La nuova linea “governista” del M5S è tutta lì: nell'elenco dei candidati nei listini proporzionali. Dentro, spesso nel ruolo di capilista, dunque con il seggio garantito, tutti i fedelissimi di Luigi Di Maio e i volti più noti. A rischio, perché in posizioni marginali nelle liste, le seconde linee dell'ala ortodossa del Movimento, quella insofferente alla leadership dimaiana che spesso in passato ha fatto sentire il suo malumore. Ma anche i parlamentari uscenti più fumantini, i complottisti o i fautori di battaglie non più utili (i no Tav, gli anti-euro).
È la ratifica degli iscritti - quelli che hanno votato alle parlamentarie - al cambio di pelle dei Cinque Stelle, tutto teso in questa campagna elettorale a scrollarsi di dosso l'etichetta di incompetenti, inaffidabili e anti-sistema. Anche le scelte nei collegi uninominali, su cui Di Maio sta lavorando in questi giorni, andranno in questa direzione.
Le conferme, da Bonafede a Fico
Sono un centinaio, sui 123 parlamentari M5S, quelli riconfermati tra i candidati. I più vicini a Di Maio sono tutti capilista per la Camera. Come Laura Castelli, la torinese tesoriera del Movimento, che si occupa dei dossier economici (Piemonte 1/01) e che proprio oggi è stata rinviata a giudizio dal Gip di Torino per un post contro una candidata del Pd alle scorse amministrative. Capilista sono pure Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro, gli “emissari” spediti in Campidoglio a monitorare la giunta Raggi (rispettivamente candidati in Toscana e in Trentino), e Danilo Toninelli, il frontman dei Cinque Stelle su riforme e legge elettorale, che però passa candidato in Senato (Lombardia).
Si ripresentano primi in lista per Palazzo Madama Vito Crimi, Laura Bottici, Gianni Girotto, Carlo Martelli. Degli ortodossi, quelli che hanno sempre criticato “l'uomo solo al comando” ma che negli ultimi tempi sono più o meno rientrati nei ranghi, ci sono per la Camera Roberto Fico (capolista Campania 1/02), Carlo Sibilia (Campania 2/1), Paola Taverna (Lazio 1), Federico D'Incà (Veneto 1/02). Al Senato corre di nuovo Nicola Morra (Calabria 1).
Chi rischia il seggio
Circa il 20% degli uscenti rischia invece di non tornare più in Parlamento. Fuori l'animalista Paolo Bernini, sostenitore del “complotto dell'11 settembre”, quello dei microchip impiantati sotto pelle. Rischiano il no Tav Marco Scibona, la senatrice dissidente Elisa Bulgarelli che criticò i “cerchi e cerchietti magici” dentro il Movimento. Non hanno il seggio assicurato l'ex capogruppo a Palazzo Madama Andrea Cioffi, il deputato scettico Andrea Colletti. Rischia Giorgio Sorial (il deputato che, nel 2014, in un eccesso d'ira, diede del boia al presidente Giorgio Napolitano): nonostante il lavoro profuso sul programma sviluppo economico, ha scontato sia la concorrenza sul territorio, a Brescia, del collega Claudio Cominardi, in prima linea sui temi del lavoro, sia l’obbligo di alternanza di genere. Gara difficile anche per Daniele Pesco, deputato in prima linea negli attacchi alle banche.
Gli esterni in corsa, da De Falco a Paragone
Le parlamentarie sono state pure il suggello alla scelta, voluta da Di Maio, di aprire le porte del M5S a esterni della società civile. Trionfo per il capitano di fregata Gregorio De Falco, l'anti-Schettino (capolista in Toscana 2 per il Senato), per il presidente Adusbef Elio Lannutti (Lazio 2, Senato), per il giornalista Gianluigi Paragone (Lombardia 3, Senato). Molto probabile che i loro nomi siano spesi anche nei collegi, come quello di Vincenzo Zoccano, presidente del Forum italiano di disabilità, e di altri docenti e imprenditori ancora top secret. Di Maio ha annunciato altre sorprese: «Molti nomi noti che faranno tremare i polsi agli avversari. Persone che stanno ricevendo telefonate dai leader degli altri partiti che stanno dicendo “ti prego non ti candidare con il M5S” che mi rovino. Tra qualche giorno li presenterò tutti insieme». Non dice di più, il candidato premier, ma assicura: «Ci saranno attori impegnati su temi sociali, persone che vengono dalle forze armate, dal mondo dell'università e dall’imprenditoria».
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