
Per velocizzare i processi, davanti a una domanda di giustizia «ingovernabile» e che grava solo sui tribunali, «un ridimensionamento del penalmente rilevante attraverso una seria depenalizzazione è inevitabile», trasferendo la tutela «sul piano delle sanzioni amministrative». La prospettiva di un ridimensionamento urgente dell'azione penale arriva dal presidente dell'Anm Eugenio Albamonte. Aprendo i lavori del 33mo congresso nazionale della magistratura associata in corso a Siena alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella - accolto da una standing ovation dei delegati al suo arrivo al teatro dei Rinnovati - Albamonte ha criticato anche «la sovrabbondante criminalizzazione delle condotte illegali attuata attraverso la sovra produzione di norme che individuano reati».
Solo il 38% dei cittadini ha fiducia nei magistrati
Il ripensamento degli spazi della giustizia penale auspicato dal leader dell'Associazione nazionale magistrati arriva in un momento non facile per i nostri giudici, che soffrono in particolare il calo di fiducia da parte degli italiani: per Albamonte, «solo il 38% dei cittadini ripone un elevato grado di fiducia nella magistratura», con una flessione del 12% dal 2010 ad oggi. Ad accrescere il problema contribuiscono anche i media, che «talvolta per mancanza di preparazione, più spesso per strategie comunicative e di marketing, alimentano la distorsione e cavalcano la protesta sociale contro decisioni talvolta inappuntabili e talaltra opinabili, ma certamente ancorate a una solida ragione giuridica», ha spiegato Albamonte.
Ritardi giustizia causa di «frustrazione e avvilimento» tra toghe
Un «circuito comunicativo vizioso», quello denunciato da Albamonte, che «quando il merito della decisione investe temi sui quali è più acuita la sensibilità dell'opinione pubblica» determina «lacerazioni gravi e immotivate nella fiducia che i cittadini devono riporre nella magistratura». Ma «una scarsa fiducia nella magistratura, come in ogni altra istituzione del Paese, indebolisce la democrazia», ha messo in guardia il leader delle toghe italiane, che individua una delle cause della distanza della categoria dai cittadini negli «inaccettabili ritardi» nella definizione dei processi civili e penali, ritardi dovuti «in larghissima parte» all'enorme contenzioso e che assai poco dipendono dai giudici che vivono questa situazione con «frustrazione e avvilimento».
«Non confondere le indagini con le “guerre sante”»
Nel suo intervento, il presidente dell'Anm non ha risparmiato critiche ai suoi colleghi, in particolare nel rapporto con la politica, esortandoli a rimanere ancorati «al profilo della responsabilità giudiziaria, che è sempre personale, senza indulgere nella tentazione di adire tribunali morali e sociali». La magistratura inoltre «deve rifuggire da visioni sistemiche e fenomenologiche che non trovino riscontro nella serialità delle decisioni giudiziarie, evitando di confondere le indagini con le “guerre sante”, secondo l'insegnamento di Giovanni Falcone». Soltanto se si interrompe il «vortice» di accuse e strumentalizzazioni reciproche, si potrà «restituire fiducia alla magistratura e alla politica», ha sottolineato Albamonte.
Carrierismo all’eccesso, rischio emergenza tra i giovani
L’esercizio di autocritica chiesto da Albamonte non risparmia il profilo correntizio e “politico” che da sempre caratterizza le progressioni di carriera tra i magistrati. Un problema antico, che la riforma dell'ordinamento giudiziario - con valutazione periodica della professionalità e la raccolta di titoli che per il curriculum - ha finito per acuire, «distogliendo energie dalle funzioni quotidiane per dislocarle sulla costruzione di titoli fondati su attività extracurricolari, che a loro volta diventano ambite in una logica che privilegia l'acquisizione del titolo allo spirito di servizio». Completa il quadro «la mancata trasparenza nell'attribuzione di alcuni titoli rilevanti per la carriera», che a tratti «rischia di acquisire connotati di carrierismo, burocratismo, acquiescenza ai vertici degli uffici e ricerca della loro approvazione e protezione». Questo fenomeno, ha concluso Albamonte, «è ancora marginale ma visibilmente percepibile» e se fare carriera aveva «uno scarsissimo appeal» per la «magistratura più anziana e strutturata», il pericolo del carrierismo «rispetto alle nuove generazioni può diventare emergenza».
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