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Non solo Ostia. Roma e Lazio nel mirino delle mafie

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criminalità organizzata

Non solo Ostia. Roma e Lazio nel mirino delle mafie

(Ansa)
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Non solo Ostia. Se Roma da quasi 60 anni è progressivamente presa d’assalto da mafie indigene e straniere, che hanno ampliato a dismisura il proprio potere socio-economico, la cerchia extraurbana non se la passa certo meglio. Per non parlare del Lazio. Insomma una Capitale e una regione soffocate dalla criminalità organizzata. La presenza di Cosa nostra, Camorra, ‘Ndrangheta, Sacra corona unita, mafie straniere ed ex della banda della Magliana sono – solo per limitarci ad una sintesi – è di casa a Roma. E altrettanto si può dire per Ostia, dove oggi tutti scoprono le famiglie Fasciani e Spada. E dove è stato previsto (in un vertice ieri in Prefettura a Roma) un aumento del numero di forze dell’ordine a presidio del territorio, dopo gli episodi criminosi degli ultimi giorni. Già negli anni Ottanta, però, proprio la Banda della Magliana aveva in Ostia un punto fisso di riferimento non solo per il traffico di droga ma anche per quello di armi. Non solo Ostia, però, si diceva. Ed ecco dunque che le consorterie criminali (non sempre inquadrabili in consorterie mafiose) si snodano da sud a nord di Roma.

I Castelli Romani
Come testimonia anche il II Rapporto svolto dall’Osservatorio per la sicurezza e la legalità della Regione Lazio e presentato con Libera a luglio 2016, la forza dei Casamonica e degli Spada si estende anche nell’area dei Castelli romani, in particolare a Ciampino, Albano, Lariano, Castelgandolfo, Vermicino, Marino e Grottaferrata. Sempre al netto del fatto che le tradizionali mafie del Sud non disdegnano alcuna area geografica. Ivi inclusa quella dei Castelli. Tra Rocca Priora, Ariccia, Genzano e Monte Porzio Catone, ad esempio, vengono segnalate le presenze radicate di esponenti delle famiglie Molè (della Piana di Gioia Tauro) e Mazzagatti (Oppido Mamertina). Gli affari sono sempre gli stessi, a partire dal traffico di droga e poi estorsioni ed usura. I proventi vengono poi riciclati anche in attività commerciali e imprenditoriali pulite. Come è successo poche ore fa ad Ostia, anche nella zona dei Castelli non sono mancate negli ultimi due anni in particolare intimidazioni violente e sparatorie.

MAFIE NEL LAZIO

Tivoli e Guidonia
Quello di Tivoli e Guidonia è un comprensorio molto ampio che comprende, oltre alle due città, anche Rignano Flaminio e Sacrofano, luogo quest’ultimo di residenza di Massimo Carminati, detto “er cecato”, ex Banda della Magliana e condannato in primo grado nel processo Mondo di Mezzo della Procura di Roma. Il 25 gennaio 2014 Catello Pandolfi, all’epoca presidente facente funzioni della Corte di appello di Roma evidenziò il rischio di infiltrazioni criminali di tipo mafioso a Guidonia nel Car (Centro agroalimentare di Roma), vista l’entità degli interessi economici che vi ruotano intorno ad esso, essendo il polo commerciale più grande d'Italia. «Sono soprattutto i clan campani che paiono fortemente interessati ad “investire” nel settore – disse Pandolfi - . Diffusi sono gli episodi di usura in danno di commercianti. La presenza di soggetti affiliati alla criminalità organizzata va ricollegata ad una silenziosa infiltrazione economica effettuata con attività di riciclaggio e con il reimpiego dei capitali di provenienza illecita».

MAFIE NELLA CAPITALE

Nella zona di Tivoli e Palestrina, già nel 2009 il Gip di Reggio Calabria Domenico Santoro scriveva della «presenza di alcune famiglie calabresi, legate ad una ‘ndrina attiva nella zona di Sinopoli (Rc). Anche i comuni a nord di Roma, registrano la presenza di elementi collegati a formazioni criminali di origine calabrese della zona di Reggio Calabria (Africo, Melito Porto Salvo, Bruzzano Zeffirio), alcuni dei quali pregiudicati per reati in materia associativa».

Ardea, Pomezia e Torvaianica
Già nel 1972 la Commissione parlamentare antimafia aveva posto l’accento sulla presenza ad Ardea, dal 14 febbraio 1952, del boss mafioso originario di Partinico (Palermo) Frank “tre dita” Coppola e il reticolo di rapporti con esponenti delle Istituzioni. La stessa Commissione antimafia 22 anni più tardi, il 18 febbraio 1994, confermerà l’operatività di Ardea di associazioni di tipo mafioso e scriverà di «preoccupanti aggregazioni di malavita locale ed elementi della camorra e della mafia si sviluppano nei comuni di Anzio, Nettuno, Tor San Lorenzo e Aprilia. Operano tuttora, in tali località, le strutture criminali costituite molti anni fa da Francesco Paolo Coppola». Molte sono, inoltre, le indagini della procura distrettuale di Roma e Reggio Calabria che hanno evidenziato, negli anni, l’inserimento sul territorio di Ardea di esponenti delle cosche di ‘ndrangheta Gallico, Gallace, Alvaro e Molè. Frank “tre dita” Coppola risiedeva però a Pomezia, da dove pilotava il suo sistema affaristico-criminale.

