzione. Per definirla «mafia» servono nuove norme

L'associazione per delinquere dell'ex Nar Massimo Carminati potrebbe rientrare in una nuova forma di mafia. Lo dice il Tribunale di Roma nelle motivazioni della sentenza del processo Mondo di Mezzo, affermando che la contestazione dell'articolo 416 bis del codice penale «condurrebbe – si legge nell'atto di 3mila 200 pagine – ad una operazione di innovazione legislativa della fattispecie criminosa, innovazione che per quanto auspicabile si collocherebbe inevitabilmente fuori dell'ambito della giurisdizione».

La sentenza
Secondo il collegio, presieduto dal giudice Ianniello, «la riserva di violenza consiste nella possibilità che l'associazione - forte dei metodi violenti già praticati - sfrutti la fama criminale già conseguita senza compierne di ulteriori e riservandone l'uso ai casi in cui ciò si riveli indispensabile : tuttavia, tale situazione può realizzarsi solo in quelle associazioni criminali che siano derivate da altre associazioni, già individuabili come mafiose per il metodo praticato, e non può invece configurarsi nei casi delle mafie di nuova formazione, attesa la formulazione dell'art. 416 bis c.p., unica norma posta a disposizione del Tribunale dalla volontà del legislatore. La fattispecie di cui all'art. 416 bis c.p. richiede, infatti, l'attualità e la concreta operatività del metodo mafioso (dirimente in tal senso l'uso, nella formulazione normativa, dell'indicativo presente “… coloro che ne fanno parte… si avvalgono ( e non : possono avvalersi o si avvarranno) della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento ed omertà…”). Dare spazio, nella interpretazione della norma e nel caso delle mafie non derivate, al tema della riserva di violenza, intesa come violenza solo potenziale, consapevolmente prefigurata dagli associati ma rivolta al futuro, condurrebbe ad una interpretativa estensiva non ammissibile - senza incorrere nella violazione del principio di legalità (“nullum crimen, nulla poena sine lege”) - oltre i limiti già ampi indicati dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento alle sole mafie derivate».

Giudici: solo corruzione, nessuna mafia
Nelle motivazioni della sentenza i giudici ribadiscono che «ai fini del reato di cui all'art. 416 bis c.p. (associazione mafiosa, ndr) è necessario l'impiego del metodo mafioso e, dunque, il reato non si configura quando il risultato illecito sia conseguito con il ricorso sistematico alla corruzione, anche se inserita nel contesto di cordate politico-affaristiche ed anche ove queste si rivelino particolarmente pericolose». Per i giudici il metodo mafioso si configura in
presenza di «esercizio della forza dell'intimidazione».

I legami con la Banda della Magliana
Il collegio spiega anche che «non è possibile stabilire una derivazione tra il gruppo operante presso il distributore di benzina, l'associazione operante nel settore degli appalti pubblici e la Banda della Magliana, gruppo criminale organizzato e dedito ad attività criminali particolarmente violente e redditizie (il traffico e lo spaccio di droga, il gioco d'azzardo, le usure e le estorsioni, il possesso di armi e gli omicidi per assicurarsi il controllo del territorio ) che ha operato nella città di Roma, ramificandosi pesantemente sul territorio, oltre 20 anni orsono, tra la fine degli anni 70 e l'inizio degli anni 90 (…)Si tratta tuttavia di un gruppo ormai estinto».

Carminati
«Dunque non può affermarsi che Carminati ed il gruppo da lui comandato (inteso, secondo l'accusa, come associazione unica) affondino le loro radici nel sostrato criminale romano degli anni 80, per avere mutuato dalla banda della magliana alcune delle sue principali caratteristiche organizzative : sembra evidente la profonda diversità tra gli affari criminali dell’epoca e quelli accertati nel corso del presente processo, i quali attengono - quelli relativi agli appalti pubblici - ad una particolare forma di rapporti tra mondo politico ed imprenditoria organizzati in funzione, specialmente, di assicurare ai partiti politici il finanziamento necessario alla loro sopravvivenza e di spartire tra le varie componenti politiche (e tra gli imprenditori a ciascuna riferibili) il provento dei lucrosi affari connessi alla gestione della cosa pubblica».

Buzzi
Su Salvatore Buzzi i giudici spiegano che «non è possibile affermare che il “nucleo Buzzi” - nato ed operante da prima ed integrato anche da Carminati, a far data dal 2011 - abbia in seguito consapevolmente, in tutte le sue componenti soggettive, conosciuto, condiviso e recepito i metodi praticati presso il distributore di benzina di Corso Francia per il recupero dei crediti, facendoli propri e riservandone l'utilizzo, all’occorrenza, per le finalità perseguite. (…) Le prove acquisite depongono, però, per un diversa ricostruzione dei fatti. È innegabile che Buzzi - conoscendo le caratteristiche soggettive e la caratura criminale di Massimo Carminati - fosse particolarmente soddisfatto».

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