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Nel 2017 diminuiscono gli sbarchi ma aumentano le domande di asilo

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Nel 2017 diminuiscono gli sbarchi ma aumentano le domande di asilo

Crescono le domande di asilo. Aumentano le concessioni dello status di rifugiato. Ma resta sempre molto alto il dato delle domande respinte. È il quadro che emerge dai dati del Viminale elaborati dal Sole 24 Ore. Aggregando quelli mensili del 2017, infatti, lo scorso anno le domande di asilo (malgrado il calo degli sbarchi: -34%) presentate sono state 130.180, in crescita del 5,3% rispetto alle 123.600 del 2016 e del 55% rispetto alle 83.970 del 2015. Da sottolineare che, nella ripartizione per nazionalità, al primo posto tra le domande di asilo presentate ci sono i nigeriani con oltre 25mila istanze. Nigeriani in testa anche nel 2016 (27.289 domande di asilo) e nel 2015 (18.174).

Sei domande su dieci respinte
Quanto alle domande esaminate lo scorso anno, sono state 77.562. Sei su dieci (46.176) sono state respinte. Stessa quota (60%) nel 2016, anno in cui i dinieghi sono stati 54.245; e quota simile nel 2015 (58% di domande respinte, pari a 41.503). La novità dell’anno appena concluso è invece l’aumento degli status di rifugiato riconosciuti: 6.578 nel 2017 (l’8,5% del totale) rispetto ai 4.808 del 2016 (5% del totale) e ai 3.555 (sempre 5% del totale). In calo invece le misure di protezione sussidaria concesse. Sono state 5.680 lo scorso anno, a fronte alle 12.873 del 2016 e alle 10.225 del 2015.

Stabili le misure di protezione umanitaria
Nel 2017 è stata poi concessa la protezione umanitaria a 18.951 persone (il 24,4% delle domande esaminate). I dati sono abbastanza in linea con quelli degli anni precedenti. Nel 2016 i permessi di soggiorno per protezione umanitaria rilasciati erano stati infatti 18.979 (il 21% del totale). Mentre nel 2015 furono 15.768 (22%).

Le differenti forme di tutela
La differente tutela attiene ad una serie di parametri, che si riferiscono alla storia personale dei richiedenti, alle ragioni delle richieste e al paese di provenienza. Nello specifico, il rifugiato è un cittadino straniero che nel suo Paese rischia di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinione politica. È invece ammissibile alla protezione sussidiaria il cittadino straniero che non possiede i requisiti per essere riconosciuto rifugiato, ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel Paese di origine, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno.

La protezione umanitaria è una forma residuale di protezione per quanti, in base all'esame della commissione territoriale competente alla quale il migrante ha presentato domanda di asilo politico, non hanno diritto a una forma di protezione internazionale (status di rifugiato o protezione sussidiaria) ma si ritiene abbiano comunque diritto a una forma di tutela. Il permesso di soggiorno per motivi umanitari viene rilasciato dal questore a seguito di raccomandazione della Commissione territoriale qualora ricorrano “seri motivi” di carattere umanitario come ad esempio motivi di salute o di età, oppure vittime di episodi di violenza o di insufficiente rispetto dei diritti umani, di carestie o disastri ambientali o naturali. Ha una durata di 2 anni, è rinnovabile, e può essere convertito in permesso di soggiorno per lavoro.

Status rifugiati senza appello
Le 20 Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale sono composte da 4 membri, di cui due appartenenti al ministero dell'Interno, un rappresentante del sistema delle autonomie e un rappresentante dell'Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite. Contro le loro decisioni si può ricorrere in tribunale. Nel 2016 il 61% dei ricorsi
presentati dai migranti che si sono visti rifiutare lo status di rifugiati è stato accolto. Ma il decreto legge 17 febbraio 2017 n. 13 in materia di immigrazione ha puntato a tagliare i tempi di trattazione delle domande di asilo. È stata decisa infatti l’eliminazione di un grado di giudizio. Entro 4 mesi dalla presentazione del ricorso, infatti, il tribunale decide sulla base degli elementi disponibili. E il decreto non è più appellabile, ma solo oggetto di ricorso in Cassazione.

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