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Dossier Sicilia, la galassia ex Dc è il secondo partito in Regione

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Dossier | N. 51 articoliElezioni regionali siciliane 2017

Sicilia, la galassia ex Dc è il secondo partito in Regione

Lorenzo Cesa, leader dell’Udc, insieme ad Angelino Alfano, numero uno di Alternativa popolare
Lorenzo Cesa, leader dell’Udc, insieme ad Angelino Alfano, numero uno di Alternativa popolare

È un puro calcolo aritmetico il cui risultato, però, colpisce. Se si sommano i voti ottenuti alle regionali in Sicilia di domenica dalle quattro liste di centro - benché schierate con candidati diversi - si arriva al 24,1 per cento. Poco meno di mezzo milione di voti che si traducono in dodici deputati regionali. Numeri che farebbero di questo inesistente ma significativo partito la seconda formazione dell’isola, alle spalle solo del Movimento 5 Stelle che, nella sua corsa solitaria, ha raccolto il 26,7 per cento. Una simulazione certo, che potrebbe però ispirare alcuni movimenti in vista del voto nazionale.

Ap al 4,1% ma non entra nell’Assemblea regionale
Il successo di quello che qualcuno chiama il “blocco ex dc” si misura anche da un altro risultato uscito dalle urne siciliane: ben tre delle quattro liste di ispirazione democrastiana sono riuscite a far eleggere propri rappresentanti all’Ars (assemblea regionale siciliana), con l’unica eccezione di Alternativa popolare di Angelino Alfano, ferma al 4,1%. Come per il Pd, essere al governo nazionale non ha premiato il ministro degli Esteri nella competizione di domenica, dove per di più giocava in casa (Alfano è di Agrigento).

L’Udc di Cesa (7%) torna con Berlusconi
Schierata con il vincitore Nello Musumeci c’era l’Udc guidata da Lorenzo Cesa che, dopo il divorzio dal centrosinistra e la rottura con Pier Ferdinando Casini, è tornata al passato scegliendo l’alleanza con Silvio Berlusconi e i suoi alleati (destra e Lega) con cui è stata al governo durante gli anni del Cavaliere a Palazzo Chigi. Forte del richiamo dello scudo crociato che può vantare nel proprio simbolo, l’Unione di centro ha ottenuto il 7%, numero largamente superiore alla soglia del 5% che apre la porta di Palazzo d’Orleans. Uno schema che verrà replicato a livello nazionale.

Bene gli autonomisti di Saverio Romano
Poco meglio di Cesa e amici (136.520 voti contro 134.124), ha fatto la seconda “parrocchia democristina” a fianco del neo-governatore: Idea Sicilia-Popolari e Autonomisti, formazione ispirata da un ex governatore della Sicilia (il catanese Raffaele Lombardo) e guidata da Saverio Romano, palermitano, ex ministro anche lui di un governo berlusconiano (fu responsabile dell’Agricoltura) e a Roma capogruppo di Ala-Scelta civica alla Camera che proprio alla vigilia delle elezioni siciliane aveva divorziato da Denis Verdini («lui è convinto che Renzi abbia capito i suoi errori ed è pronto a concedergli altro credito, io e i mie amici no») per virare di nuovo verso il centrodestra.

La resa dei conti tra gli alfaniani
Se si fosse votato le politiche nazionali con il suo 4,1% Alfano - nella coalizione che sosteneva Micari - avrebbe superato la soglia di sbarramento che, però, la legge elettorale siciliana fissa al 5%. Risultato: tutti fuori e contestazione interna per il ministro-segretario che ora si trova a dover fronteggiare chi gli rinfaccia di non aver mollato in tempo i democratici per presentarsi agli elettori in solitaria. Resa dei conti oggi in direzione nazionale dove si dovrà decidere quale strategia adottare in vista del voto di primavera. In un clima di “giubilo democristiano” è clamorosa la mancata ri-elezione di Giovanni Ardizzone, presidente uscente del parlamento regionale, candidato come capolista a Messina proprio con Ap nella componente dei “Centristi per l’Europa” di Casini.

Sicilia futura incassa il 6%
Come Ap schierato dalla parte del perdente Micari, rettore dell’università di Palermo, può invece festeggiare Salvatore Cardinale, detto Totò, nato a Mussumeli (Caltanissetta), che con “Sicilia futura”, la quarta corrente scudocrociata di queste elezioni, ha incassato il 6 per cento. L’ex ministro ed ex parlamentare dc, 69 anni, un tempo vicino a Calogero Mannino, una figlia (Daniela) alla Camera a cui ha trasferito i suoi consensi, a spoglio ancora aperto ha fatto capire che potrebbe schierare i suoi eletti per “rinforzare” la maggioranza di Musumeci in bilico con i suoi 35 deputati (la nuova assemblea è composta da 70 membri): «Tutto quello che andrà bene per la Sicilia noi lo voteremo». I voti centristi non hanno mai lasciato l’isola: riemersi al momento opportuno, i custodi di questo tesoretto sono già pronti - per citare Ennio Flaiano - a correre in aiuto del vincitore.

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