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Arriva il “mercato della capacità”. Ma è una…

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SICUREZZA ELETTRICA

Arriva il “mercato della capacità”. Ma è una soluzione a metà

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Un fantasma si aggira, di nuovo, per l'Europa. Si chiama sicurezza elettrica. Trema l'Italia, ma non solo. E' un paradosso, ma è così. La generazione è squilibrata, le reti sono in affanno. Si rischiano i black out. Tant'è che si brinda, anche qui in Italia, a un passo “indispensabile” per tamponare l'emergenza: l'Unione Europea ha dato il via allo schema coordinato tra le nazioni per il cosiddetto capacity market, il mercato della capacità di produzione elettrica pensato per remunerare chi è disposto a tenere in stand by centrali elettriche altrimenti diseconomiche, perché intervengano con gran rapidità in caso di bisogno. Una buona idea? Per tamponare le possibili emergenze forse sì. Ma forse no, se al problema si vogliono dare soluzioni strutturali. Ce lo dice sempre l'Europa, con i suoi esperti. Quelli di Entso-E, l'associazione dei grandi operatori di rete dell'Unione. Che esortano a promuovere un massiccio programma comune di investimenti per rafforzare davvero le reti a colpi di tecnologia e di collegamenti transfrontalieri, creando un vero bacino integrato di interscambio e di “mutuo soccorso” tra i sistemi elettrici. Conviene anche economicamente, sostiene l'associazione in un rapporto fresco di stampa: 12 miliardi l'anno gli investimenti aggiuntivi necessari da qui al 2040 per l'operazione, che però potrebbe far risparmiare al sistema, tra benefici diretti e minori costi per le falle causate dal “non fare”, ben 43 miliardi di euro l'anno.

Tecnologia al rallentatore
L'Italia, a ben guardare, ha tutto l'interesse a premere per prima sull'acceleratore, visto il suo mix di prezzi elettrici ai vertici europei e indicatori del rischio di nuovo in salita. Siamo, inutile nasconderlo, una fedele rappresentazione dell'allarme elettrico europeo. Con tutte le sue contraddizioni e perfino con qualche aggravio in più. La tecnologia avanza, il monopolio non c'è più, la competizione tra fornitori cresce, il buon equilibrio tra generazione e prezzi di vendita è (o almeno dovrebbe essere) assicurato. Non è così. Per una serie di effetti boomerang di ciò che sta accadendo. Perché stiamo applicando la tecnologia in maniera zoppa. Noi più degli altri.

Grande lo sviluppo delle rinnovabili, che però sono intrinsecamente discontinue e poco prevedibili e dunque creano problemi di amalgama con la generazione tradizionale. L'equilibrio costante tra produzione elettrica e consumi non è garantito. La stabilità del sistema è a rischio. Per rimediare ci sarebbero le tecnologie di rete e lo sviluppo degli accumuli a batteria: le soluzioni “made in Italy” non mancano (anzi), ma gli adeguamenti delle infrastrutture sono lenti. E poi ci sono le evidenti schizofrenie delle infrastrutture e del mercato elettrico: nello scorso ventennio si sono costruite centrali in abbondanza senza prevedere l'avanzata prorompente delle rinnovabili. Risultato: ci si è accorti che alla fine gli impianti erano troppi e non sempre erano sostenibili economicamente. Se ne sono chiusi molti e molti sono in smobilitazione. E il “margine di riserva” ovvero la generazione elettrica normalmente eccedente ma disponibile per fronteggiare i picchi di richiesta magari imprevisti e le emergenze, si è di nuovo ridotto al minimo storico.

Emergenza da evitare
Ecco allora il coro di apprezzamenti, in questi giorni, per il capacity market. Con relativi appelli ai nostri manovratori istituzionali, dall'Authority per l'energia al gestore della rete nazionale Terna, perché la fase operativa del riconoscimento economico della capacità “di emergenza” sia cosa fatta entro il prossimo autunno. A costo, naturalmente, di un inevitabile ulteriore aggravio delle bollette, visto che la remunerazione della capacità sarà finanziata sempre nel solito modo. Con una addizionale aggiuntiva a carico dei consumatori.
L'emergenza esige i suoi tributi. Ma non sarebbe meglio evitarla? Insomma, prevenirla? Certo che si. E sul tavolo esiste fortunatamente anche un come, un quando, e un perché. La ricetta di l'EntsoE, che è proprio l'associazione tra i grandi operatori di rete europei di cui fa parte anche l'italiana Terna, è ben circostanziata.

Nel primo rapporto paneuropeo “European Power System 2040: completing the map” analizza i programmi e le proposte dei singoli paesi ed esorta ad accelerare appunto il passo indicando le priorità strategiche. E ammonisce: per mettere al sicuro l'Europa elettrica massimizzando la redditività degli investimenti tutti i sistemi elettrici devono essere messi davvero “in rete” tra loro in un gioco di competizione nella generazione ma con infrastrutture che garantiscano il libero scambio, e anche tuo soccorso, tra paesi: linee transfrontaliere, tecnologie per di accumuli a batteria (che stanno diventando praticabili e redditizie), uniformità di regole nelle borse elettriche. Insomma, servono autostrade europee degli elettroni con pochi e sapienti caselli.

I consigli per l'Italia
Italiani tra i più esposti, ma anche capaci di mostrare la strada. Lo scambio strutturato di energia funziona già tra noi e la Francia, anche se in maniera ridotta e un po' pasticciata. Importiamo strutturalmente la loro energia nucleare a basso prezzo nei momenti di minor carico delle reti, per supplire con la nostra generazione a turbo gas quando loro sono in crisi di carico per la richiesta interna. Peccato che le linee tra Italia e Francia siano limitate in qualche caso sgangherate.

Investire e potenziare, esorta Entso-E: se da qui al 2040 le reti europee non saranno rafforzate già nei prossimi anni - ammonisce l'associazione degli operatori di rete - i costi del sistema aumenteranno di 43 miliardi di euro l'anno, cioè oltre tre volte e mezzo i 12 miliardi all'anno che serviranno per finanziare il potenziamento. L'associazione riserva consigli particolareggiati per ogni paese, invitando ad aggiungere qualcosa, in molti casi più di qualcosa, ai piani già messi in campo. All'Italia l'associazione consiglia una doppia operazione di rafforzamento: non solo nelle interconnessioni internazionali lungo le tre direttrici strategiche (a Nord per contribuire a rafforzare gli scambi paneuropei, a Est per usufruire dei costi di generazione più bassi dell'area balcanica, a Sud per proiettarci sullo scambio elettrico nel Nord Africa) ma anche il potenziamento della capacità di trasporto elettrico interno, aggiungendo alle linee di alta tensione già programmate almeno una grande dorsale ad alta tensione “Adriatic Link” da 1.000 megawatt lungo l'Appennino centro-meridionale e una doppia linea aggiuntiva tra continente e le grandi isole Sicilia e Sardegna, con due elettrodotti sempre da 1000 MW ciascuno.

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