Guasti, ritardi, treni vecchi, corse cancellate da un giorno all’altro. Sono disagi che rientrano nella routine dei 2,8 milioni di passeggeri che viaggiano su treni regionali e Intercity, lungo i 672 chilometri di linee ferroviarie pendolari che si snodano per il paese. Un «inferno», come lo ha definito Legambiente nel suo rapporto Pendolaria 2017, che si è aggravato con una diminuizione delle tratte a favore dell’Alta velocità: dal 2010 al 2017 sono stati sforbiciati del 6,5% i treni regionali e del 15,5% gli Intercity, facendo crollare del 40% i clienti della seconda categoria. Il tutto mentre l’Alta velocità è cresciuta del 6,6% nello stesso periodo, con un’intensificazione quasi impressionante dei collegamenti Roma-Milano (su del 435% dal 2009 all’anno scorso, con picchi di un treno ogni 10 minuti nelle ore di punta).
Anche su questo sfondo, però, ci sono delle linee particolarmente rischiose. Legambiente ha mappato le «le 10 linee da incubo» attive su scala nazionale, con un podio tutto condensato nel centro-sud. La peggiore tratta in assoluto è Roma-Ostia Lido (Lazio), seguita dalla Circumvesuviana (seconda) e da Reggio Calabria-Taranto (terza), per poi spostarsi anche a settentrione con Verona-Rovigo (quarta), Brescia-Casalmaggiore-Parma (quinta), Agrigento-Palermo (sesta), Settimo Torinese- Pont Canavese (settimo), Campobasso-Roma (ottava), Genova-Savona-Ventimiglia (nona) e Bari-Corato-Barletta.
Le odissee dei pendolari, dal Lazio al Veneto
L’analisi di Legambiente, pubblicata a dicembre, ha classificato le «linee peggiori» secondo una serie di criteri che compromettono la qualità del servizio: ritardi e tagli dei treni, capienza ed età dei convogli, orari inadatti alle esigenze dei pendolari, scarsa frequenza. Il caso più eclatante denunciato dall’associazione è quello di Roma-Ostia Lido, una linea suburbana gestita dall’Atac. I 55mila clienti registrati oggi, in discesa rispetto ai 100mila di qualche anno fa (-45%), hanno subito sulla propria pelle (e i propri orari) un deficit del 7,2% di corse effettuate rispetto a quelle programmate, in aggiunta alle ansie quotidiane di sovraffolamento, cancellazione di treni, ritardi e tempi di percorrenza che vanno ben oltre i 30 minuti previsti per marciare sui 28 chilometri della linea. Senza contare episodi quasi surreali come quello della stazione scomparsa di Torrino-Mezzocammino, una fermata che avrebbe dovuto essere realizzata dopo un finanziamento da 2 milioni di euro nelle casse comunali. Il risultato, spiega Legambiente, è che «soldi sono spariti, al fianco dei binari è stato costruito un parcheggio da 100 posti nel nulla laddove doveva esserci la stazione, e intanto i 12.000 abitanti del quartiere sono costretti all'uso dell'auto privata per spostarsi verso il centro».
Disagi simili sono il pane dei passeggeri della Circumvesuviana, la ferrovia che si estende per 142 chilometri e “serve” un bacino di 2 milioni di persone. Dal 2003 ad oggi, si legge nel report,le 500 corse giornaliere si sono dimezzate, con 4.252 soppressioni di treni e 26.533 ritardi sopra i 15 minuti nel solo 2016. Il declino delle linee pendolari non ha risparmiato nemmeno un’infrastruttura storica come la linea che salda Reggio Calabria a Taranto, inaugurata nel 1875 e snodata per 472 chilometri, tre regioni e svariati centri portuali. La “ferrovia jonica” ha sofferto un taglio del 20% dei servizi dal 2010 all’anno scorso, con una scure che ha fatto saltare «4 intercity notte, 5 treni espresso, 7 treni espresso cuccetta, 2 treni interregionali». E proprio la Calabria può vantare uno dei rapporti più sfavorevoli fra diminuzione dei servizi e aumento dei costi: sempre tra 2010 e 2017, il taglio del 26,4% dei servizi si è accompagnato a un aumento del 20% delle tariffe.
