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Sacchetti bio, ministero Salute: ok monouso da casa

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Sacchetti bio, ministero Salute: ok monouso da casa

No alla possibilità di riutilizzare i sacchetti per la spesa di frutta e verdura perchè sussiste un rischio di eventuali contaminazioni, ma «non siamo contrari al fatto che il cittadino possa portare i sacchetti da casa, a patto che siano monouso e idonei per gli alimenti». È questa la posizione ufficiale del ministero della Salute sulle buste riciclabili a pagamento per ortofrutta e prodotti freschio (obbligatorie per legge dal 1° gennaio) come spiega il segretario generale del dicastero Giuseppe Ruocco. «Il riutilizzo dei sacchetti - ha affermato Ruocco - determinerebbe infatti il rischio di contaminazioni batteriche con situazioni problematiche». Il titolare dell’esercizio commerciale, ha aggiunto il segretario generale del ministero della Salute, «avrebbe ovviamente la facoltà di verificare l'idoneità dei sacchetti monouso introdotti».

Ministero Ambiente: pagare sacchetti, prezzo su scontrino
Una posizione, quella del ministero della Salute, anticipata oggi dal ministro dell’Ambiente, che in un’intervista a Repubblica ha spiegato che sacchetti per la spesa di frutta e verdura si potranno portare da casa, ma «solo se sono contenitori nuovi». In una circolare interpretativa emessa oggi dal Ministero dell'Ambiente in materia di sacchetti biodegradabili e inviata alla grande
distribuzione (Coop, Federdistribuzione e Conad) si chiarisce inoltre che le borse di plastica di qualsiasi tipo «non possono essere distribuite a titolo gratuito» dai supermercati, e «il prezzo di vendita per singola unità deve
risultare dallo scontrino».

Perché il sacchetto bio lo paga il consumatore

Le polemiche sui social
La legge che impone dal 1° gennaio l'uso di sacchetti biodegradabili a pagamento per frutta e verdura nei supermercati sta comunque alimentando le polemiche. Su Twitter l'hastag #sacchettibiodegradabili si è piazzato ieri al primo posto nelle tendenze Italia. I contrari accusano soprattutto il Pd di aver favorito la ditta Novamont, leader nel settore dei sacchetti bio, guidata da Catia Bastioli, presidente di Terna dal 2014, nominata dal governo dell'allora premier Matteo Renzi. Accuse respinte al mittente dal segretario dem («Vorrei ricordare - ha scritto su FB - che in Italia ci sono circa 150 aziende che fabbricano sacchetti prodotti da materiale naturali e non da petrolio. Hanno quattromila dipendenti e circa 350 milioni di fatturato»).

La legge italiana di agosto
In estate il Parlamento ha approvato il decreto Mezzogiorno (clicca qui per leggere la legge di conversione 3 agosto 2017, n. 123) nel quale all'articolo 9-bis è stato aggiunto il recepimento della direttiva 720, che spinge a ridurre l'uso di sacchi di plastica e a fare ricorso ai sacchetti biodegradabili . Ma sono stati aggiunti anche emendamenti che impongono dal 1° gennaio l'uso esclusivo di plastica biodegradabile per i sacchettini “ultraleggeri” con i quali si pesano e si prezzano i prodotti sfusi come pane, ortaggi, frutta. La normativa riguarda tutte le borse di plastica ultraleggere. Sono quei sacchetti sottilissimi con i quali nei supermercati i consumatori fanno la pesatura e la prezzatura di pane, frutti, ortaggi, formaggi e così via. La legge impone che questi sacchetti vengano pagati dal consumatore. Non fissa il prezzo e non dà un costo massimo. La norma dice semplicemente: «Le borse di plastica in materiale ultraleggero non possono essere distribuite a titolo gratuito e a tal fine il prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino o fattura d'acquisto delle merci o dei prodotti imballati».

Sui social gira inoltre molto una foto in cui si vedono delle arance non imbustate con sopra attaccate le etichette del prezzo. Un tentativo per aggirare le nuove regole e non pagare il sacchetto. Ma accade che la busta viene contata ogni qual volta si passa un codice a barre alimentare per alimenti sfusi sul lettore. Quindi, nel caso in oggetto, si paga una busta per ogni alimento, andandoci a perdere.


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