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Tutela del risparmio, Orsi: «Urgente ridefinire il diritto penale…

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intervista al sostituto pg della cassazione

Tutela del risparmio, Orsi: «Urgente ridefinire il diritto penale del mercato»

Luigi Orsi (Imagoeconomica)
Luigi Orsi (Imagoeconomica)

Questa settimana sapremo se la Commissione d'inchiesta sulle banche riuscirà ad approvare una relazione condivisa da tutti i gruppi con le proposte di riforma da lasciare alla prossima legislatura per migliorare un quadro regolatorio apparso inadeguato alla prova delle sette crisi creditizie degli ultimi anni. Abbiamo chiesto a Luigi Orsi, sostituto procuratore generale presso la Corte di Cassazione, su quali proposte concrete si dovrebbe puntare. Orsi, con la sua audizione di metà ottobre, ha aperto il ciclo dei lavori a San Macuto. Il magistrato all'inizio degli anni '90 fu tra i più impegnati nella Procura di Milano sul fronte della criminalità finanziaria.

“Si assiste alla paradossale situazione nella quale la tutela del risparmio, prevista dall'articolo 47 della Costituzione, risulta meno garantita della tutela penale del credito che, pur non avendo rango costituzionale, risulta più efficacemente affidata al reato di bancarottaLuigi Orsi, sostituto Pg Corte di Cassazione”

 

Poche garanzie per la tutela del risparmio
«Innanzitutto - spiega Orsi - c'è l'esigenza di una ridefinizione del diritto penale del mercato. L'esperienza ci segnala che i reati societari e finanziari, presidio penale di tutela del risparmio, emergono e sono indagati se e quando l'autore è dichiarato insolvente. Le indagini sul reato di bancarotta sono dunque, nella prassi, l'occasione privilegiata per accertare reati societari e finanziari. Questi reati, una volta accertati, finiscono peraltro con l'essere sostanzialmente assorbiti dalla bancarotta fallimentare. Si assiste così alla paradossale situazione nella quale la tutela del risparmio, prevista dall'articolo 47 della Costituzione, risulta meno garantita della tutela penale del credito che, pur non avendo rango costituzionale, risulta più efficacemente affidata al reato di bancarotta».

Che soluzione propone?
«La violazione delle regole del mercato dovrebbe essere efficacemente contrastata prima e a prescindere dal fallimento dell'imprenditore. L'intervento riformatore non dovrebbe implicare una proliferazione di ulteriori fattispecie di reato, semmai una semplificazione normativa».

Tutti i gruppi politici invocano anche una ricalibratura dei poteri delle autorità di vigilanza
«Si è rilevato che la Consob cumula poteri di autorità inquirente e giudicante nell'ambito di procedimenti amministrativi nei quali il presidente della Commissione si trova presente in entrambe le fasi, circostanza critica. Un modello più rispettoso della distinzione tra accusatore e giudice è quello della FCA britannica (Financial Conduct Authority) la quale affida le indagini alla sua articolazione EFCD (Enforcement and Financial Crime Division) ma il giudizio ad un organo da essa indipendente denominato RCD (Regulatory Decisions Committee). Ulteriore aspetto critico è rappresentato dal fatto che la Consob può assumere e normalmente riveste il ruolo di denunciante e parte civile nei procedimenti penali per abusi che al contempo costituiscono illecito amministrativo. Una moltiplicazione di ruoli che a molti pare inopportuna. Infine è documentata l'insufficiente collaborazione tra la Commissione e la vigilanza bancaria».

Altro tema l'organizzazione delle Procure che indagano sui reati finanziari. il vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini, ha detto che bisognerebbe concentrare le competenze sulla criminalità economica e finanziaria in Procure distrettuali, affidandole a pool di magistrati dedicati. È la soluzione giusta?
«Il Codice di procedura penale conferisce al Procuratore distrettuale, cioè al Pubblico ministero di primo grado che opera presso il Tribunale ove ha sede la Corte d'appello, la competenza con riguardo ad una serie di reati. I più noti sono quelli espressivi del fenomeno mafioso e quelli che perseguono finalità di terrorismo. Ma appartengono alla competenza distrettuale anche i reati di istigazione alla pedofilia, riduzione in schiavitù, prostituzione e pornografia minorile, adescamento di minorenni, introduzione in sistemi informatici e loro danneggiamento, intercettazioni abusive, frodi informatiche. Questa concentrazione nelle sedi giudiziarie più grandi si spiega con la necessità di affidare indagini che esigono specializzazione professionale e struttura organizzativa a quegli uffici inquirenti più articolati, dove è possibile costituire gruppi specialistici all'interno dei quali matura una esperienza consolidata. Le indagini in materia economica e finanziaria impongono specializzazione e struttura organizzativa, non meno di quanto la richiedano le materie per le quali è già prevista la competenza distrettuale. La proposta del vicepresidente del Csm mi pare si muova in questo plausibile ordine di idee».

