Silvio Berlusconi ha lanciato messaggi di pace assicurando che giammai Roberto Maroni avrà incarichi di governo in un ipotetico futuro esecutivo di centrodestra. Nondimeno, la tensione fra Forza Italia e Lega è ancora palpabile, una sorta di tregua armata. Due sono gli scogli nella trattativa preelettorale fra gli alleati di centrodestra: il nuovo candidato alla presidenza della Lombardia e il “futuro” di Roberto Maroni, fresco di addio al più alto scranno lombardo. Anche di questo si parlerà al vertice del centrodestra in programma oggi a Montecitorio.
Il candidato alle regionali lombarde
Dopo il “passo indietro” di Maroni, il consiglio federale lombardo ha proposto per acclamazione l’ex sindaco di Varese Attilio Fontana come successore. Ma la candidatura leghista deve fare i conti con il parere degli altri alleati. Primo fra tutti Forza Italia. Dove non sembra poi così scontato che a un candidato leghista che si ritira debba succedere automaticamente un altro candidato dello stesso partito. Tanto più che Fi dispone in Lombardia di un candidato autorevole come Mariastella Gelmini. È questo il nodo che Silvio Berlusconi sta tentando di sciogliere in queste ore. A suo dire, a scegliere il candidato saranno i sondaggi da poco commissionati per capire quale dei due candidati (Fontana o Gelmini) ha le maggiori chance di vittoria su Giorgio Gori, il candidato di centrosinistra. Ma è chiaro che fervono le trattative per ritrovare un equilibrio negli accordi fra i due principali partiti alleati. E sono in molti a pensare che è il leghista Fontana l’uomo che, alla fine della partita, ha le maggiori chance di diventare il candidato del centrodestra alle regionali lombarde.
Il “futuro” di Maroni
Dopo le rassicurazioni di Berlusconi che ha smentito le ipotesi di incarichi governativi per Maroni e lo stop di Salvini a qualsiasi candidatura in parlamento per l’ex ministro, lo stesso governatore lombardo ha escluso per sè «qualunque ricandidatura, se non a nuova vita». ma quell’essersi messo «a disposizione» lascia aperta l’ipotesi di una futura “chiamata” nel caso in cui lo scenario post voto facesse emergere la necessità di una figura “leghista dialogante” in uno dei posti chiave della compagine governativa. Quindi nessun seggio in vista, ma Maroni resta “riserva della Repubblica”. Così tra Berlusconi e Salvini viene firmata la tregua armata pre-campagna elettorale.
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