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Dossier Su debito, lavoro, pensioni e Ue le proposte spaccano le coalizioni

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Dossier | N. 23 articoliCome si vota, candidati e programmi: lo speciale Elezioni

Su debito, lavoro, pensioni e Ue le proposte spaccano le coalizioni

Il botta e risposta delle ultime ore fra Berlusconi e Salvini sulle pensioni replica il canovaccio andato in scena pochi giorni fa sul deficit, con il leader di Forza Italia nei panni del moderato e l’alleato leghista in quelli del custode dei «patti chiari» (e più netti) scritti nel programma comune.

Ma la dialettica vivace che anima il centro-destra è solo il segno più evidente di una torsione malcelata dalla campagna elettorale che entra nel vivo. L’Italia tripolare del Rosatellum vive con occhi maggioritari un confronto che la porta a un voto in larga parte proporzionale. E con il proporzionale coalizioni e candidati premier sono argomenti buoni per i dibattiti televisivi: le alleanze definitive si fanno in Parlamento, dopo il voto, quando possono tornare utili somiglianze oggi messe a tacere mentre esplodono le distanze nascoste nelle pieghe dei programmi ufficiali.

Nelle pieghe dei programmi
Più di patti e proclami, allora, per cercare di intuire le geografie politiche possibili dopo il voto può essere utile misurare i punti di accordo e le distanze che corrono trasversali alle alleanze e agli schieramenti. Questi grafici tentano l’impresa, offrendo un termometro, e mostra nella misura più precisa possibile gli indici di convergenza e divergenza fra i partiti (in una scala 0-10 che nell’indicatore generale varia da 1,7 a 5,1). Dalle similitudini fra Pd e Forza Italia su alcuni snodi dei conti pubblici agli attacchi congiunti di Liberi e Uguali ed M5S sul Jobs Act, con i pentastellati in una terra di mezzo (da non confondere con il «centro» politico) che li avvicina invece alla Lega e a Fratelli d’Italia quando si parla delle briglie da mettere o togliere al deficit pubblico. A conti fatti, l’alleanza di centro-destra continua a mostrare il grado di affinità maggiore, ma supera di poco i link Pd-Forza Italia, che si incontrano anche sulla spinta fiscale alle nuove assunzioni mentre si fermano prima di incontrare Irpef e immigrazione; su alcuni temi di peso Liberi e Uguali si avvicina ai Cinque Stelle più che al Pd, mentre l’incompatibilità Pd-M5S è intensa quanto quella che separa i bersaniani dalla Lega.

Proprio i conti pubblici, l’atteggiamento verso l’Europa e le politiche del lavoro sono i terreni principali su cui tracciare questa “geografia ombra” della politica, i cui confini dipenderanno ovviamente dalla distribuzione dei pesi decisi dagli elettori. L’uno-due giocato nei giorni scorsi fra Roma e Bruxelles, con il Berlusconi europeo che faceva professioni di ortodossia su deficit e 3% nelle stesse ore in cui alla Camera il leader della Lega Salvini presentava le candidature no-euro di Claudio Borghi e Alberto Bagnai, è solo una delle tappe di una dialettica sulla politica economica che nel centro-destra promette di essere “franca”, come si diceva nella Prima Repubblica.

I conti
Sui freni da mettere a deficit e debito, allora, un’ottica diversa inquadra una sorta di gara di velocità tra Forza Italia e il Pd a chi taglia più coraggiosamente il passivo. Al Nazareno, dove le candidature di Gentiloni e Padoan hanno aiutato a mettere da parte le sfide estive del ritorno a Maastricht, i numeri indicano la strada della continuità, con un avanzo primario al 2% che in 10 anni ridurrebbe di 30 punti il peso del debito sul Pil se aiutato da una crescita stabile e da un’inflazione agganciata al target Ue del 2 per cento. Da Forza Italia si promette di più, con lo stesso taglio del debito da raggiungere però in metà tempo grazie a un avanzo al 4% del Pil (ricetta Visco) è un piano straordinario di dismissioni. L’obiettivo dichiarato dai Cinque Stelle è ancora più audace (debito giù di 40 punti), ma difficile da far andare d’accordo con l’idea di sforare il tetto del 3% di deficit, idea che nel centro-destra torna spesso anche dalle parti di Fratelli d’Italia. La scommessa a Cinque Stelle punta tutto sulla crescita che sarebbe prodotta dagli «investimenti ad alto potenziale», investimenti che per Liberi e Uguali andrebbero esclusi da vincoli di deficit secondo Liberi e Uguali. E il sudoku si completa con il Carroccio che suona una musica programmatica più simile a quella di M5S o Leu.

Tra fisco e lavoro
Anche i correttivi previdenziali e l’abolizione della Buona Scuola gettano ponti fra pentastellati e Liberi e Uguali, che sul terreno fiscale si incontrano sul superamento dell’Irap (che in versione più spinta torna nei programmi di Forza Italia e Lega). Ma il fisco è materia complessa, e l’ipotesi M5S di abolire spesometri, redditometri e l’evoluzione degli studi di settore incontra la porta in faccia da Leu, mentre può trovare orecchie più attente da Lega e Forza Italia. Unite, queste ultime, dalle parole d’ordine di una Flat Tax che trova però tante forme quante sono le componenti dell’alleanza: al 15% per la Lega, al 23% secondo Forza Italia, che lascia però l’ultima parola alle «compatibilità economiche», e limitata inizialmente al reddito incrementale per Fratelli d’Italia, proprio per evitare acrobatiche ricerche sulle coperture. Le proposte sull’Irpef sembrano quindi accorciare un po’ le distanze a sinistra, dove torna l’idea di cancellare il sistema attuale delle detrazioni famigliari per sostituirle con erogazioni dirette in grado di beneficiare anche gli incapienti (cioè i redditi troppi bassi per pagare l’imposta e quindi utilizzarne gli sconti). Sempre che gli elettori riescano a orientarsi davvero in questi incroci, e il Rosatellum sia in grado di offrire una qualche maggioranza.

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