In questo modo si può risolvere anche il problema delle competenze tra Procure?
«La competenza distrettuale aumenta l'efficienza degli uffici ma non risolve, da sola, i problemi che possono nascere quando più Procure trattano indagini collegate. Nel dibattito di questi mesi si discute sull'opportunità di costituire una Procura nazionale anche per la materia economico-finanziaria. Sono personalmente convinto che sarebbe una scelta opportuna. La Procura nazionale antimafia e antiterrorismo è stata costituita per assicurare un coordinamento forte e non semplicemente volontario tra gli uffici territoriali che indagano su fatti collegati. I delitti di mafia e terrorismo, pure commessi in diversi ambiti territoriali e quindi tali da chiamare in causa la competenza di differenti Procure, costituiscono sovente espressione di analoga o similare matrice criminale. Questo fenomeno si registra anche nell'ambito delle indagini in materia economica e finanziaria. Sono stati e sono tuttora numerosi e significativi i casi giudiziari per gravi fatti che hanno coinvolto contemporaneamente più Procure. Di alcuni di questi ho avuto occasione di occuparmi. Il fallimento del gruppo Sasea, nel 1992, produsse la pendenza di indagini in numerose Procure italiane. Un fenomeno analogo si registrò, nel 2003, con i fallimenti dei gruppi Cirio e Parmalat. Nel 2005 il problema si pose con riguardo ai procedimenti sulle note scalate bancarie. Gli episodi più recenti sono noti. Tutti abbiamo potuto registrare quanto sia stato difficile, per le Procure coinvolte, trovare in questi casi un coordinamento tempestivo ed efficace».

La proposta avanzata dal governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, è invece per l'accentramento dei procedimenti più complessi, in materia concorsuale, con una revisione delle competenze territoriali dei tribunali. Agevolerebbe la gestione dei crediti deteriorati?
«Il legislatore ha già fatto questo esperimento in altro ambito concentrando la competenza in materia di proprietà industriale, di controversie societarie e di contratti pubblici di appalto di rilevanza comunitaria presso il cosiddetto Tribunale delle imprese. Si tratta di una sezione specializzata istituita presso i Tribunali e le Corti d'appello aventi sede nel capoluogo di ogni Regione, eccetto Lombardia, Trentino Alto Adige e Sicilia ove operano due sedi. L'obiettivo di questa scelta è stato quello di assicurare, attraverso la miglior qualità e celerità del servizio giustizia, l'incremento della competitività delle imprese coinvolte nelle controversie. Non si vede perché il medesimo meccanismo non possa essere impiegato nell'ambito bancario. Le esposizioni creditizie deteriorate hanno tempi di recupero molto lenti. La Banca d'Italia ha rilevato che nel 2015 il recupero dei crediti esigeva quasi 8 anni nell'ambito delle procedure concorsuali e 4 nell'ambito di quelle esecutive immobiliari. La concentrazione di queste controversie in capo ad uffici giudiziari più strutturati può migliorare qualità e tempi del servizio anche in questo settore».

Da tre anni la vigilanza sulle banche è diventata il primo pilastro dell'Unione bancaria. Ogni paese però ha mantenuto i suoi modelli di giurisdizione sulla materia economica e finanziaria. È possibile una armonizzazione e in quale direzione?
«Il “diritto penale europeo” è in corso di formazione. L'Unione ha assunto l'importante ruolo di individuare beni giuridici meritevoli di protezione e adeguate tecniche di tutela ma l'attuazione delle scelte legislative è comunque ancora di pertinenza degli Stati membri. Il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea prevede (articolo 83) una competenza penale “indiretta” dell'Unione perché le direttive non istituiscono fattispecie penali ma creano obblighi di adeguamento per gli Stati membri. Si può dire che l'Unione propone progetti di riavvicinamento e non di riunificazione normativa. Il lavoro da fare, in questo settore, è ancora notevole. Se c'è un terreno sul quale questa riunificazione è essenziale è proprio quello della tutela penale del mercato».

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