A Torvaianica Cosa nostra avrebbe avuto storicamente appoggi logistici da gruppi criminali di narcotrafficanti legati alla mafia siciliana, come ha confermato il 20 febbraio 2014 il collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza nel corso di un’udienza del processo contro la famiglia Fasciani di Ostia.
Il procuratore della Repubblica di Velletri Francesco Prete, nel bilancio sociale 2015 descriveva così lo “spaccato” criminale di Pomezia: «…È di palese evidenza come un sistema collaudato di spaccio, con capacità di smercio di alcune centinaia di dosi settimanali (quantificazione empirica e per difetto desunta dal “monte ore di spaccio giornaliero”, dai contatti intrattenuti quotidianamente, dalla frequenza degli approvvigionamenti, dai sequestri ed arresti effettuati in corso di indagine) abbia generato un conflitto risolto nel sangue», con riferimento ad una sparatoria avvenuta nel settembre 2014.

Anzio e Nettuno
Le due cittadine sono a 60 Km dalla Capitale e sono al centro degli interessi di camorra e ‘ndrangheta. A Nettuno la criminalità organizzata inquinò talmente la pubblica amministrazione che nel 2005 il consiglio comunale venne sciolto per mafia e commissariato. L'area è stata luogo di insediamento anche di boss della mafia siciliana. Il 23 marzo 2010 la Guardia di finanza e la Polizia eseguirono numerosi arresti e sequestri di beni nei confronti del gruppo camorristico Mallardo (di Giugliano) , collegato con la fazione dei Casalesi di Francesco Bidognetti. L’indagine fece emergere gli interessi del clan Mallardo nel settore immobiliare. Gli investimenti del gruppo camorristico nel Lazio si rintracciano a Terracina, Sabaudia, Fondi, Lariano, Anzio e Nettuno. Il reinvestimento di capitali illeciti ha portato a lambire beni immobili nel settore dell'edilizia, all'interno del maxi piano regolatore di Anzio.

Latina
Il Mercato ortofrutticolo di Fondi (Mof), come hanno dimostrato diverse indagini negli ultimi 10 anni, attira gli appetiti di tutte le mafie indigene. Spicca la ‘Ndrangheta, con Camorra e Cosa nostra che fungono da cavalieri serventi. Fondi, da questo punto di vista è davvero da anni un laboratorio criminale, nel quale si registra l’alta frequenza della costituzione e successiva estinzione di società finanziarie, di distribuzione alimentare e di abbigliamento e l'apertura di supermercati con capitali di dubbia provenienza. Come se non bastasse nella provincia di Latina opera una criminalità organizzata locale di elevata pericolosità e capacità criminale, dedita all’usura, alle estorsioni e, tanto per cambiare, al traffico di droga. Il 19 maggio 2016 il questore di Latina Giuseppe De Matteis, in Commissione parlamentare antimafia, parlò di una provincia divisa in quattro zone di influenza da parte delle organizzazioni criminali: la prima zona il sud pontino Formia e Gaeta, dove operano famiglie affiliate ai casalesi, una seconda è quella di Fondi dove imperversa la ‘ndrangheta, l'area nord rappresentata da Aprilia e Cisterna dove imperano organizzazioni riferibili alla ‘ndrangheta e Latina, dove regna la famiglia Ciarelli-Di Silvio collegata con i Casamonica. Ad Aprilia la presenza del clan dei Casalesi è confermata dalle inchieste, cosi come per la presenza della cosca di ‘ndrangheta Alvaro.

Frosinone, Rieti e Viterbo
Il presidente della corte d’Appello di Roma, Antonio Marini, nel documento di inaugurazione dell’anno giudiziario 2014 scriveva: «Frosinone, sia per la sua posizione baricentrica tra Roma e Napoli, sia per la presenza degli importanti insediamenti industriali, genera l'interesse della criminalità di matrice camorrista. La vicinanza dei territori direttamente controllati dai casalesi e lo scarso radicamento della criminalità locale pongono l’esponente di un clan camorrista che si insedia su tale territorio, in una posizione di assoluta egemonia». Così in queste realtà territoriali «l’assoggettamento si realizza automaticamente, senza necessità di inutili minacce, così che l'organizzazione camorrista si atteggia con una presenza meno invasiva, assumendo iniziative violente e clamorose solo nei rari casi in cui ciò è indispensabile».

Per le province di Rieti e Viterbo, si legge nella relazione Dna 2015, si «segnalano presenza sporadiche di soggetti riconducibili prevalentemente a gruppi di ‘ndrangheta e camorra. Risultano interessati i settori finanziari appalti pubblici e ciclo rifiuti. Negli ultimi anni la moltiplicazione degli sportelli bancari e alcuni sequestri di beni immobili e attività economiche indicano il rischio che si tratti di un primo stadio per successive espansioni». Le inchieste svolte dalla Dda di Reggio Calabria, inoltre, hanno evidenziato una ulteriore attività di riciclaggio e reimpiego svolta sul territorio laziale e in particolare a Viterbo dove operano alcune famiglie di Condofuri (Reggio Calabria). Le indagini sul solito traffico di droga hanno anche evidenziato gli interessi della cosca Pelle di San Luca (Reggio Calabria).

Per quel che riguarda la provincia di Rieti alcuni “reati spia” sono stati segnalati negli anni precedenti al 2016 e hanno rappresentato un segnale d'allarme per il tessuto socio-economico della provincia. «Per entrambe le province – sintetizza il II Rapporto dell'Osservatorio sulla sicurezza e legalità della Regione Lazio con riferimento a Viterbo e Rieti – la lettura del fenomeno criminale, che queste due province si manifesta in maniera molto diversa rispetto al resto della regione, risulta ancora di difficile comprensione, anche sotto il profilo investigativo e al contempo, in evoluzione, come segnalato nei rapporti istituzionali prodotti in questi anni».

r.galullo@ilsole24ore.com

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