Calano i servizi, crescono i costi
La tegola sui pendolari calabresi è condivisa da buona parte dei connazionali. Da una stima del Sole 24 Ore su dati Legambiente emerge che, tra 2010 e 2017, si è assistito a un aumento medio del 23,3% delle tariffe a fronte di un taglio dell’8,22% dei servizi. Il rialz0 più drastico ha colpito la Liguria, con un aumento del 48,9% accompagnato da un calo dell’8,1% nei servizi, ma si fanno notare anche gli aumenti in Campania (tariffe più costose del 48,4% a fronte di tagli del 15,1%) e Piemonte (tariffe a +47,3% in contemporanea al -4,9% dei servizi). La Liguria ha comunque visto aumentare i passeggeri del 16,4% (da 105mila a 122.259), mentre Campania e Piemonte hanno scontato la combinazione tra sforbiciata ai servizi e rincaro: passeggeri giù del 40,3% sulle linee campane e del 18,4% in Piemonte. Viceversa, in Alto Adige, la crescita delle linee (quasi triplicate, da 11mila nel 2011 a quasi 32mila) ha dato i suoi frutti: nella sola provincia di Bolzano i clienti sono passati da 24.200 31.425, un rialzo del 29,8%.
Le vittime da trasporti ferroviari meno del 2%
In ogni caso, la penalizzazione delle linee pendolari non incide su un dato di fatto: il treno resta uno dei mezzi più sicuri, almeno dal punto di vista del tasso di incidentalità e delle vittime. Nonostante tragedie come quella che si è consumata oggi a Pioltello, il viaggio su rotaia garantisce rischi molto inferiori alla media. Secondo un'indagine dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie (Ansf), la mortalità connessa al trasporto ferroviario ha inciso per appena l'1,8% nel periodo 2010-2015. In totale si parla di 421 vittime contro le 21.912 registrate dal trasporto stradale nello stesso lasso di tempo. Nel 2016 il bilancio delle “vittime”, categoria che include feriti gravi e morti, si è attestata a 83 unità, di cui 74 provocate da materiale rotabile in movimento.
Resta (Politecnico): serve investire ancora
Ferruccio Resta, ordinario di Meccanica e rettore del Politecnico di Milano, non vede un problema di «disinvestimento sulla manutenzione - dice al Sole 24 Ore - Il problema è che il rischio zero non esiste, su nessun mezzo. Lo si può mitigare, ma in questo caso non è servito». Anche le statistiche sulle vittime conteggiate negli ultimi anni vanno letti in maniera meno semplicistica: «Ci sono stati sopratutto problemi di collissione o di velocità superiore alla media - dice - Ma tutta la rete è coperta da sistemi di sicurezza. Poi ci sono gli errori umani, non imputerei il tutto solo al materiale rotabile». Eppure i dati sul taglio dei servizi vengono riportate ora, a sottolineare lo stato di “abbandono” del trasporto esterno all’alta velocità. «Intanto vanno distinti i servizi dalla manutenzione - spiega - Non vedo uno stato di trascuratezza, vedo una continua necessità di investimento».
Uggè (Conftrasporti): abbiamo rischiato una nuova Viareggio
«Forse bisognerebbe investire sulla manutenzione, anziché fare shopping all’estero». Paolo Uggè, presidente di Conftrasporto e vice presidente di
Confcommercio, sbotta così alludendo all’incidente costato la vita a tre donne questa mattina. Uggè auspica un piano di rilancio delle infrastrutture che aumenti la qualità delle linee pendolari: «Il 48% rete ferroviaria ha un unico binario e la rete di infrastrutture è carente - dice - Dobbiamo ripartire da questo». La tragedia di Pioltello Limito, con il suo bilancio in crescita, potrebbe risultare persino contenuta rispetto alle premesse: «Cosa sarebbe successo se quel treno avesse trasportato merci pericolose? - si chiede - Forse ci saremmo trovati di fronta a una nuova Viareggio». Legambiente ha classificato la linea tra le «peggiori della Lombardia», anche se il grado di disagi procurato ai passeggeri non si avvicina agli standard delle tratte indicate sopra.
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